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la storia

La conta dei danni dell'Intifada studentesca. A Padova l'ateneo pronto a fare causa per 100mila euro

Luca Roberto

L'università padovana ha stimato che nella settimana in cui è stata sotto occupazione ci sarebbero stati danni per oltre 100mila euro. Anche gli altri rettori iniziano ad attrezzarsi contro i pro Pal

Nelle università italiane è già partita la conta dei danni delle occupazioni da parte dei collettivi pro Palestina. E alcuni rettori sono pronti a far pagare a caro prezzo le intemperanze delle ultime settimane. Sul Foglio abbiamo già raccontato delle perdite arrecate alla didattica, perché molte delle occupazioni afferenti all’”Intifada studentesca” hanno fatto sì che i rettori spostassero le lezioni online (per far posto, tra le altre cose, a sermoni islamici in chiave anti Israele, com’è successo a Torino). Questo per non parlare del costo economico di dire no a importanti progetti di collaborazione con le università israeliane, visto che a dispetto di un mancato boicottaggio ufficiale, molti atenei hanno scelto di sfilarsi dal bando del ministero degli Esteri. Ora però i rettori stanno cercando di calcolare quali siano gli effettivi danni materiali prodotti dai manifestanti, che soprattutto nella settimana dal 13 al 19 maggio hanno tenuto in scacco interi edifici e facoltà.
La gran parte dei rettori ha una stima solamente molto sommaria di quanto possa costare ripagare alcuni dei danneggiamenti prodotti dai rivoltosi “contro il sionismo”. Si passa da qualche centinaia di euro per ripulire le scritte con la stella di David comparse sulla porta di un professore nel dipartimento di Giurisprudenza, all’Università di Firenze (quella dove insegnava Giuseppe Conte). Alle migliaia di euro cui dovranno dar fondo alcuni rettori, per esempio quello del Politecnico di Torino, per riparare porte e infissi divelti dai manifestanti.

 

Eppure c’è un caso in particolare che racconta bene, da vicino, cosa significhi dover far fronte ai postumi di queste occupazioni o accampamenti. L’Università di Padova sin dall’inizio si è opposta al boicottaggio nei confronti di Israele chiesto dai collettivi. Il tema è stato derubricato all’interno di un Senato accademico lo scorso aprile. Ma i manifestanti vicini alla causa palestinese non si sono arresi: e così nella settimana dal 10 al 19 maggio circa 200 persone hanno occupato i due cortili e alcune aule di Palazzo Bo, risalente al 1400, storica sede di Giurisprudenza e dove c’è anche il rettorato. Nella giornata di martedì 14 maggio si è tenuto a Palazzo Bo un Senato accademico che ha poi deliberato una mozione pro civili a Gaza, ma confermando il no al boicottaggio. I componenti del Senato sono entrati nel palazzo scortati dalla Digos mentre fuori c’erano circa 500 persone che strepitavano contro i vertici universitari. Cercando di interrompere la didattica non solo nella facoltà di giurisprudenza ma anche in altri poli. “Non lasceremo che la prevaricazione di un manipolo di studenti, accompagnati da persone che nulla c’entrano con l’accademia, possa impedire il diritto inviolabile alla formazione della nostra comunità studentesca”, ha detto la rettrice Daniela Mapelli. Riferendosi al fatto che l’occupazione fosse composta per il 40 per cento da studenti e per un 60 per cento circa da persone che provenivano da movimenti e centri sociali di tutto il Veneto.

 

Fatto sta che una volta terminata la rimostranza degli “acampados” i vertici dell’ateneo hanno iniziato a fare di conto. Hanno scoperto che gli occupanti hanno imbrattato i bagni che era stato loro concesso di usare durante la permanenza. Hanno attaccato schotch e adesivi su colonne, muri e grondaie storiche del palazzo. Non solo, si sono introdotti e hanno dormito anche all’interno dell’aula studio, appena ristrutturata e affrescata, che ha al suo interno i tavoli e le sedie disegnate da Gio Ponti. Insomma, considerando la chiusura della struttura (che di solito è visitabile a pagamento), del negozio ufficiale dell’Università di Padova e di un bar, che l’occupazione ha richiesto un servizio di guardiania extra e pulizie straordinarie. E che nel frattempo gli eventi remunerativi che erano stati programmati in sede sono stati spostati altrove, i vertici dell’ateneo hanno stimato in circa 106mila euro la conta complessiva dei danni. Questo però senza tener conto di eventuali danneggiamenti al patrimonio storico e artistico dell’università, su cui si stanno ancora facendo delle stime e degli accertamenti. Per questo, qualora emerga un quadro ancora più preoccupante, la rettrice e i vertici dell’Università sono pronti a passare alle carte bollate e a denunciare gli occupanti. Sarebbe anche un modo per stabilire un precedente che serva da monito a tutti gli altri atenei.

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  • Pugliese, ha iniziato facendo vari stage in radio (prima a Controradio Firenze, poi a Radio Rai). Dopo aver studiato alla scuola di giornalismo della Luiss è arrivato al Foglio nel 2019. Si occupa di politica. Scrive anche di tennis, quando capita.