(foto di Planet Volume/Unsplash)

cattivi scienziati

C'è vita oltre la Terra? I risultati di uno studio su Saturno e i suoi satelliti

Enrico Bucci

Tra il 2005 e il 2017 la sonda Cassini della Nasa ha espolorato gli anelli e le lune di Sarturno, fornendo un gran numero di dati utili a teorizzare la presenza di forme di vita. Ma per andare alla ricerca di organismi viventi autoctoni ci vuole ancora tempo

Per un biologo come me, uno dei temi più affascinanti è quello dell’esistenza di vita su mondi diversi dal nostro. Molto sappiamo delle condizioni in cui la biochimica che osserviamo sul nostro pianeta può funzionare; per questo, uno dei punti di partenza più promettente per l’astrobiologia consiste nella ricerca di ambienti extraterrestri che mostrano quelle condizioni. Avvolto da uno spesso guscio di ghiaccio, Encelado, un satellite di Saturno, è un ottimo candidato per ospitare potenzialmente vita aliena. Secondo un nuovo studio condotto dai ricercatori dell'Università dell'Arizona potremmo riuscire a ottenere informazioni sulla sua presenza attraverso una sonda orbitante, senza atterrare su Encelado.

 

Tra il 2005 e il 2017, la sonda Cassini della Nasa ha esplorato i complessi anelli e le lune di Saturno fornendo dati con dettagli senza precedenti. Cassini ha scoperto che lo spesso strato di ghiaccio di Encelado nascondeva un vasto e caldo oceano di acqua salata che emette metano, un gas che tipicamente sulla Terra ha origine dalla vita microbica. Mentre la minuscola luna orbita attorno al gigante gassoso anellato, viene schiacciata e trascinata dall'immenso campo gravitazionale di Saturno, riscaldando il suo interno a causa dell'attrito. Di conseguenza, spettacolari pennacchi d'acqua sono eruttati nello spazio dalle crepe e fessure sulla superficie ghiacciata di Encelado. Gli scienziati ritengono che il vapore acqueo e le particelle di ghiaccio espulsi dai geyser contribuiscano a uno degli anelli di Saturno. Volando attraverso alcuni pennacchi di Encelado, oltre al metano Cassini ha rivelato anche una moltitudine di diverse molecole organiche, che suggeriscono una diversità chimica sufficiente a dare origine a forme di vita.

L'eccesso di metano che Cassini ha rilevato nei pennacchi evoca immagini di ecosistemi straordinari che si trovano nelle profondità buie degli oceani terrestri: le bocche idrotermali sottomarine. Qui, ai bordi di due placche tettoniche adiacenti, il magma caldo sotto il fondale marino riscalda l'acqua dell'oceano in un substrato roccioso poroso, creando "fumarole bianche" che emettono acqua di mare rovente e satura di minerali. Qui, batteri metanogeni fanno reagire idrogeno molecolare e anidride carbonica per ottenere energia, rilasciando metano come sottoprodotto.

Ora, ammettendo che lo stesso tipo di metabolismo sia responsabile del metano trovato da Cassini su Encelado e conoscendo la quantità di questo gas, i ricercatori hanno potuto stimare la quantità di batteri metanogeni che potrebbero essere responsabili della sua emissione su Encelado. Il risultato ottenuto mostra che, se si ammette l’ipotesi biogenica per il metano di Encelado, i batteri necessari a produrlo sono una quantità molto limitata, indicando che una biosfera da essi supportata sarebbe molto scarsa in termini di massa totale. Questo dato, a sua volta, permette di stimare la quantità di acqua dei pennacchi che dovrebbe essere campionata per avere una buona probabilità di trovare cellule microbiche o loro rocce dirette, sotto forma di biomolecole o meglio ancora certi particolari aminoacidi biogenici.

 

Considerando anche l’ipotesi di produzione abiogenica delle stesse molecole e del metano rilevati, è stato anche possibile stabilire un limite massimo per la loro quantità, al di sopra del quale sono noti solo meccanismi di produzione dipendenti dalla presenza di vita. Nel loro insieme, questi risultati consentono di stabilire come campionare i geyser di Encelado e quale sia la soglia del segnale da rilevare, oltre la quale si possa considerare seriamente fondata la probabilità di presenza di una biochimica legata alla vita. La prova definitiva, naturalmente, sarebbe solo l’identificazione di un organismo vivente autoctono; ma per un campionamento diretto efficiente potrebbero volerci ancora molti decenni, mentre le prossime missioni progettate per raggiungere Saturno ed i suoi satelliti potrebbero già effettuare le misure indirette proposte dagli autori di questo ultimo lavoro. E se essi hanno ragione, potremmo essere non troppo lontani dal poter mettere alla prova una delle più interessanti ipotesi scientifiche sin qui formulate.

Di più su questi argomenti: