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Donne & Diavoli

Mariarosaria Marchesano

Tra genetica e culto del principe azzurro. Perché il genere femminile ha paura dei soldi e delega ai maschi

Milano. I diamanti sì, i soldi no. Perché? Nell’immaginario collettivo le pietre preziose sono quasi automaticamente collegate alla figura femminile, che le acquista, quando non le riceve in regalo, si prende cura della loro conservazione e del passaggio generazionale. Ma quando si tratta di gestire il denaro, magari farlo crescere attraverso investimenti, molte donne scappano, trovano noioso l’argomento e delegano le decisioni all’uomo di casa. Così diventano finanziaramente dipendenti. Una prassi che in alcuni casi – separazioni e rapporti conflittuali con il partner - può costare cara. “La maggior parte delle donne tende a disinteressarsi di come gestire i soldi anche quando lavora ed è economicamente indipendente”, dice al Foglio Giovanna Paladino, direttrice del Museo del Risparmio, che per il terzo anno consecutivo rileva, grazie alla ricerca promossa con Intesa Sanpaolo e la società Episteme, un quadro allarmante: in Italia il 21 per cento delle donne non ha un conto personale e il 9 per cento non ha la propria firma su alcun conto, il che equivale a non avere alcuna conoscenza delle disponibilità economiche della propria famiglia. “Dai nostri sondaggi emerge che anche quando le donne pensano di rappresentare la figura manageriale di casa – il che accade nel 40 per cento dei casi perché nel 60 per cento è rappresentata da uomini – si scopre che in realtà si occupano delle spese quotidiane, non di assumere decisioni di medio-lungo termine su come, per esempio, impiegare il denaro messo da parte. Eppure, uomini e donne tendono ad avere la medesima propensione al risparmio. Solo che le prime tendono a mettere fieno in cascina per paura dei tempi bui mentre gli uomini perseguono anche la soddisfazione dei propri obiettivi e, comunque, sono più disposti a rischiare”.

 

Non si tratta, dunque, solo di una questione legata alla mancanza di un impiego, che pure è una piaga sociale nel nostro paese dove meno del 50 per cento delle donne lavora, un dato peggiorato nel 2019, anno in cui 37 mila neomamme si sono licenziate, ma di una tendenza comportamentale che ha radici culturali, secondo alcuni genetiche. “Anche se ci sono studi che associano l’avversione al rischio del genere femminile alla carenza di testosterone, l’ormone che riduce il timore ed è associato a una maggior propensione a scommettere o a giocare in Borsa, io credo che la causa sia, invece, da ricercare in stereotipi culturali che partono dalla famiglia italiana, visto che in altri paesi europei questa differenza di genere nell’approccio alla gestione del denaro non viene rilevata”, continua Paladino, che sottolinea anche come la percezione di stampo “calvinista” del denaro, tipica dei paesi anglosassoni, favorisca invece una maggiore partecipazione femminile rispetto a quella “cattolica” che tende a demonizzare la ricchezza e chi fa soldi. “Quella della delega al maschio è una tendenza che riguarda anche le donne appartenenti a classi sociali più agiate o che sono più istruite: il 59,4 per cento dell’universo femminile percepisce un reddito, ma solo il 37,8 per cento è completamente indipendente economicamente, mentre il 17 per cento non ha un conto corrente proprio e il 12 per cento con un conto personale non lo gestisce in modo autonomo. Abbiamo ascoltato avvocati divorzisti i quali molto spesso si trovano di fronte a donne benestanti, che al momento della separazione non sanno dire dove si trovano o come sono investite le risorse di famiglia”.

 

Sarà il mito del principe azzurro? Cioè, lo stereotipico secondo il quale una donna non dice “voglio diventare ricca”, ma dice “voglio sposare un uomo ricco?”. “In generale, riscontriamo una mancanza di consapevolezza finanziaria nelle donne italiane che è diffusissima tra le giovanissime, come ci dicono anche gli ultimi dati dell’Ocse. E qui riveste un ruolo fondamentale la famiglia e l’esempio che le ragazze traggono dal comportamento delle madri. Ma sì, diciamolo: il nostro paese sconta un retaggio culturale che carica le donne di false aspettative rispetto ai coniugi e persistono forti disparità nei carichi di lavoro domestico e di cura della famiglia che scoraggiano la ricerca di un lavoro e il suo mantenimento come anche questa fase Covid ha confermato”. Il risultato di tutto questo è che il 54 per cento delle donne italiane non investe il denaro risparmiato (lo tiene per la maggior parte fermo sul conto corrente) o se lo fa predilige attività poco rischiose, non certo quelle dei “Diavoli” della finanza, rinunciando a priori alle opportunità di mercato che potrebbero far lievitare il tesoretto. Per questo il Museo del Risparmio ha avviato un progetto (Prometto di prendermi cura di me, curato da Fabiana Giacomotti) con corsi online gratuiti in cui si potranno imparare i rudimenti della gestione (quella vera) dei conti di casa.

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