Una classe senza alunni a Norcia (Ansa)

D'ora in poi tutte le bocciature potranno essere invalidate, dice il Tar Puglia

Antonio Gurrado

Una sentenza giusta e intrinsecamente sbagliata allo stesso tempo ha sospeso la bocciatura di una bambina di seconda elementare. Così il giudizio del consiglio di classe vale tanto quanto quello degli insegnanti privati che danno ripetizioni

La sentenza del Tar della Puglia, che ha sospeso la bocciatura di una bambina di seconda elementare, è giusta ed è sbagliata.  E’ giusta poiché si attiene alla lettera della legge, come spiegano le motivazioni: nella scuola primaria un alunno può non essere ammesso alla classe successiva solo in circostanze “eccezionali” e “comprovate da specifica motivazione”. Sulla pagella della piccola, almeno a quanto si legge sui giornali, è invece scritto che la bambina, pur integrata nel gruppo classe e rispettosa degli altri, è caratterizzata da “impegno limitato”, “interesse selettivo”, “partecipazione discontinua”, “ripetute assenze” e “preparazione lacunosa”. Sono circostanze sconfortanti ma indubbiamente non eccezionali, e il consiglio di classe non ha evidenziato nessuna specifica motivazione oltre allo scarso rendimento. Quindi, a livello di carte bollate, la bocciatura è da invalidare.

 

L’articolo finirebbe qui se la scuola fosse soltanto una macchina burocratica. Eppure non lo è, nonostante gli sforzi congiunti di ministri, provveditori, dirigenti, insegnanti, personale, studenti e genitori. Se si legge il ricorso presentato dalla famiglia della bambina, si nota che qualcosa non torna. La richiesta di annullamento si basa su tre istanze: i genitori hanno affiancato alla bambina un insegnante di supporto per i compiti a casa, come richiesto dai maestri, e secondo lui la bambina se la cavava bene; i genitori non sono stati messi al corrente del rischio di bocciatura con congruo anticipo; col giudizio complessivamente negativo stridono singole materie che riportano risultati “base” o “in via di prima acquisizione”. A ciò si aggiunge il fatto che la bambina soffra di una forma d’asma e che la bocciatura, trascrivo l’ineffabile argomentazione del Tar, costituisca “un’esperienza traumatica” tale da “danneggiare l’autostima della minore e incrinare il rapporto di fiducia nei confronti dell’istituzione scolastica”.

 

Dalle istanze dei genitori, su cui il Tar ha fatto leva, traspare un modello di scuola in cui il giudizio del consiglio di classe vale tanto quanto quello degli insegnanti privati che danno ripetizioni; in cui il compito del docente non risiede nel valutare l’alunno bensì nel farsi messo delle valutazioni alla famiglia, pena l’invalidazione; e in cui essere appena sufficiente in alcune materie e insufficiente nelle altre deve equivalere, de iure et de facto, ad avere conseguito buoni risultati dappertutto. Quello avallato dal Tar è dunque un modello di istruzione asserragliato nell’eufemismo e nel cavillo, e toglie specificità alla scuola equiparandone la credibilità didattica a quella delle famiglie e dei loro precettori.

 

Sarebbe facile ironizzare sull’idea che la bocciatura a sette anni possa costituire un trauma insormontabile; sarebbe facile dire che chissà se il Tar della Puglia sarà lì nel 2029, quando la ragazzina perderà una partita di pallavolo, nel 2034, quando sarà mollata dal fidanzato, nel 2045, quando non otterrà il lavoro dei suoi sogni. Toglierebbe luce al passaggio davvero traumatizzante della sentenza, quello per cui la bocciatura implicherebbe la perdita di fiducia nei confronti della scuola come istituzione. In termini di precedenti giuridici, è il punto più preoccupante: implica sottilmente che la fiducia nei confronti di un’istituzione sia determinata dalla soddisfazione che se ne trae. I giudici non hanno pensato che, quando emaneranno una sentenza nei confronti di qualcuno, dovranno assolverlo per forza; altrimenti, una condanna minerebbe la fiducia nei confronti delle istituzioni giudiziarie.

 

Resta, certo, che tecnicamente la sentenza regge. Le circostanze eccezionali non ci sono, le specifiche motivazioni nemmeno. E’ anche però il primo sassolino di una valanga per cui, d’ora in poi, nessuna bocciatura avrà circostanze abbastanza eccezionali o motivazioni abbastanza specifiche da non poter essere invalidata. Ed è questo, in fondo, a renderla una giusta sentenza intrinsecamente sbagliata.

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