Manifestazione No green pass a Roma (LaPresse)

Saverio ma giusto

Più primari e meno colonnelli. Viva la dittatura sanitaria

Saverio Raimondo

Il paese ha bisogno dell’uomo forte al comando, un luminare o quanto meno una caposala. E alle prime avvisaglie, alla prima stronzata detta in pubblico o sui social, scatta il Tso

Dovremmo smetterla di deridere e liquidare come vaneggianti mentecatti chi scende nelle piazze (reali e virtuali) a gridare alla dittatura sanitaria. Dobbiamo essere onesti intellettualmente, e riconoscere la dura realtà dei fatti; fatti rispetto ai quali le parole del ministro dell’Interno Luciana Lamorgese (“Nessuna dittatura sanitaria”) sono quanto di più distante. Perché sì, è vero: non esiste alcuna dittatura sanitaria. Ma non sarebbe bello? Anzi, giunti a questo punto, non sarebbe addirittura auspicabile? Visto che viene contestata comunque, allora tanto vale istituirla veramente ‘sta dittatura sanitaria; almeno se ne traggono anche i benefici!

 

Ecco perché storco il naso di fronte al fermo rifiuto della ministra a un regime sanitario, che vedo invece come l’unico modo per uscire dalle secche di questo impazzimento collettivo dove non si distingue più Massimo Cacciari da Enrico Montesano. Ci vorrebbe una dittatura sanitaria: vogliamo i primari, non i colonnelli. Il paese ha bisogno dell’uomo forte al comando, un luminare o quanto meno una caposala. Ci vorrebbe una dittatura sanitaria: un regime che obblighi tutti non tanto e non solo al vaccino, ma anche e sopratutto a una perizia psichiatrica, a un test per la demenza senile o precoce. E alle prime avvisaglie, alla prima stronzata detta in pubblico o sui social, tac! scatta il Tso. Come reagire altrimenti di fronte a chi contesta la banale richiesta di un green pass per accedere ai luoghi pubblici e alla vita collettiva, quando persino per guidare la macchina (mezzo privato) ci vuole una patente pubblica e questa viene rilasciata solo dopo una visita oculistica? Come reagire se non con un trattamento sanitario obbligatorio al presidente dell’Accademia della Crusca, Claudio Marazzini, che alla notizia del green pass obbligatorio e conseguente dibattito delirante ha sentito la necessità d’intervenire anche lui piuttosto che tacere (notare l’uso corretto della locuzione congiuntiva, a scanso di equivoci) per dire che il termine green pass è un anglismo “infelice, equivoco e polisemico” (ellamadonna! Più che la Crusca sul green pass pare Travaglio su Draghi), e che bisognerebbe chiamarlo “certificato Covid”, “certificato vaccinale”, “passaporto vaccinale” o “certificato digitale Covid”.

 

Ci sarebbe da rispondergli “Ok boomer”, ma siccome sarebbe l’ennesimo anglismo “infelice, equivoco e polisemico” allora rispondo alla Crusca con una parola sola e inequivocabile: Petaloso. Non possiamo più negare la realtà, i sintomi ci sono già tutti: la nuova emergenza sanitaria è la demenza diffusa e galoppante. E di fronte a questa realtà non possiamo negare che la dittatura sanitaria di cui gridano i paladini della libertà vari ed eventuali non è più così delirante, bensì è una buona idea, da prendersi seriamente in considerazione. Ecco perché invito a scendere tutti in piazza, non solo i no vax e i no green pass (ops, scusami Crusca: no Certificato digitale Covid, meglio così?). Dovremmo scendere tutti in piazza dicevo, a gridare alla dittatura sanitaria; ma non contro, a favore. Abbiamo anche chi può guidare la marcia su Roma dei camici bianchi: Luca Bernardo, il pediatra candidato sindaco a Milano. È anche già armato. 

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