MrBeast ha sbancato Youtube

Francesco Oggiano

Era il più famoso youtuber del mondo, ora vuole fare l’imprenditore. Il virtuale è sempre più concreto

Il ragazzo, sia premesso, può dare ai nervi. Specie dopo ore passate a guardarlo mentre dà a sconosciuti “un milione di dollari da spendere in un minuto!”; mentre regala “200 mila dollari a persone rimaste disoccupate!”; mentre si mangia una “pizza con foglie d’oro da 70 mila dollari!”; e mentre dà come mancia, al rider che gli ha portato la pizza a casa “… la casa!”. Sempre con quella voce a metà tra un disc jockey anni Novanta e l’annunciatore di “Ea Sports”, i baffetti impeccabili sopra il sorrisetto permanente, quella spettacolarizzazione spacciata per filantropia e quell’entusiasmo sempre altissimo da risultare immotivato.  Eppure, si diceva, dopo ore passate a guardarlo incollati allo schermo. 


Lui si chiama Jimmy, ha fatto 23 anni venerdì 7 maggio (compleanno di Chiara Ferragni), è una delle persone più famose del mondo e il volto della creator economy, una nuova economia fatta da creator online che si fanno imprenditori. Su YouTube si fa chiamare MrBeast e gestisce sei canali: uno omonimo e principale (61 milioni di iscritti), più cinque satelliti (Short, Reacts, ecc.). Per avere un’idea del numero dei suoi iscritti totali, prendete il numero dei follower dei due Ferragnez e moltiplicatelo per tre: 91 milioni. Per avere un’idea delle sue visualizzazioni, prendete la popolazione mondiale e moltiplicatela per due: quasi 14 miliardi.  


Per quanto possa risultare insopportabile, il ragazzo si merita tutto: ha prodotto per anni video ignorati dai più, ha studiato nella sua stanzetta i segreti della viralità di YouTube, cercato di hackerare i processi della concorrenza, prodotto contenuti sperimentali, reinvestito ogni dollaro guadagnato, attirato i migliori talenti nelle sue società e curato ogni dettaglio delle sue produzioni con attenzione talmente maniacale da diventare oggetto di leggenda.  E tutto dalla sua Greenville, Carolina del Nord. Jimmy, che di cognome fa Donaldson, vive ancora lì, dove risiede la famiglia e il fratello Cj, pure lui youtuber. Origini piuttosto oscure. Per quanto giovane, Jimmy fa parte della “vecchia” generazione di youtuber: quelli che, a differenza dei nuovi creator di Instagram, sono sempre stati più attenti a offrire contenuti spettacolari che a raccontare i retroscena delle proprie vite. 


Il padre pare sia stato nell’esercito americano, cosa che l’avrebbe reso una figura piuttosto assente nell’infanzia del figlio, tanto da non comparire in nessuno dei suoi video. Ignoto invece il lavoro della madre, probabilmente modesto il reddito. In uno dei primi video girati dopo aver raggiunto la fama, Jimmy si filma di nascosto mentre fa sedere la madre al tavolo della cucina e le consegna a sorpresa un assegno da 100 mila dollari con cui pagare il mutuo della casa. “Ma mi stai usando per fare views?”, gli chiede lei. “Sì, ma così io faccio views e tu fai soldi e siamo entrambi contenti”. Spettacolo pure.  


Una fissazione di Jimmy, i soldi, che saranno oggetto principale persino dei suoi primi video. Apre il canale YouTube a 14 anni. Di mattina va al college cristiano di Greenville, di pomeriggio inizia i suoi esperimenti. Primo video: “La peggiore trappola di Minecraft”. Un filmato dove condivide lo schermo in cui  gioca al popolare videogame. E’ il filone del gaming, reso popolare in Italia da Favij e su cui oggi si è costruita la fortuna di Twitch. Jimmy ci costruisce video per un paio d’anni: gioca a Minecraft, ai Pokemon, a Call of Duty. Ma non funziona. Troppo grezzo il materiale, poco coinvolgente lui.  Così, visto che quello che sta facendo non è mica un gioco ma ricerca dei numeri, varia. E si appassiona a una delle tre classiche “S” che stanno dietro a ogni notizia virale giornalistica: quella dei Soldi (Sesso e Sangue sarebbero bannate per la policy di YouTube). Continua a mostrare il suo schermo mentre gioca a Call of Duty, ma ora inizia a parlare d’altro, facendo spiegoni su temi economici: quanti soldi fa PewDiePie? (uno degli youtuber più famosi al mondo); quanto guadagna X, quanto incassa Y, chi sono i musicisti più ricchi, quali sono gli youtuber milionari. Decine, forse centinaia di video con un’unico denominatore: il cash. Spara e spiega, spara e specula.  L’ossessione c’è, il risultato ancora no. 


I video non superano le poche migliaia di view. Jimmy vuole raggiungere la viralità. Di più, vuole scoprire la risposta alla domanda più preziosa del web. “Come fa esattamente un video a diventare virale?”. Studia la concorrenza, decostruisce i video più popolari, estrae e annota le caratteristiche comuni. Un filone è quello della ripetizione ipnotica di un gesto che porta a un obiettivo esplicitato nel titolo. Una cosa apparentemente senza senso cavalcata parecchio anche da quelli di Buzzfeed, maestri della viralità: nel 2016, per capirci, due giornalisti della testata si siedono a un tavolino e iniziano a disporre decine di elastici attorno a un’anguria, uno dopo l’altro, fino a che il frutto non esplode. Diretta su Facebook di 45 minuti, milioni di visualizzazioni, articoli indignati in tutto il mondo, nuovo filone nato.  


Qualche mese dopo, Jimmy posta il video che cambierà la sua vita: “Ho contato fino a 100.000!”. Nessun clickbait: titolo accuratissimo. Nella sua cameretta e con una maglietta di Harvard, si filma integralmente mentre conta da 1 a 100 mila. Ci mette 40 ore, ma nel video finale accelera alcune parti per stare sotto le 24. Niente colpi di scena o significati nascosti ma la risposta a una delle domande che quasi tutti ci siamo fatti da piccoli: quanto tempo ci vorrebbe per.  Il video fa 23 milioni di visualizzazioni. La mattina dopo Jimmy tira giù dal letto i suoi amici più fidati. Per mesi lavorano in gruppo, facendo ricerca e cercando di craccare l’algoritmo che decide quali filmati mostrare nel boxino a destra dei “video correlati” di YouTube, uno dei posti più desiderati al mondo.  


“Mi alzavo, studiavo YouTube, studiavo i video, studiavo il montaggio, andavo a letto. Questa era la mia vita”, racconterà.  Capisce che la via per la viralità passa per due cose. La prima è la fatica, ottenuta attraverso esperimenti assurdi e inutili condotti in prima persona. A differenza degli artisti (ballerini, attori, scrittori), che concentrano ogni loro sforzo per nascondere la fatica della loro performance in funzione della leggerezza, lui concentra la sua creatività per testimoniare quella stessa fatica, per spiattellarla agli occhi dello spettatore e possibilmente fargliela vivere, attraverso un’inquadratura stretta del suo volto, un montaggio esagerato e ovviamente il titolo del video. Quasi sempre irresistibile: “Mi sono fatto seppellire vivo per 50 ore”, “mi sono fatto rinchiudere in una stanza isolata per 48 ore”, “ho letto la parola più lunga del mondo (190.000 lettere). 


 Il secondo ingrediente per la viralità e i soldi sono i soldi stessi. Che siano regalati, inceneriti, dispersi o tagliati. Jimmy inizia a rendere i dollari contanti i protagonisti dei suoi esperimenti. A rivederli oggi, i primi video del 2018 fanno quasi tenerezza per le cifre irrisorie: “Ho regalato un laptop a mio fratello”, “ho dato 100 dollari a uno sconosciuto”, “ho consegnato 1.000 dollari a un senzatetto”. Un centesimo (a volte un millesimo) delle cifre dei suoi video attuali.  Il genere ha un nome, e lui ne diventa il re: “Stunt philantrophy”, filantropia spettacolare. Significa fare spettacolo facendo beneficenza. Distribuire soldi o oggetti a sconosciuti e poi postare la loro reazione in video ben impacchettati. Le view, capisce Jimmy, crescono proporzionalmente a tre fattori: la quantità dei soldi in ballo, la varietà degli oggetti (auto, case, Playstation, pizze) e l’originalità delle sfide che gli sconosciuti devono superare per “guadagnare”.  Jimmy vince sugli altri perché è il più originale. In questi tre anni di carriera, ha fatto piovere 20 mila dollari da un drone, organizzato un torneo di Sasso, carta e forbice da 300 mila dollari, ha sfidato tre persone a rimanere appese il più a lungo possibile a una sbarra per un milione di dollari, e altre tre a rimanere con la mano su una Lamborghini parcheggiata: quello che la teneva più a lungo, vinceva la Lamborghini. Ha donato 100 mila dollari ai colleghi che avevano fatto 0 view, ne ha offerti altri 100 mila ai lavoratori che avessero lasciato il loro lavoro il giorno stesso e regalato diverse case a senzatetto. Qualcuno l’ha paragonato alla Oprah Winfrey che fu, che macinava ascolti nella tv anni Novanta regalando case e auto alle famiglie americane. Non fosse che Oprah si preoccupava di abbellire la sua filantropia spiattellandoci prima la storia della famiglia in questione, fatta di lavori persi e infanzie difficili. MrBeast no, quello che fa è per il 90 per cento  showbusiness.  Il format è arrivato anche in Italia, ed è stato malamente scimmiottato da Fedez che durante la pandemia si è filmato in diretta mentre dalla sua Lamborghini distribuiva 10 mila euro a “un senzatetto”, “un rider”, “un cameriere”, “un artista di strada”, e “un volontario della Croce Rossa”. Né show né beneficenza. Non siamo mica gli americani. Ora Jimmy ha trovato la formula della viralità e la aggiorna continuamente. 


Negli ultimi anni ha affinato sempre più le sue sfide, sopravvivendo “per 24 ore su un’isola deserta”, passando “un giorno sott’acqua”, mangiando “una bistecca da 10 mila dollari”, e comprando “un fuoco d’artificio da 600 mila dollari”. Il video più visto, per la cronaca, è quello in cui mette 100 milioni di perle d’acqua nel giardino del vicino: 123 milioni di visualizzazioni.  Per farlo, sono state impiegate almeno 10 persone. 


“Alcuni video richiedono mesi di preparazione. E molti partono da un girato di 4 o 5 giorni. C’è un motivo per cui non tutti possono fare quello che faccio”, ha spiegato. Il costo medio di ogni filmato, che prima era di “appena” 10 mila dollari, ha raggiunto i 300 mila dollari, regali compresi. In uno dei più costosi, si era messo in testa di regalare un’intera isola al vincitore di una delle sue sfide folli. Immaginatevi i suoi collaboratori alla ricerca di un’isola e alle prese con la trattativa per comprarla. Poi immaginateveli pure comprare tre tonnellate di sabbia per creare una spiaggia artificiale e pagare un’azienda edile per costruire un molo. Ossessione, ricerca della perfezione, cura esasperata, quando “la maggior parte degli YouTuber fa un po’ di soldi e pensa a comprarsi la Lamborghini”, ha spiegato orgoglioso il manager di Jimmy,  Reed Duchscher. 


“La bellezza di YouTube è che raddoppiando gli sforzi decuplichi le visualizzazioni”, dice  Jimmy. “Per avere il primo milione di iscritti ci metti un anno, per avere il secondo pochi mesi”. Nei primi sei anni ha generato 6 milioni di visualizzazioni. Nel solo 2020, 4 miliardi.  I soldi per i regali ovviamente vengono dagli accordi con i brand, felicissimi di mostrare i propri prodotti. I soldi per Jimmy arrivano da sponsor più generali, dalle pubblicità automatiche di YouTube (almeno 3 milioni al mese) e soprattutto dai nuovi piani imprenditoriali del ragazzo. Jimmy ha ambizioni. Grosse ambizioni, tali da essere stato incoronato dal New York Times come l’apripista della “creator economy”: l’economia fatta da creator che producono, distribuiscono e monetizzano in varie e sperimentali forme i loro contenuti. E’ definita come “il business di piccole dimensioni in più rapida accelerazione” dei giorni nostri dalla società di venture capital SignalFire.


Jimmy è una media company che ha poco da invidiare a colossi come Netflix o Amazon Video, quanto a linee di business, capitali, contatti e produzioni. Ha 50 collaboratori, tra sceneggiatori, direttori artistici, cameraman, montatori, agenti commerciali e assistenti di produzione. Ha una linea di merchandise che comprende calzini (18 dollari), borracce (27 dollari) e magliette (28 dollari). E un sistema di produzione dalla capacità di fuoco superiore a quella della Paramount che fu: “Una volta che sai come fare un video virale, si tratta solo di produrne quanti più possibili”, dice.  


Negli ultimi mesi ha lanciato un app di gaming e una catena di “dark kitchen” (ristoranti senza sale che cucinano soltanto il cibo d’asporto): si chiama MrBeast Burger, e ha già venduto più di un milione di panini. Ha stipulato un accordo con una società per ottimizzare la distribuzione dei suoi contenuti su altre piattaforme oltre YouTube: Facebook e Snapchat su tutti. E a marzo, poco prima che la Ferragni entrasse nel cda di Tod’s facendo schizzare il titolo in Borsa, è entrato in affari con una società che investirà nei creator di mezzo mondo: inizierà piano, con un investimento da 2 milioni di dollari che saranno distribuiti a creator ritenuti promettenti in cambio di una quota dei loro guadagni futuri. Poi, se andrà bene, aumenterà gli investimenti e aprirà ancora una volta la strada a un nuovo tipo di business.  


“MrBeast è un’ispirazione per tutta la Gen Z”, ha detto Josh Richards, tiktoker 19enne di Los Angeles con 25 millioni di follower. “Sta insegnando a milioni di ragazzini come essere imprenditori di se stessi, non soltanto come ottenere view o essere famosi”. Scalabilità, la parola d’ordine, seguita dall’ambizione e dal culto della personalità. Un po’ come il suo mito, Elon Musk. “Voglio essere come lui”, ha detto un giorno, e un po’ già lo è: geniale, compulsivo, stravagante e narciso. “Sono il filantropo più grande di YouTube”, ha detto una volta, credendoci davvero. Se il ritmo di crescita rimane costante e tutto va come deve, secondo i calcoli del servizio analytics SocialBlade nel 2022 dovrebbe superare i 110 milioni di iscritti, diventare il singolo Youtuber più seguito del mondo e sorpassare così PewDiePie. Sì, quello su cui sette anni fa fece uno dei suoi primi video, quando cercava disperatamente di diventare virale e si aggrappava ai soldi e si interrogava con titoli acchiappaclic: “Quanto guadagna PewDiePie?”. Ora lo sa. La storia americana perfetta. The american creator dream.

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