Foto Roberto Monaldo / LaPresse

La cuccia di Cirinnà a Capalbio diventa un cliché che supera la realtà

Luciano Capone

La storia dei 24 mila euro ritrovati nella cuccia del cane sembra un episodio dei “Nuovi mostri” di Dino Risi. Ma per la senatrice chi fa ironia sui social lo fa con “l’intento di indebolire la battaglia per il ddl Zan”

Ci sarà un motivo se il neorealismo è finito presto, mentre la commedia all’italiana ha tenuto banco per decenni. Il motivo è che la seconda è più realistica del primo. E dato che ora industria  e autori sono più impegnati a imitare Netflix, la commedia all’italiana non è più cinema: è cronaca. L’esempio migliore è la vicenda che vede protagonista la senatrice Monica Cirinnà, che sembra  una sceneggiatura di Age & Scarpelli, un episodio dei “Nuovi mostri” di Dino Risi, un soggetto messo in scena da Monicelli. La storia è questa: la politica ambientalista-animalista-femminista-pro Lgbt ha una villa a Capalbio, luogo da tempo immemore identificato come il simbolo della villeggiatura della vecchia sinistra radical chic, dove insieme al marito, Esterino Montino, politico ed ex sindacalista dei braccianti, possiede una tenuta da  100 ettari a coltivazione biologica: “CapalBio Fattoria”.

 

Durante i lavori di ripristino di un capanno un operaio trova, nascosti nella cuccia del cane, 24 mila euro in banconote da 500 euro in mazzette legate con elastici. Tutto viene prontamente consegnato ai carabinieri dalla coppia che ipotizza che il malloppo sia stato occultato, a loro insaputa,  da malviventi che  non hanno ripreso la refurtiva. La tegola del tesoro rinvenuto nella cuccia cade in un periodo nero: “Ero già nei pasticci di mio, nelle ultime settimane – dice al Corriere la Cirinnà in un’intervista che resterà nella storia, almeno la sua –. Nei pochi giorni di ferie, cinque per la precisione, sto facendo la lavandaia, l’ortolana, la cuoca. Tutto questo perché la nostra cameriera, strapagata e messa in regola con tutti i contributi Inps, ci ha lasciati da un momento all’altro. Volete sapere il motivo? Mi ha telefonato un pomeriggio e mi ha detto, di punto in bianco: ‘Me ne vado perché mi annoio a stare da sola col cane’”. Come colonna sonora sarebbero perfette “Cinque giorni che ti ho perso” di Michele Zarrillo e “Teorema” di Marco Ferradini – “Prendi una cameriera, trattala male” – sulla collaboratrice “strapagata” che, ingrata, se ne fugge dall’Eden progressista lasciando la padrona di casa nell’inferno dei mestieri domestici.

 

Se un produttore ricevesse una sceneggiatura del genere risponderebbe che non è credibile: è troppo! Come se non bastasse, prima di scusarsi “per le parole errate usate in questo momento difficile”, la Cirinnà ha rilanciato il movente politico  dietro alle inevitabili ironie della rete sul cane e sulla cameriera: si tratta di “omofobi mascherati” che l’attaccano con “l’intento di indebolire la battaglia per il ddl Zan”. E’ il cliché che supera la realtà.
 

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali