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cattivi scienziati

Come funzionano gli RNA intelligenti per terapie mirate su tumori e altre malattie

Enrico Bucci

Con il nuovo sistema chiamato cSMRTS, un RNA messaggero ingegnerizzato può accendere un gene terapeutico solo all’interno di determinate cellule, lasciandolo spento in tutte le altre. Ma il percorso verso l’uso nell’uomo è ancora lungo

Negli ultimi anni l’RNA messaggero è diventato familiare a molti per via dei vaccini. In quel contesto, l’idea di base è semplice: si introduce nelle cellule una molecola di RNA che contiene le istruzioni per produrre una proteina, e la cellula esegue. Per un vaccino questo è sufficiente, perché non è un problema se l’RNA viene letto da cellule diverse: l’obiettivo è stimolare il sistema immunitario, non colpire un bersaglio preciso. Quando però si passa dalla prevenzione alla terapia, soprattutto nel cancro o nelle malattie genetiche, questa semplicità diventa un limite. Se una proteina terapeutica viene prodotta anche nelle cellule sane, il rischio di effetti collaterali cresce rapidamente.

 

                      

Un lavoro recentissimo affronta proprio questo problema da un’angolazione diversa dal solito. Invece di cercare di far arrivare l’RNA solo nelle cellule giuste, i ricercatori hanno deciso di rendere l’RNA stesso capace di capire in che tipo di cellula si trova. È un cambio di logica importante: non si chiede più al sistema di consegna di essere perfetto, ma si chiede al messaggio di essere selettivo. Nasce così un sistema chiamato cSMRTS, un RNA messaggero ingegnerizzato che può accendere un gene terapeutico solo all’interno di determinate cellule, lasciandolo spento in tutte le altre.

Per capire come funziona, bisogna fare un passo indietro e guardare cosa distingue una cellula tumorale da una sana, dall’interno. Ogni cellula contiene migliaia di piccole molecole regolatorie chiamate microRNA. Queste molecole non producono proteine, ma controllano quali geni vengono letti e quali no. Il punto cruciale è che il profilo dei microRNA non è uguale in tutte le cellule: cambia a seconda del tipo di tessuto e cambia in modo marcato quando una cellula diventa tumorale. In pratica, i microRNA costituiscono una sorta di impronta molecolare che rivela l’identità della cellula.

Il sistema cSMRTS sfrutta proprio questa impronta. È costruito usando due RNA distinti che lavorano in coppia. Il primo RNA contiene le istruzioni per produrre la proteina terapeutica, cioè il “farmaco” vero e proprio. Il secondo RNA contiene le istruzioni per produrre un enzima, chiamato Cas6, che ha una funzione molto semplice: tagliare l’RNA. L’RNA terapeutico è stato progettato includendo una piccola struttura riconoscibile da Cas6, una sorta di punto debole. Se Cas6 è presente, l’RNA terapeutico viene tagliato e distrutto, e la proteina non viene prodotta.

La decisione finale dipende quindi da una sola domanda: Cas6 viene prodotto oppure no? Qui entrano in gioco i microRNA. L’RNA che codifica Cas6 è stato modificato in modo da essere sensibile ai microRNA tipici delle cellule tumorali. Nelle cellule sane, questi microRNA sono assenti o presenti in quantità molto basse. Di conseguenza, l’RNA di Cas6 viene tradotto normalmente, Cas6 viene prodotto e distrugge l’RNA terapeutico. La terapia resta spenta. Nelle cellule tumorali, invece, i microRNA caratteristici del tumore si legano all’RNA di Cas6 e ne impediscono la traduzione. Cas6 non viene prodotto, l’RNA terapeutico non viene tagliato e la proteina terapeutica viene sintetizzata. In termini semplici, la cellula tumorale disattiva il freno che nelle cellule sane resta inserito.

Questo meccanismo è stato testato in modelli murini di tumore al seno e al colon, usando nanoparticelle lipidiche comuni, senza particolari accorgimenti per indirizzare l’RNA a un tessuto specifico. I risultati mostrano quanto questo controllo interno sia efficace. L’attività del gene terapeutico all’interno dei tumori è risultata superiore di oltre cento volte rispetto a quella osservata in organi come fegato e milza. Al tempo stesso, l’attività nei principali organi sani è risultata ridotta di oltre 380 volte rispetto al tumore. È un dato rilevante, perché proprio fegato e milza sono di solito i principali bersagli indesiderati delle terapie a mRNA somministrate per via sistemica.

La selettività molecolare si traduce anche in un effetto biologico misurabile. Quando il sistema viene usato per produrre una proteina con funzione antitumorale diretta, come il prodotto del gene oncosoppressore Pten, la crescita del tumore si riduce di circa il 45 per cento. Quando la stessa strategia viene combinata con un’immunoterapia basata su mRNA, la riduzione della massa tumorale arriva a valori prossimi al 90 per cento, con risultati che in alcuni modelli raggiungono il 93 per cento. Questi numeri indicano che la precisione non serve solo a ridurre i danni collaterali, ma consente anche di concentrare l’efficacia terapeutica dove conta davvero.

Un altro aspetto importante è la flessibilità del sistema. Poiché il riconoscimento della cellula avviene tramite microRNA, cambiando le sequenze sensibili a questi regolatori è possibile adattare lo stesso schema a tipi cellulari diversi. In linea di principio, la piattaforma non è limitata al cancro, ma potrebbe essere applicata anche a malattie infiammatorie, metaboliche o cardiovascolari, dove è fondamentale colpire solo cellule specifiche senza interferire con il resto dell’organismo.

Nel loro insieme, questi risultati mostrano un’evoluzione significativa nel modo di pensare le terapie a mRNA. L’RNA non è più soltanto un vettore di istruzioni, ma un sistema regolato che interpreta il contesto molecolare della cellula e decide se attivarsi oppure no. Siamo ancora in una fase preclinica e il percorso verso l’uso nell’uomo è lungo. Tuttavia, il principio dimostrato è chiaro: è possibile progettare messaggi genetici che incorporano regole di funzionamento interne, rendendo le terapie più mirate, più efficaci e potenzialmente più sicure.

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