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l'estratto

I pericoli di un'esistenza ridotta a calcolo cognitivo e la sfida per la libertà

Riccardo Manzotti

La nozione di persona è sempre più ridotta a meccanismi cognitivi e biologici, svuotata di autonomia e significato. In un mondo che delega le scelte a scienza e tecnologia, bisogna riscoprire la libertà come dimensione costitutiva dell’esistenza

Pubblichiamo un estratto da “Sono libero, o non sono” di Riccardo Manzotti, in libreria per Liberilibri, (160 pp., 16 euro)


La nozione di persona è sotto attacco. Da un lato, le scienze della mente – neuroscienze, psicologia e scienze cognitive – tendono a ridurre la persona a meccanismi biologici, psicologici e cognitivi. Dall’altro, la delegittimazione politica e sociale ha svuotato l’individuo del suo ruolo centrale come momento irriducibile di esistenza, riducendolo a consumatore. La scelta libera è stata degradata a mero processo decisionale, calcolo cognitivo privo di valore esistenziale e morale. La scelta individuale è degradata a un processo cognitivo che altri, presumibilmente più competenti – esperti e, presto, le intelligenze artificiali – svolgerebbero con maggiore efficienza. La libertà, sempre più spesso, viene dipinta come un errore che si potrebbe evitare abdicando alla propria autonomia e accettando passivamente le regole dettate dalla società, dalla scienza e dall’economia. Questa prospettiva, profondamente sbagliata, deriva da una confusione fondamentale tra conoscenza e valori, tra informazione e significato.


La persona non è più proprietaria della propria vita perché non è considerata capace di decidere per sé. Le neuroscienze, l’intelligenza artificiale e le scienze cognitive hanno ridotto la persona a processo cognitivo: la sua autonomia è esternalizzata e delegata. E’ uno smottamento esistenziale e concettuale che porta all’inflazione del significato, alla svalutazione della libertà e alla perdita del valore dell’esistenza. In questo contesto, le neuroscienze sostengono un dualismo implicito, secondo cui non saremmo altro che emozioni e precetti generati dal nostro cervello, mentre il mondo esterno rimarrebbe un luogo privo di significato. Da un lato la scienza ci offre un mondo privo di valori assoluti e quindi apparentemente libero, dall’altro i valori non hanno più alcuna realtà al di fuori di una libertà tanto soggettiva quanto falsa. Non abbiamo più valori assoluti da rispettare, ma siamo condannati a una vita vuota di senso: “L’onnipotenza è di fronte a noi, quasi alla nostra portata, ma sotto i nostri piedi si spalanca l’abisso della completa insignificanza. […] La vita moderna consiste in un’incessante ricerca del potere dentro un universo svuotato di senso”.


Se i valori non fossero altro che stati neurali prodotti all’interno del nostro sistema nervoso, se non fossero altro che scelte arbitrarie e soggettive, potremmo chiudere i nostri corpi dentro macchine in cui provare solo piacere, come nell’esperimento mentale di Nozick. Se l’orgasmo contasse più dell’amore, potremmo chiedere alla scienza di tenere in vita cervelli in stato di estasi perenne. Ma l’esistenza ci chiama, il mondo è reale. Non si può barattare la vita con una sua versione virtuale. Non possiamo rinunciare alle cose in cambio di una loro rappresentazione soggettiva, bella ma vuota. Godiamo per amare, non il contrario, e si ama sempre l’Altro. La riduzione dell’esistenza a una narrazione emotiva fine a sé stessa ha portato all’inflazione del significato. La comunicazione si svuota di senso e per Byung-Chul Han, lo storytelling diventa storyselling, perché “all’informazione manca la stabilità dell’essere. […] Essere e informazione si escludono a vicenda. E’ connaturata alla società dell’informazione una mancanza di essere, un oblio dell’essere”.


Ma, contro questa concezione, tra il nulla che ci precede e quello che ci segue, c’è un’occasione per trovare il senso alla nostra esistenza: “Questi sono i giorni della nostra vita”. E solo loro. Non si può vivere senza porsi le domande al cuore della nostra esistenza. Che cos’è la persona? Che cos’è una scelta libera? E’ possibile una società libera? Quali sono i valori che si scelgono liberamente e in base ai quali si decide? Come è possibile scegliere liberamente in un mondo ridotto a corpi governati dalla scienza? Siamo soltanto zombie cognitivi? Sono domande ineludibili e improrogabili. Non abbiamo una vita di riserva per porcele e se, come diceva Musil, le “risolviamo in quel modo curioso cioè dimenticandocele”, saremo schiavi di risposte che altri hanno dato al posto nostro. Attualmente non c’è domanda più urgente di quella circa la natura della persona e ognuno di noi deve trovare una risposta, la sua. Da essa dipendono presente e futuro, a maggior ragione oggi che stiamo vivendo un momento di svolta culturale, scientifica e tecnologica.

Nelle pagine che seguono, oltre a fare luce sull’inaridirsi dell’esistenza, proporrò un orizzonte nuovo, ispirato alla convinzione che l’esistenza umana non sia riducibile né al passato né al già noto. La nostra esistenza si gioca in uno spazio incommensurabile e non ancora dato dove la persona non è calcolo cognitivo, ma scelta libera: né corpo né anima, ma esistenza in atto. Noi esistiamo. E’ nella nostra esistenza che si gioca tutto: le scelte, i valori, il mondo, e non perché, come penserebbe un idealista, il soggetto viene prima dell’oggetto ma, al contrario, perché siamo tutt’uno con le cose che costituiscono il nostro esistere. Non “io penso dunque sono”, ma “io esisto, dunque voglio, penso, sento”. Quindi “sono, dunque scelgo” perché non c’è esistenza senza libertà.

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