
Paolo Bellavite alla manifestazione delle associazioni dei danneggiati dai vaccini Covid-19. davanti al Tribunale di Roma (LaPresse)
cattivi scienziati
Paolo Bellavite contro Big Pharma, ma intanto lavora con gli integratori. Il caso esperidina
L’ex consulente della disciolta commissione vaccini Nitag denuncia conflitti d’interesse altrui, ma ha collaborato con un’azienda di prodotti omeopatici per sviluppare un integratore “anti-Covid”, senza prove di efficacia nei trial clinici. Un doppio standard
Fa sinceramente sorridere leggere numerose dichiarazioni sui giornali in questi giorni da parte di uno dei due ex-membri del disciolto Nitag, Paolo Bellavite, il quale adombra il conflitto di interesse di altri ex-membri come l’unica e importante ragione che abbia spinto il ministro Schillaci allo scioglimento.
In un’intervista alla Stampa, per esempio, leggiamo il seguente scambio tra Bellavite e l’intervistatore:
“Comunque, il ministro avrebbe potuto revocare l’incarico soltanto a me e Serravalle. Evidentemente, il problema era un altro e molto più grave”.
“A cosa si riferisce?”
“Al conflitto di interessi di alcuni membri del comitato, con le case farmaceutiche”.
Non che il problema non esista: ne ha scritto recentemente per primo Andrea Capocci sul Manifesto.
Molti però sembrano intendere che ogni eventuale conflitto di interesse riguarderebbe scienziati e medici che collaborano con aziende farmaceutiche, dimenticando che quelle aziende non sono le uniche a compensare per la propria consulenza medici e ricercatori.
Esistono, per esempio, anche le aziende che vendono integratori, prodotti naturali, rimedi omeopatici eccetera. E capita che queste aziende, magari, possano avvalersi del consiglio retribuito di ricercatori che credono di aver individuato qualche principio attivo da utilizzare proprio per lo stesso scopo per il quale si utilizzano i vaccini contro la sindrome Covid, cioè per contrastare il virus Sars-cov-2, magari dichiarando pure che tale principio attivo sia potenzialmente interessante in quanto parte di una classe di “sostanze adatte a sostenere la funzione del sistema immunitario”, come ha fatto proprio Paolo Bellavite.
Nulla di cui vergognarsi, ci mancherebbe, e anzi un’ipotesi inizialmente interessante: ma allo scopo di far comprendere bene ai lettori come collaborano gli scienziati e i ricercatori con l’industria, vale la pena ripercorrere tutto l’iter che ha portato alla messa in commercio di un prodotto da parte di un’azienda, proprio grazie alla consulenza di Bellavite.
Partiamo da un punto preciso: sulla scorta di idee già pubblicate da altri, Paolo Bellavite e Albero Donzelli – un altro degli idoli dei no-vax – ricapitolano un’ipotesi di attività contro il virus Sars-cov-2 da parte del flavonoide presente negli agrumi, l’esperidina, in un articolo pubblicato ad agosto 2020 su uno “special issue” di una rivista Mdpi. In apertura, leggiamo - non sorprendentemente – che “sono state riposte molte speranze nei vaccini, ma la loro fattibilità, efficacia e sicurezza sono ancora molto incerte.”
Pochi mesi dopo, a novembre 2020, in un’intervista sul Giornale in cui da una parte difende il lockdown, dall’altra si elenca una lunghissima serie di ragioni di perplessità e dubbi sui vaccini allora in sviluppo, scopriamo che, proprio a partire da quel lavoro sull’esperidina, Bellavite è stato contattato da un’azienda interessata a sviluppare un integratore contro il virus. Con un trasparente doppio standard, cioè, si invocano rigore e controlli (nonostante l’emergenza) per i vaccini, ma allo stesso tempo si propone una molecola da sviluppare come integratore – notoriamente con standard di sviluppo molto al di sotto per quel che riguarda sicurezza ed efficacia – contro lo stesso bersaglio virale. Lasciamo tuttavia perdere questo dettaglio: ciò che conta è che Paolo Bellavite aveva già scritto il 26 ottobre 2020 che era stato “contattato da un’azienda (Vanda Omeopatici srl di Frascati), la quale mi ha proposto di contribuire alla realizzazione di un nuovo integratore alimentare. Ho accettato con entusiasmo”, e dichiara altresì che “con la perizia del loro laboratorio, siamo riusciti a creare EsperiVit Q-100, una formulazione 'complessa' che si presenta come una novità tra gli integratori alimentari. Sarà disponibile in farmacia già ai primi di novembre.”
Poco dopo esce l’articolo sul Giornale, con ampie descrizioni dell’integratore proprio al momento annunciato per il suo lancio, in cui l’interesse economico di Bellavite non è dichiarato; trattandosi di un’intervista su un quotidiano, del resto, non ve ne è obbligo alcuno.
La collaborazione fra l’industria in questione e Bellavite è del resto evidente, anche sul sito della Vanda. Nonostante l’esperidina, al contrario dei vaccini, non abbia mostrato nessuna efficacia nei successivi Clinical Trials contro Sars-Cov-2, né in uno molto piccolo svoltosi in Iran, né in uno condotto su soggetti non vaccinati in Canada con dimensione più appropriata, ove gli effetti riscontrati non raggiungono alcuna significatività statistica, Bellavite e Vanda ne propongono l’esplorazione in ambiti del tutto diversi.
Ora, il punto è che quanto presentato da Bellavite è perfettamente lecito e in linea con le pratiche della ricerca in tema di sostanze per la salute umana: un’industria sceglie di collaborare con gli esperti del settore che intende sviluppare, e, per quel che riguarda questi ultimi, purché gli interessi siano dichiarati pubblicamente e con chiarezza, non vi è nulla di male. In proposito, val la pena usare le stesse parole di Bellavite, che a proposito della sua collaborazione con la Vanda sull’esperidina, scrive: “Devo precisare, per correttezza, che la mia consulenza per l'invenzione e lo sviluppo dell’EsperiVit Q-100 è retribuita dal produttore. Ciò non intaccherà la mia libertà intellettuale né la scrupolosità delle opinioni, che esprimo nell’interesse precipuo della verità scientifica”.
Sono certo che questa (e altre) dichiarazioni circa potenziali conflitti di interesse siano state rese da Bellavite nei modi e nelle forme dovuti, ogni volta che le circostanze lo esigono; solo gli ingenui o chi è in malafede, del resto, potrebbero pensare che interessi ed eventuali conflitti siano assenti nell’industria omeopatica, degli integratori e in generale del “naturale”, per concentrarsi tutti nel seno della cattiva “Big Pharma”.