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Se il precariato è una scelta politica

Marco Campione*

Il ministro Bussetti ha dato l’annuncio: via libera a una nuova sanatoria nella scuola. I danni di questa scelta avranno ripercussioni per almeno 5-10 e forse più anni

Il 24 maggio il ministro Bussetti ha dato l’annuncio: via libera a una nuova sanatoria nella scuola. L’ultima era stata nel 2013 e a chi scrive è capitato in sorte di doverne gestire le conseguenze nefaste: un nuovo esercito di “abilitati”, sulla carta identici ad altri abilitati che però hanno superato una selezione durissima per conseguire il titolo. Categoria a sua volta diversa da chi si era prima abilitato e poi aveva anche superato un concorso ma ancora non era in ruolo. So bene quindi che i danni di questa scelta avranno ripercussioni per almeno 5-10 e forse più anni. E taccio sul messaggio pessimo che rappresenta uno Stato che non è capace di darsi delle regole valide per tutti, con l’aggravante che qui parliamo della qualità dei docenti, dai quali dipende la qualità del futuro del nostro paese. Tutto questo nel silenzio delle famiglie e di quei docenti che hanno rispettato le regole, si sono lasciati valutare e adesso vengono messi sullo stesso piano di chi se è stato valutato (e sottolineo se) non ha superato quella valutazione. E tolgono posti di ruolo anche a validi giovani neo laureati che aspirano ad insegnare, alzando anche l’età media di un corpo docente che invece negli anni del governo Renzi ha cominciato a diminuire, proprio grazie a una politica per il personale da assumere, fatta anche di compromessi (non potrebbe essere diversamente) ma senza mai perdere di vista il quadro generale e il valore più prezioso: ciò che serve agli studenti.

 

Perché? Uno dei problemi della scuola italiana è che se ne occupano solo gli addetti ai lavori (che raramente hanno a cuore l’interesse generale) e i laudatores temporis acti (che si preoccupano per lo più di predelle e grembiulini). Ancor più di nicchia il dibattito sul precariato, anche se la qualità dei docenti dovrebbe interessare tutti. Alcuni punti per orientare i “non addetti”:

1) Il precariato scolastico è una patologia inaccettabile perché fa pagare ai precari stessi e agli studenti il prezzo dell’incapacità politica di risolverla

2) I governi Renzi e Gentiloni hanno avviato un processo che teneva insieme diritti dei precari abilitati (tradotto: persone che hanno conseguito un titolo specifico per insegnare dopo una specifica selezione) e diritto di tutti i cittadini ad una scuola di qualità 

3) Il 24 aprile governo e sindacati hanno firmato un’intesa che tra le altre cose prevede quanto annunciato oggi dal Ministro: una sanatoria per i non abilitati con tre anni di servizio (tradotto: persone mai valutate né formate per insegnare, ma che insegnano perché la patologia del precariato fa comodo a troppi)

4) Il 7 maggio la Consulta respinge un ricorso contro il concorso riservato agli abilitati, nonostante una propria giurisprudenza in generale contraria ai riservati. Perché questo è invece legittimo? Il comunicato della Consulta è chiaro: quello per l’abilitazione all’insegnamento è un percorso con caratteristiche proprie e “questa diversità giustifica il differente e più vantaggioso trattamento riservato, in via transitoria, ai titolari di abilitazione all’insegnamento”. Sono due affermazioni che non possono essere disgiunte: il riservato è giustificato dalla natura del percorso abilitante

5) I sindacati della scuola interpretano a loro modo il pronunciamento e in un comunicato congiunto sostengono che la Corte si è espressa “sostenendo la piena legittimità delle procedure concorsuali riservate”. E che il governo “non ha più alibi” per non dare seguito all’intesa del 24 aprile, cioè alla sanatoria per i non abilitati con tre anni di servizio. Messaggio nemmeno troppo in codice che adesso il governo recepisce, obbedendo ai diktat della corporazione.

 

Ora per chi ha a cuore il futuro dei nostri figli c’è solo una speranza. Che qualcuno ricorra alla Corte, che con il pronunciamento del 7 maggio non ha dichiarato ammissibile qualsiasi riservato, ma quel riservato, in quanto destinato a chi aveva già fatto un percorso selettivo. Non è affatto scontato, e non è auspicabile, che avrebbe lo stesso esito un riservato basato esclusivamente su un servizio mai valutato e non accompagnato e/o preceduto da acquisizione di competenze specifiche. Ho i miei dubbi che qualcuno lo farà: le sanatorie fanno comodo a troppi.

 

Trovo inaccettabile e ingiustificabile che il governo assecondi questa corsa al ribasso. Per chi è stato educato ad un rispetto quasi sacrale per un sindacato capace di una visione complessiva, deludono anche i confederali, che avallano con il loro silenzio una nuova sanatoria, dopo quella per i Diplomati magistrali, e l’abolizione di percorsi specifici per l’insegnamento.

 

Non sono gli ultimi governi ad aver trasformato il precariato in una patologia, ma la patologia può e deve essere ricondotta a fisiologia, come si è iniziato a fare nella scorsa legislatura. Su questo sì che non ci sono più alibi: combattere il precariato contemperando diritti anche configgenti ed evitando di formarne altro si può. Si sta scegliendo un’altra strada, ma le famiglie e gli studenti devono sapere che non è una scelta inevitabile, ma frutto della volontà di non risolvere i problemi. O forse peggio: di crearne per farsi apprezzare come quelli che han messo l’ennesima toppa. E chi se ne frega se è peggiore del buco.

 

*l’autore è un esperto di Politiche pubbliche per l’Istruzione e ha ricoperto incarichi di diretta collaborazione presso il MIUR nei governi Renzi e Gentiloni

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