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Cattivi scienziati

Medicina complementare o alternativa? Cosa è successo durante la pandemia

Enrico Bucci

Un ampio studio di popolazione in Svizzera durante la pandemia dimostra, una volta di più, come la credenza nella pseudoscienza è alternativa, e non semplicemente complementare o integrativa, alla medicina, essendo associata fortemente al rifiuto della vaccinazione

Molti studi hanno rilevato che l'uso della medicina complementare è associato a una maggiore tendenza all'incertezza o al rifiuto dei vaccini. Nel caso dei vaccini contro l’influenza, per esempio, sia in generale, sia con riguardo a specifici trattamenti complementari, questa associazione è stata più volte confermata; anche le vaccinazioni per l’infanzia sono più frequentemente rifiutate da chi abbraccia la medicina alternativa, perché i vaccini sono visti come prodotto di “big Pharma” in opposizione all’esperto familiare e locale di medicina “naturale”.

Ma cosa è successo durante la pandemia, per quel che riguarda la vaccinazione contro SARS-CoV-2? Un nuovo lavoro, pubblicato su una rivista di medicina dalla storia plurisecolare, analizza la relazione fra l’utilizzo di trattamenti cosiddetti “complementari” o “integrativi” o di “medicina alternativa” e il rifiuto della vaccinazione contro questo virus. Si tratta di uno studio su 12246 persone, arruolate in Svizzera, delle quali 7800 assumevano almeno uno dei trattamenti suddetti e 4446 no, allo scopo di prevenire o curare COVID-19, oppure in seguito alla malattia, per mitigare eventuali sintomi successivi (sindrome post-Covid). Tra le pratiche considerate dallo studio figurano massaggi, agopuntura, riflessologia, pratiche cosiddette di auto-aiuto, omeopatia, “rimedi naturali” di varia natura e l'assunzione di vitamine e minerali.

L’età media della popolazione considerata era di 42,8 anni, il 59,4% erano donne e il 63,7% utilizzava terapie complementari. L’uso di queste è risultato più diffuso nelle donne (un dato ben conosciuto da una moltitudine di precedenti studi), nelle persone di mezza età e in quelle con un livello di istruzione più elevato. Inoltre, l’uso è risultato aumentato durante un’infezione da SARS-CoV-2 o in presenza di comorbilità preesistenti. Un terzo dei soggetti esaminati ha intrapreso il trattamento integrativo come prevenzione contro il COVID-19. Ebbene, ecco il risultato più importante dello studio menzionato: la non vaccinazione e l’opposizione ad essa è risultata associata a livelli più elevati di utilizzo di terapia complementare (odds ratio aggiustato 1,22 [1,09-1,37]). Nello specifico, la probabilità di associazione fra mancata vaccinazione e alcuni specifici trattamenti non basati sulle prove di efficacia è risultata la seguente:

  • zinco (odds ratio 2,25 [1,98–2,55])
  • vitamina D (odds ratio 1,45 [1,30–1,62])
  • vitamina C (odds ratio 1,59 [1,42–1,78])

L’associazione significativa fra l’uso dei trattamenti complementari e la mancata vaccinazione è rimasta significativa (in qualche caso diventando anche più stringente) dopo aver normalizzato i dati per età, sesso, istruzione, professione, stato di infezione da SARS-CoV-2 e comorbilità preesistenti. Inoltre, escludendo vitamine e integratori (che costituiscono i due terzi del totale nel campione esaminato), l’uso di altri trattamenti alternativi alla medicina basata sulle prove di efficacia è risultato comunque fortemente associato al rifiuto della vaccinazione. Considerato che sia questo studio che altri precedenti dimostrano come l’uso di terapie senza prove di efficacia oltre che spesso patentemente basate su concezioni antiscientifiche risulta fortemente aumentato in pandemia, e vista l’associazione fra questo uso e il rifiuto dei vaccini, è evidente che molto di ciò che viene presentato come “integrativo” o “complementare” è in realtà utilizzato alla fine come “alternativo” alle cure e ai rimedi che la scienza e la medicina trovano; in altre parole, in presenza di un pericolo effettivo per la propria salute, cresce la percentuale di chi rifiuta rimedi efficaci, preferendo il pensiero magico o la pseudoscienza.

Ovviamente, questo studio non è sufficiente a provare che sia proprio la propagazione della pseudoscienza a favorire il rifiuto della medicina ufficiale; è uno studio che, come altri prima per altri vaccini o farmaci, stabilisce infatti una semplice associazione, che potrebbe ben essere dovuta alla ricerca di rimedi alternativi da parte di chi comunque rifiuta la medicina e la scienza. Il rifiuto delle prove scientifiche, degli esperti e della medicina moderna potrebbe cioè essere la causa della fioritura delle pseudocure, e non l’effetto della propaganda di queste.Resta tuttavia vero che chi abbraccia quelle, non integra, ma sostituisce la medicina di provata efficacia in modo statisticamente molto significativo, smentendo così il racconto della medicina “complementare” e “integrativa”: come minimo, omeopatia, antroposofia, vitamine e integratori non indicati e altri rimedi similari contribuiscono a rafforzare la resistenza al pensiero razionale e scientifico, e i rimedi proposti non si integrano affatto con la terapia approvata – come è da attendersi, visto l’incompatibilità epistemica dei sistemi di pensiero che viaggiano insieme ai rimedi alternativi. Naturalmente, nel caso della diffusione di una malattia infettiva, e di una pandemia in particolare, questo costituisce un problema che va ben oltre la salute individuale: è il modo principale in cui la pseudoscienza si associa ad una maggior diffusione di un patogeno, e costituisce un esempio lampante di come certi memi degli ospiti possano ben associarsi ai geni di un virus per favorirne la diffusione.

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