(foto EPA)

cattivi scienziati

Perché l'emersione di nuovi virus (e pandemie) è una questione di statistica

Enrico Bucci

Le anomalie, le deviazioni dalla media di quanto osserviamo di solito, sono non solo possibili, ma inevitabili, in quei fenomeni che obbediscono alle leggi della distribuzione delle probabilità

Quando osserviamo qualcosa che devia molto dalla media di ciò che siamo abituati a sperimentare, diventiamo immediatamente sospettosi. Se si tratta di cose di minore importanza, dopo aver indagato per qualche tempo, archiviamo come una curiosità ciò che ha attirato la nostra attenzione, anche senza aver trovato una particolare spiegazione che giustifichi l’anomalia. Quando però l’evento anomalo che sperimentiamo è per noi particolarmente rilevante, cerchiamo a tutti i costi di elaborare teorie che lo giustifichino causalmente, spesso invocando una volontà deliberata per “spiegare” l’osservazione fatta. Questa è la radice delle teorie che, per esempio, vogliono a tutti i costi giustificare la nascita di un’epidemia come fenomeno di origine umana, invece che naturale. Fatte salve le teorie più bislacche, la possibilità di un incidente di laboratorio è sempre reale; tuttavia, sono al pari possibili una serie di eventi naturali che, retrospettivamente, appaiono più probabili.

 

La semplice emersione di un patogeno “troppo” problematico rispetto a ciò cui siamo abituati, cioè che devia troppo dalla media di quanto siamo abituati a considerare, porta al rifiuto di ogni possibilità che ciò possa avvenire in maniera naturale, tanto per quanto riguarda l’origine di un’epidemia come quella di SARS-CoV-2, tanto per quanto riguarda la sua persistenza per anni con molte ondate consecutive (un’anomalia deve finire presto, si immagina), tanto infine per quanto riguarda la possibilità che nuove varianti siano peggiori delle precedenti, e dunque continuino a costituire un pericolo maggiore di quello a cui siamo abituati. Si tratta sempre dello stesso esempio: non siamo adusi a gestire le deviazioni dalla media statistica di ciò che abbiamo osservato nelle vite nostre e forse in quelle dei nostri genitori, e quanto più devia un fenomeno da quella media, tanto più ci sembra che non possa essersi verificato per caso.

 

Siamo fortemente propensi ad immaginare il mondo naturale come relativamente stabile, con fluttuazioni che rientrano nell’intervallo che abbiamo sempre osservato: questo spiega perché è così difficile prepararsi ad eventi eccezionali, e anche perché un patogeno può apparire a noi drammaticamente più pericoloso quando ci colpisce vicino, rispetto a quando lo fa in quei paesi dove “di norma” si hanno epidemie più pericolose: ricordate l’inizio della pandemia e l’illusione che fosse un problema della Cina? Sarebbe bene che tutti, al di là della propria competenza specifica, considerassero quanto segue: le anomalie, le deviazioni dalla media di quanto osserviamo di solito, sono non solo possibili, ma inevitabili, in quei fenomeni che obbediscono alle leggi della statistica.

Un evento improbabile è un evento possibile, che ha la sola caratteristica di verificarsi meno volte, dato un sufficiente numero di ripetizioni delle circostanze da cui potrebbe sorgere; il tempo in cui esso si realizzerà, a partire da un istante prescelto, dipende dal numero di volte in cui quelle circostanze si ripetono. Ora, per i patogeni in genere, e per i virus in particolare, noi abbiamo in un anno letteralmente trilioni di trilioni di replicazioni operate da un numero di virus complessivamente superiore alle stelle nel nostro universo; preso nel suo insieme, dunque, il fenomeno della replicazione virale rappresenta uno degli eventi naturali in cui si ha fra i massimi numeri di ripetizioni per unità di tempo.

Considerando che ogni singolo evento di replicazione produce un nuovo virus mutato più o meno estensivamente rispetto al progenitore in una percentuale non trascurabile di casi, è evidente come, anche solo a guardare le poche centinaia di tipi di virus conosciuti in grado di infettarci, la probabilità che emergano nuovi tipi “catastrofici” come è accaduto per SARS-CoV-2 sono tutt’altro che trascurabili. Il fatto che si tratta di eventi rari dipende innanzitutto dal nostro sistema immunitario, poi dalle circostanze che possono limitare la diffusione a pochi individui; ma se questi eventi rari non si verificassero, allora sì che dovremmo essere sospettosi. Ogni “media” di eventi di un certo tipo prevede una distribuzione di probabilità, il che significa che sono sempre contemplati eventi estremamente distanti dalla media, pur se a bassa probabilità; e se i “tiri di dadi”, come nel caso della generazione di nuovi virus, sono un numero sterminato, eventi anche molto anomali si realizzeranno in tempi non eccessivamente lunghi.

 

Ecco: un semplice argomento statistico dovrebbe far ragionare sul fatto che, con i virus, le deviazioni estreme che si verificheranno sono meno infrequenti di quanto ci si possa aspettare. Più in generale, dovrebbe portarci a considerare che, nella nostra vita, potremo osservare grandi stranezze, e al di là di quelle cui presteremo attenzione, prima di costruire ipotesi ad hoc per spiegarne l’anomalia, forse dovremmo chiederci se non stiamo semplicemente osservando l’attesa coda di qualche distribuzione di probabilità. Qualunque cosa abbia infatti alla base un meccanismo che ne garantisca la possibilità, finirà per verificarsi, se alla base vi è un ripetersi infinito delle condizioni che innescano quel meccanismo; non vedremo asini volare, dunque, ma certamente potremo vedere pericolosi virus scomparire all’improvviso e riemergere apparentemente dal nulla.

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