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In arrivo un maremoto sociale? Calma, c'è un antidoto al rancore

Giuliano Ferrara

Gli economisti dicono che qualcuno dovrà pagare il conto, gli psicologi esaminano la difficoltà a rimettersi in movimento dopo la grande paura. Non si può escludere che un mondo invaso dalla tristezza di vivere e di morire s’imbizzarrisca. Ma io non ci credo

Leggo sui giornali che sta arrivando un maremoto sociale. La gente o moltissima gente è frustrata, impoverita, senza reddito, senza lavoro, senza più capitali imprenditoriali, è tutto un sussidio e un prestito, quando va bene, vivere con i bonus è un’illusione momentanea, si preferirebbe un futuro di sviluppo e qualificazione della vita produttiva invece che la decrescita non tanto felice invocata dai fessi, e invece il futuro è come sbarrato in attesa del vaccino, ma poi chissà, si moltiplicano i profeti di sventura pandemica a turnazione di virus, la linea d’ombra della giovinezza perduta e della globalizzazione insidiata si sposta sempre più in là. Dunque maremoto sociale, insoddisfazione, nuova ondata di risentimento, nuove demagogie, rabbia e magari un’esplosione di violenza nella povertà delle scelte e nel rigetto di nuove disuguaglianze da epidemia. Su questo fiero pasto si gettano all’unisono i giornali e le tivvù nella speranza di una self-fulfilling prophecy, la previsione che si fa realtà. Il mondo è più interessante se le cose vanno male, malissimo, e il mestiere della comunicazione si intride di disprezzi incrociati, di rancori in abbondanza, di ricerca meticolosa di zone acute, ancora e ancora, di crisi e di rottura.

  

Gli economisti dicono che qualcuno dovrà pagare il conto, che arriveranno nuove imposizioni progressive, patrimoniali, e che la disoccupazione di massa diventerà inarrestabile perché i tassi zero alla fine non potranno reggere e i ritrovati del distanziamento sociale cosiddetto elimineranno postazioni e posti di lavoro a derrate, e il commercio e il turismo internazionale, la vera grande industria smantellata dalla malattia mondiale, ci metterà anni a riprendersi, e la finanza non può tutto, le banche saranno di nuovo oggetto d’odio. Psicologi attivissimi esaminano i postumi mentali delle chiusure, la difficoltà a rimettersi in movimento dopo la grande paura, le conseguenze di lungo termine dell’isolamento personale o familiare, il senso irrimediabile di perdita, l’angoscia, il lutto non elaborabile.

 

Non si può escludere che un mondo invaso dalla tristezza di vivere e di morire s’imbizzarrisca e si armi socialmente, ma duramente, magari non come i liberatori armati e trumpizzati del Michigan ma giù di lì. Niente si può escludere. Però io non ci credo. Sarebbe una rivolta contro il capitalismo, le istituzioni, le repubbliche, nella forma della ribellione contro il salto di specie dei pipistrelli. Surreale. Una catena di insurrezioni libertarie proprio quando lo stato si è ripreso doveri di tutela e protezione e li ha assolti ovunque con notevole energia, tra equivoci, follie anche, qualche prepotenza magari, ma con saggezza profonda e con un intimo contatto con i problemi più urgenti e spettacolari del cittadino travolto dal male. Io punto su tutt’altro. Il mio eroe intellettuale di questa fase è un giovane scrittore adulto, nutrito di pensiero scientifico non ossificato e non dogmatico, capace di scrivere chiaramente e di immettere nel pensiero descrittivo un tanto di sapienza e di curiositas mentale che da tempo mancava alla nostra chiacchiera universale: l’eroe è Paolo Giordano, di cui conoscevo solo il titolo felicissimo di un libro di successo sulla solitudine dei numeri primi, e un reportage curiosamente anticipatorio, allegoricamente profetico, dal Monte Athos. Il tono del suo saggio sul contagio, e altri saggi, è quello giusto, un antidoto formidabile contro i rancori.

 

Al pari di una filastrocca di W. H. Auden che mi segnala il mio amico Lodovico Festa, di multiforme ingegno, qui liberamente tradotta all’impronta e con licenze e senza decisiva rima (e tanti saluti alla crociata di BoJo contro l’obesità).

Dammi un dottore grasso come un’oca

Gambe corte e culo polposo

Un endomorfo con mani gentili

Che non mi faccia richieste moleste

Di lasciare tutti i miei vizi

Né metta su faccia lunga di crisi

Ma con un occhiolino

Mi dica che devo morire.

(Give me a doctor partridge-plump,

Short in the leg and broad in the rump,

An endomorph with gentle hands

Who’ll never make absurd demands

That I abandon all my vices

Nor pull a long face in a crisis,

But with a twinkle in his eye

Will tell me that I have to die.)

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.