Bandiera Bianca

Nessuno vuole studiare il latino perché nessuno è capace di insegnarlo

Antonio Gurrado

Sempre più adolescenti scelgono di accantonare le lingue classiche in favore di materie scientifiche. E il motivo non è solo legato all'utilità di quello che si studia

No, non è colpa di Maria Stella Gelmini né della sua ormai antica riforma dei licei se gli studenti italiani stanno progressivamente abbandonando il latino (figurarsi il greco). Le cifre, pubblicate da Repubblica, sono inequivocabili: in una decina d’anni gli iscritti al classico si sono dimezzati; mentre quelli allo scientifico tradizionale sono calati in favore dell’ascesa dello scientifico-tecnologico, dove il latino viene sostituito da materie d’indirizzo. Se costantemente migliaia e migliaia di adolescenti italiani hanno scelto di mandare le lingue classiche in soffitta, non è solo perché si sono risvegliati all’improvviso dal sogno gentiliano di un mondo in cui le materie umanistiche contano più di quelle scientifiche, vero sapere contro vile meccanica.

Temo sia piuttosto perché la scuola ha progressivamente abbandonato precisione e ampiezza delle nozioni in favore dell’approssimazione, del taglio ai programmi, di vaghe competenze. Senza acribia nell’approccio, materie come il latino e il greco perdono di senso, diventando una confusa infarinatura su due culture longeve e complesse. A quel punto è ovvio che gli studenti si dicano: "Pressappochismo per pressappochismo, tanto vale farsi un’idea su materie che potrebbero servirci a qualcosa, tipo economia o sistemi automatici". La progressiva diminuzione di chi studia le lingue classiche a scuola, tuttavia, potrebbe alla lunga rivelarsi benefica: la riduzione a una riserva indiana di adolescenti davvero motivati a conoscere i greci e i romani consentirà di studiarli bene, di studiarli meglio, di studiarli sul serio, e salverà il greco e il latino.

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