instagram cartaceo

Oliviero Toscani è stato un rivoluzionario, ma oggi si dà alla bulimia autocelebrativa

Francesco Bonami

Un tempo era il mondo a provocarlo e lui reagiva con un’immagine eccezionale. Oggi non resiste a provocare il mondo con immagini meno potenti e affermazioni gratuite e banali tipo quella sui follower della Ferragni, o sulle vittime del ponte Morandi

L’artista tedesco Joseph Beuys diceva “siamo tutti artisti”. Oliviero Toscani dice “siamo tutti fotografi”, dopodiché suggerisce o fa capire che l’Oliviero Toscani di adesso è Chiara Ferragni, che però, precisa, non sa fotografare. Peccato che poi debba aggiungere inutilmente che i milioni di follower che seguono la Ferragni sono stupidi. Toscani è un genio che ha rivoluzionato il mondo della pubblicità e della comunicazione. Uno che ha capito la dimensione commerciale della vita e l’ha usata come una forma d’arte. Ha  avuto la fortuna di trovare, nel 1982, Luciano Benetton che a sua volta ha avuto la fortuna di trovare lui. Assieme hanno prodotto campagne pubblicitarie rivoluzionare e politiche sotto il marchio di United Colors of Benetton. Nessuna azienda oggi avrebbe il coraggio di intraprendere una strada del genere. Fra #metoo, cancel culture e politically correct neanche una delle immagini di Toscani sopravviverebbe allo tsunami dei social. La rivoluzione però iniziò nel 1973 con la campagna per i jeans Jesus: “Chi mi ama mi segua.” La foto era quella del sedere di una ragazza con denim molto aderenti. Contro la campagna e contro di lui si scatenò il Vaticano accusandolo di blasfemia. 
  

Toscani è stato un cantore del mondo e della società contemporanea, un visionario  che utilizzava, appunto, la pubblicità per parlare dei temi più scottanti: razzismo, Aids, guerra in Bosnia, omosessualità, anoressia. Nessuno è riuscito dopo a osare quello che ha osato lui negli anni 80 e 90. Ogni immagine una polemica, un dibattito, una riflessione profonda su quello che c’era davanti ai nostri occhi e ci rifiutavamo di guardare. Purtroppo per noi italiani è difficile, anzi impossibile, capire la differenza fra riflessione, polemica e provocazione. Se dobbiamo scegliere in televisione fra una conversazione civile fra due persone e una scazzottata fra due egomaniaci scegliamo quest’ultima. Le reti televisive di conseguenza fanno lo stesso. 
  

Definirei questo fenomeno “Sindrome di Sgarbi”. Sindrome di cui è diventato vittima lo stesso Toscani. Ha finito di essere cantore del mondo diventando cantore di se stesso. Un tempo era il mondo a provocare Toscani, che reagiva a modo suo con un’immagine eccezionale. Oggi è lui che non resiste a provocare il mondo, principalmente il mondo italiano, con immagini meno potenti e affermazioni gratuite e banali tipo quella sui follower della Ferragni, o quella anni fa sulle vittime del ponte Morandi. Affermazioni per l’universo buonista di Fazio o per quello cattivista di Giletti o chi per lui, ma non più per il mondo. La cultura italiana è manichea, priva di sfumature. Le urla feroci o il bisbiglio pacato. La cui sintesi potrebbe essere quella frase che si leggeva su certe pubblicità contro l’abbandono dei propri cani sul bordo della strada all’inizio delle vacanze estive: “Bastardo sei tu!”, che potrebbe averla pure pensata lo stesso Toscani. Amore e violenza verbale mescolati. 
 

Anni fa in una trasmissione radiofonica, alla quale partecipavamo sia io che Toscani, dissi che mi sarebbe piaciuto curare una mostra del suo lavoro. Mi rispose che finché era vivo una mostra del genere se la sarebbe curata da solo. Decisione più che legittima il cui risultato – anche se la mostra un curatore ufficiale ce l’ha: Nicolas Ballario – si può oggi vedere a Palazzo Reale di Milano in occasione degli ottant’anni del fotografo. Quasi 900 immagini, già questo è un problema, troppe. Mostrate come una colossale operazione di attacchinaggio direttamente sulle pareti. Un Instagram cartaceo. L’idea, corretta, è quella di far capire che Toscani lavorava immaginandosi lo spazio sociale, strade e cartelloni pubblicitari. Quello che oggi è diventato lo spazio dei social. Purtroppo la bulimia autocelebrativa è disastrosa. Le migliori campagne di Toscani erano un colpo secco allo stomaco. Il collage di centinaia d’immagini è come una serie di buffetti sulle guance dello spettatore. Icone che diventavano messaggi, chiarissimi, alla società sono ora brevi apparizioni in un monologo personale. 

 
Non c’è nulla di male a voler gestire da soli la propria storia a patto di non finire per divorare la Storia con la S maiuscola, quella di cui Oliviero Toscani ha fatto parte e della quale ha contribuito a trasformare il linguaggio e l’uso delle immagini. La paura, diceva Fassbinder, mangia l’anima. Si ha la sensazione che la paura di non essere piu’ Toscani lo abbia fatto diventare un Toscani di troppo. 

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