Foto Epa, via Ansa

Ritirato lo studio catastrofico sul cambiamento climatico

Luciano Capone

La ricerca stimava un crollo del pil del 62% nel 2100 senza riduzione delle emissioni, ha avuto un enorme impatto ed è stata adottata da tante istituzioni internazionali per le previsioni economiche. Ma era sbagliata. Gli autori hanno ritrattato

“Gli autori hanno ritirato questo articolo”. Inizia così la nota di ritrattazione di uno degli articoli scientifici più influenti sull’impatto economico del climate change degli ultimi anni. Lo studio, pubblicato ad aprile del 2024 sulla prestigiosa rivista Nature, stimava un crollo del 62% dell’attività economica globale entro il 2100 in uno scenario senza riduzione delle emissioni di carbonio. Il danno economico era risultato molto più elevato di altre stime, e questo è stato sia il motivo del successo dello studio sia delle attenzioni dei ricercatori che ne hanno rivelato le forti inconsistenze.

Il paper di tre ricercatori del Potsdam Institute for Climate Impact Research ha messo insieme i dati storici di migliaia di regioni di tutto il mondo raccolti negli ultimi 40 anni per prevedere che impatto avrebbero avuto sulla crescita economica e sui fattori di produzione i cambiamenti climatici e gli eventi estremi. Lo scenario, come detto, era catastrofico. Soprattutto, secondo l’analisi i costi economici per ridurre le emissioni sono enormemente inferiore ai danni prodotti dall’aumento delle temperature. I danni economici che il mondo subirà nei prossimi 25 anni, secondo i ricercatori dell’istituto tedesco, saranno pari a circa 38 mila miliardi di dollari, ovvero oltre sei volte in più dei 6 mila miliardi di dollari necessari per limitare il riscaldamento globale a +2 gradi Celsius, come previsto dall’Accordo di Parigi sul clima.

Lo studio, dal titolo “The economic commitment of climate change” (di Maximilian Kotz, Anders Levermann e Leonie Wenz), ha avuto immediatamente un’immensa diffusione. Come ricorda il New York Times è nel top 5% degli articoli scientifici secondo Altmetric, una società che misura l’impatto della ricerca, ed è stato il secondo articolo più citato sul clima nel 2024 con oltre 4 mila citazioni. L’impatto non è stato forte solo sul mondo accademico, ma anche su quello delle istituzioni e dei decisori politici. L’articolo è stato citato dalla Banca mondiale in un paper sulle implicazioni macroeconomiche del climate change e dall’Ocse nel documento “Investing in climate for growth and development”, come base scientifica per delineare gli scenari climatici e definire le politiche di mitigazione e adattamento. Allo stesso scopo lo ha usato il Congressional budget office statunitense in un documento su “I rischi del cambiamento climatico per gli Stati Uniti nel XXI secolo”. Lo studio è stato talmente rilevante da spingere il Network for Greening the Financial System, una rete di 148 banche centrali e autorità di regolamentazione finanziaria di 91 paesi, tra cui ci sono anche la Banca d’Italia e la Bce, a inserirlo per la previsione dei danni climatici nell’ambito degli stress test sulla solidità delle banche.

Il problema è che lo scenario era sballato. Pochi mesi dopo la pubblicazione, vari ricercatori hanno segnalato problemi metodologici e incongruenze nei dati. Un gruppo di economisti ha notato serie anomalie sui dati economici di un paese, l’Uzbekistan, e per un breve periodo tra il 1995 e il 1999, che hanno distorto significativamente i risultati: replicando l’analisi senza l’Uzbekistan, è venuto fuori che la perdita di pil globale nel 2100 in uno scenario di emissioni elevate non è più pari al 62% ma al 23%, in linea con altri lavori precedenti. Gli autori dello studio hanno provato a correggere i dati tenendo conto di altre discrepanze, ma alla fine si sono rassegnati: “Gli autori riconoscono che queste modifiche sono troppo sostanziali per una correzione, il che ha portato al ritiro dell’articolo”, hanno scritto nella nota di ritrattazione, aggiungendo di aver riscritto l’articolo per sottoporlo di nuovo a revisione.

Il caso pone alcune avvertenze, alla comunità scientifica e ai decisori politici. Ovviamente il cambiamento climatico esiste e una perdita di attività economica del 23% (tra un quinto e un quarto del pil globale) sarebbe comunque devastante per il benessere dell’umanità. Insomma, la ritrattazione di questo articolo non deve portare a sminuire il problema. Ma proprio per questa ragione non c’è alcuna necessità di esagerare con il catastrofismo, separando la scienza dall’attivismo, perché il rischio è quello di minare la credibilità della ricerca.

La cautela è anche ciò che deve guidare i decisori politici, soprattutto quando usano scenari incerti e di lungo termine come questo. “I modelli delle banche centrali sugli impatti economici dei cambiamenti climatici potrebbero avere implicazioni di vasta portata – ha scritto il Wall Street Journal riferendosi al network di banche centrali che aveva adottato lo studio ora ritrattato –. Se questi modelli mostrano che gli impatti saranno molto peggiori di quanto si pensasse in precedenza, le autorità di regolamentazione potrebbero obbligare le banche ad accantonare più capitale per ammortizzare le potenziali perdite associate agli asset esposti ai cambiamenti climatici”. Ignorare il cambiamento climatico produrrà grandi danni in futuro, ma esagerare i costi futuri del cambiamento climatico può produrre danni oggi.

  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali