educare significa responsabilizzare
Una stretta sui telefonini a scuola. Il piano di Valditara
Elementari e medie: stop smartphone in classe, anche per la didattica. Il ministro anticipa al Foglio le nuove linee guida per la scuola e lancia un appello ai genitori: proteggiamo i docenti, basta fare i sindacalisti dei figli
Istruzione, sì, ma anche educazione. Nella scuola italiana, dice il ministro Giuseppe Valditara, c’è un non detto enorme, gigantesco, grande come una casa che riguarda il comportamento non degli studenti ma dei loro genitori. Il ministro, in questa piccola e volante chiacchierata con il Foglio, fa un discorso di massima, e accetta di ragionare attorno a una questione importante, che ci permette di inquadrare un pericoloso spirito del tempo che ha a che fare con il mondo della scuola: la delegittimazione del corpo studenti, la legittimazione delle azioni volte a screditare l’azione del personale scolastico e la difficoltà con cui molte mamme e molti papà accettano di separarsi dal ruolo pericoloso di sindacalisti dei propri figli. Educare, dice Valditara, significa responsabilizzare e responsabilizzare, a scuola, significa insegnare, a casa, ai propri figli, che un insegnante che prende una decisione va rispettato, che un dirigente scolastico che fa una scelta va tutelato e che il principio dell’uno vale uno applicato alla scuola è pericoloso almeno quanto quello che riguarda la politica.
Il ministro Valditara, che il 27 febbraio sarà in libreria con un saggio dedicato allo stato dell’istruzione in Italia, “La scuola dei talenti” (Piemme), prova a inquadrare il fenomeno leggendolo attraverso tre interessanti chiavi di lettura.
La prima è quella che spesso conquista le prime pagine dei giornali ed è quella che riguarda i molti episodi, riepilogati ieri sul Foglio, del personale scolastico malmenato dagli studenti e dai genitori. C’è un problema di educazione prima ancora che di istruzione, dice Valditara, perché in una società che ha trasformato i genitori in amici dei figli, in chiocce più che in educatori, in sindacalisti dei loro diritti, si tenderà sempre di più a considerare ogni richiamo fatto da un docente al proprio figlio come un sopruso alla sua libertà e non opporsi a questo meccanismo significa voler intaccare il contratto sociale che si trova alla base del rapporto tra famiglie e docenti: la delega. Io faccio il genitore, voi fate gli insegnanti: si deve collaborare ma le nostre strade devono restare separate, e voi genitori dovete fidarvi di noi.
La seconda chiave di lettura è quella che Valditara considera come l’affermazione del principio di responsabilità. Sul tema il ministro è già intervenuto la scorsa settimana quando, dopo aver visitato un liceo milanese la cui occupazione ha causato danni alla scuola per 70 mila euro, il liceo Severi-Correnti, ha affermato un principio non gradito a tutti. Principio semplice: chi provoca danni durante le occupazioni scolastiche deve essere considerato responsabile finanziariamente per i danni inflitti. Chi occupa, chi compie un atto illecito, deve rispondere dei danni, ha detto Valditara, aggiungendo poi che studenti che così si comportano non possono essere promossi all’anno successivo. Stesso principio inserito in un ddl al vaglio della commissione Cultura che prevede un inasprimento dei meccanismi che regolano il voto in condotta: con le nuove norme, se approvate, gli studenti delle scuole medie e superiori che riceveranno un voto inferiore a sei decimi saranno automaticamente bocciati o non ammessi all’esame di stato. Principio di responsabilità: se sbagli paghi e se sgarri la paghi.
La terza interessante chiave di lettura che riguarda il punto di intersezione possibile tra mondo dell’istruzione (la scuola) e mondo dell’educazione (la famiglia) la si trova inquadrando uno dei principali fattori di destabilizzazione del mondo scolastico: il telefonino.
Nel rapporto Gem (Global Education Monitoring Report) pubblicato nell’estate 2023, l’Unesco, ricorda Valditara, ha già raccomandato il divieto di utilizzo di smartphone nelle classi per una ragione che il ministro condivide: se impiegati eccessivamente o in modo inappropriato i telefonini costituiscono un elemento crescente di distrazione che incide sul rendimento scolastico, alimenta la tensione fra studenti e docenti, inficia negativamente sulla memoria, la concentrazione e l’attività formativa del ragazzo. Meno di un paese su quattro, ha notato l’Unesco, vieta l’uso degli smartphone nelle scuole. Nel 2018, la Francia ha vietato i telefoni cellulari alle elementari e alle medie. Successivamente la stessa strada è stata imboccata da Svezia, Finlandia e Olanda. Nel 2022, Valditara diffuse una circolare per ribadire un divieto che era stato in verità già previsto nel 2007: niente cellulari in classe alla scuola dell’infanzia e alle elementari. Ora, nelle prossime linee-guida del ministero, vi sarà un passo in più: il cellulare verrà di fatto vietato alle scuole dell’infanzia, alle elementari e alle medie anche per scopi didattici. E alle elementari e alle medie verrà suggerito di evitare l’uso del tablet. Sia per questioni di didattica, naturalmente, sia perché spesso l’utilizzo in proprio di smartphone e tablet diventa nel rapporto tra studenti e docenti un elemento di tensione, che in alcuni casi porta anche all’aggressione del personale scolastico. Meno distrazioni, più responsabilità, più delega. Difendere il corpo docente, dice il ministro, significa difendere il principio di delega e di autorità che è l’architrave non solo del sistema scolastico ma anche del sistema democratico. Le regole sono importanti ma prima ancora delle regole occorre una rivoluzione copernicana: smettere, cari genitori, di fare i sindacalisti dei propri figli.