In bicicletta di fronte all'ingresso della Caserma Carlo Ederle in viale della Pace a Vicenza (Ansa, Andrea Merola) 

Veneto, Texas: le piccole enclave di americanità nel cuore del nordest

Mattia Giusto Zanon

Da avamposti strategic a centri attorno a cui ruotano le vite di intere famiglie temporaneamente trapiantate in un paese che non è il loro. Le basi americane in triveneto sono il motivo dell’esistenza del nostro oro Marcell Jacobs, dell’attrice di Hollywood Amy Adams, ma anche di eventi tragici come l’incidente del Cermis

Esistono dei luoghi che sembrano appartenere a un altrove, micro-mondi all’interno dei quali la realtà scorre con ritmi e modalità differenti rispetto a ciò che sta appena al di fuori delle loro recinzioni. Capita che degli avamposti militari, inizialmente costruiti in epoche lontane, si trasformino non più in semplici fortini di difesa strategica, ma in centri attorno a cui ruotano le vite di intere famiglie temporaneamente trapiantate in un paese che non è il loro. È il caso delle basi americane del nordest italiano: briciole a stelle e strisce nel cuore della pianura padana.

    

Luca Guadagnino, nonostante la presenza reale e tangibile di quelle esistenti, ne ha recentemente usata una “immaginaria”, collocata ai poco prosaici margini desolati della laguna di Venezia, nella fattispecie nei pressi di Chioggia. Si parla di We are who we are, serie che il regista italiano ha ambientato in una enclave in cui la scuola si chiama “High School”, si mangia sui vassoi rossi di mense con le sedute fisse, trangugiando beveroni, hamburger, patatine proprio come negli anni d’oro della “Caserma Ederle” a Vicenza, una delle più importanti basi americane in Italia. Nei roaring 80’s e 90’s al suo interno si trovava incredibilmente il rarissimo e di fatto unico Burger King d’Italia, al contrario della galassia esterna di Burghy (quello c’era), ovvero i McDonald’s italiani prima del McDonald’s, che forse era arrivato già persino in qualche avamposto sovietico, ma certo non da noi.

   

La base lagunare immaginaria creava, per Guadagnino, un terreno “neutro” adatto alle sperimentazioni: l’amicizia, il primo amore, la scoperta della propria identità, l’immersione in tutta l’euforia disordinata e angosciante che comporta l’essere un adolescente, una storia che poteva accadere ovunque nel mondo, ma che in quel caso accadeva proprio in questa piccola fetta d’America di stanza in Italia.

   

La Caserma Ederle a Vicenza, ora ampliata e quasi raddoppiata con l’aggiunta del “Camp Dal Molin”– che a molti suonerà francese ma che è invece venetissimo – è importante anche perché senza di lei non avremmo un nuovo oro olimpico nei 100 metri a Tokyo. È qui, o meglio, nei suoi dintorni, alla storica discoteca Palladium che scoccò la scintilla tra i genitori di Marcell Jacobs, Viviana Masini, all’epoca una giovane ragazza del mantovano e Lamont Jacobs, militare di stanza in una remota caserma sita in un luogo non così tanto esotico, Portogruaro, anche lui lì per caso.

 

È il 1989 e il Palladium è uno dei locali più famosi d’Italia, ed è piena zeppa di militari americani della vicina Ederle. Viviana e la sorella partono da Castiglione delle Stiviere, in provincia di Mantova, ai confini col Bresciano, e percorrono oltre cento chilometri in auto solo per raggiungere quel posto di Torri di Quartesolo, dove molte ragazze del nord Italia – alcune solo per una sera, altre per tutta la vita – trovavano il loro principe azzurro dai tratti yankee.

  

L'ingresso della base aerea militare ad Aviano  (Ansa)
   

Ma dire basi americane e nordest non vuol dire solo Vicenza, ma anche Aviano, in Friuli Venezia Giulia. Nel 1974 nasceva Amy Adams, attrice hollywoodiana nota per pellicole come Animali notturni, American Hustle, Vice, Elegia Americana e Her. Amy è la quarta di sette figli, e passa la sua infanzia proprio ad Aviano, sotto il rombo degli aerei, prima del trasferimento in Colorado verso i dieci anni. Così legata alla località friulana che chiamerà “Aviana” la figlia avuta nel 2010 assieme al marito, l’attore Darren Le Gallo.

  

Le basi Usaf sono quasi delle extra-territorialità, si sentono tali fin nel midollo. Posti in cui, oltre a quello che si mangia, persino gli arredi delle abitazioni private vengono spesso dagli Stati Uniti, per cui certe finiture orribili o il mobilio scadente che si trova in molte abitazioni private americane vengono installate anche qui – tritarifiuti nel lavello della cucina compreso – per non farsi mancare nulla, per far sentire le truppe a casa.

  

E purtroppo il ricordo non è costellato solo di fatti felici, ma anche circostanze tragiche, come l’incidente del Cermis, rievocato di recente in occasione della tragedia del Mottarone, anche se con quell’evento non ha nulla a che spartire. Era il 3 febbraio del 1998, e c’entrava, quello è vero, una funivia. Alle tre del pomeriggio un aereo militare statunitense Grumman EA-6B Prowler della United States Marine Corps, decollato proprio dalla base di Aviano, volando a una quota molto inferiore a quanto concesso e in violazione dei regolamenti, tranciò il cavo della funivia del Cermis, nella trentina Val di Fiemme, facendo precipitare la cabina al suolo e provocando la morte di tutti e venti gli occupanti. I media italiani diedero forte risalto all’episodio, ma non si riuscì a fare molto. Il capitano Richard J. Ashby, pilota dell'aereo, e il suo navigatore furono messi a processo negli Stati Uniti, dove vennero assolti dalle accuse di omicidio preterintenzionale e omicidio colposo rispettivamente, tutto secondo l'ordinamento statunitense senza che gli italiani riuscissero a processarli.

  

È curioso come dei tratti della provincia del nordest – come nel caso del pordenonese, dove il selvaggio fiume Meduna si allarga distendendosi nel verde a formare una grande V di ghiaia bianca – per la loro piattezza e desolazione ricordino quasi alcuni paesaggi cinematografici delle lande americane. Lunghe, dense, e assurde spianate di nulla, in cui anche la vegetazione spesso si vergogna di affacciarsi. Data la scelta imposta dalla strategia e dalla necessità geopolitica di quando eravamo ancora familiari con espressioni come “cortina di ferro” e “guerra fredda”, la decisione di collocarle in questo particolare angolo d’Italia non fu certo frutto di una scelta estetica, ma certo, che meravigliosa coincidenza.