cattivi scienziati
Una rivista (anti)scientifica alimenta l'armamentario dei No vax
Metodi erronei, dati dubbi o non rappresentativi, conclusioni non supportate, una rivista che non è tale e un comitato editoriale schierato in una ben chiara e definita posizione: serve altro a far sognare il popolo antivaccinista?
L’armamentario di bufale pseudoscientifiche che infiammano la fantasia dei No vax si arricchisce sempre di nuovi elementi, provveduti da soggetti di vario genere ed estrazione e con livelli di similitudine alla vera scienza in genere inversamente proporzionali al peso delle affermazioni rilasciate.
In questi giorni, sta facendo furore quello che viene chiamato uno studio scientifico, che sarebbe stato pubblicato da una rivista scientifica, in grado di mostrare scientificamente gravi alterazioni ematologiche indotte dai vaccini a RNA nella grande maggioranza – oltre il 94% - di 1006 soggetti esaminati da un dentista, un otorino e un agopuntore e specialista in “medicina ortomolecolare”, disciplina ben nota come pseudoscienza. Siccome tuttavia nella repubblica della scienza tutti hanno diritto di parola, purché portino dati ed indipendentemente dai propri titoli, per giudicare di un lavoro è richiesto esaminare i fatti che sono stati presentati, e quindi trarre le conclusioni.
Cominciamo quindi a dividere i dati presi pubblici in tre gruppi. Innanzitutto, gli autori del lavoro in questione pretendono di dimostrare impressionanti alterazioni ematologiche, soprattutto di natura aggregativa, dall’esame al microscopio in campo oscuro di piccoli campioni di sangue dei soggetti esaminati. Naturalmente, tuttavia, le diverse forme di aggregazione osservabili su campioni di questo tipo sono legate alla preparazione, al tempo intercorso, e ad una miriade di altri fattori ambientali; dunque l’esame ad occhio delle figure presentate, e riferite oltretutto a 4 soggetti “rappresentativi”, non consente di escludere ogni genere di artefatti. Con un problema poi che, da solo, invalida la pretesa dimostrazione dei danni: ogni tipo di analisi retrospettiva di campioni biologici, volta ad esaminare differenze tra una popolazione e un’altra (in questo caso vaccinati e non vaccinati) va condotta in doppio cieco; e l’analisi va inoltre condotta appoggiandosi a qualche parametro quantitativo, non fosse altro che un giudizio fornito da un numero indipendente di esperti all’oscuro dell’identità dei campioni, e su un numero ampio, in modo da ottenere significatività sufficiente. Tutto questo manca nei metodi e nei dati presentati; pertanto, le conclusioni tratte dagli autori da questo primo insieme di dati, conclusioni oltretutto esposte usando un linguaggio volutamente allarmante (il vaccino viene a volte definito “concoction”, cioè pozione), non valgono nulla.
Per quel che riguarda il secondo gruppo di risultati, gli autori portano l’attenzione del lettore su presunti particolati estranei presenti all’interno del vaccino, particolati dalle forme più varie e dalle dimensioni più diverse. Anche in questo caso, sono scelte immagini “rappresentative”; ma anche in questo caso valgono le stesse critiche già illustrate circa l’assenza del doppio cieco. Inoltre, non vi è nessuna indicazione dei metodi che dovrebbero garantire l’assenza di contaminazioni da particolato durante la preparazione dei campioni. Per entrambi i gruppi di dati sin qui discussi, vi è poi da considerare uno strafalcione metodologico che mostra, anche in questo caso, l’assenza totale di ogni scientificità, e la pretesa degli autori che vorrebbero fiducia senza dati: si scrive infatti che “I test ematici di 12 soggetti, condotti con lo stesso metodo prima che ricevessero l’iniezione di RNA, mostravano caratteristiche perfettamente normali come documentato da 4 casi di esempio selezionati da quei 12 per rappresentare tutti i 948”. Ora in che modo, di grazia, e sulla base di quale nuova formulazione delle scienze statistiche a me ignota, 4 soggetti, selezionati da 12, dovrebbero rappresentare i rimanenti 948?
Dunque lasciamo perdere il testo principale del cosiddetto lavoro, e concentriamoci sugli allegati, ove sono presenti le analisi in microscopia elettronica e la composizione elementare delle particelle anomale precedentemente discusse. Nonostante questa analisi appaia condotta presso il dipartimento di Chimica dell’Università di Torino, non è dato sapere chi sia il suo autore; tuttavia, qui conta l’affermazione che le particelle esaminate “hanno evidenziato una componente carboniosa prevalente accompagnata da percentuali più basse di ossigeno ed azoto, tranne per la struttura 7 che, come citato sopra, era di natura completamente diversa: ferro ed ossigeno”. Per quello che riguarda le strutture carboniose, la loro composizione percentuale di ossigeno e carbonio è compatibile con una varietà di strutture biologiche, come le membrane lipidiche; per quel che riguarda la misteriosa “struttura 7”, ovvero quelle che per l’autore costituiscono nanoparticelle di ossido di ferro, è necessario innanzitutto escludere contaminazioni e artefatti, e soprattutto non è possibile fidarsi di una singola misura, su un singolo campione, senza che si abbia la piena tracciabilità di quel campione in ogni fase della procedura e senza che, ancora una volta, sia stata effettuata un’analisi in doppio cieco controllata.
Ma perché, quindi, una rivista scientifica avrebbe dovuto pubblicare un lavoro come questo? Le riviste scientifiche, pur blasonate, pubblicano ormai piuttosto spesso articoli erronei, fraudolenti, difettosi; figuriamoci i fogli creati online per supportare una precisa agenda, sotto la veste di rispettabile comunicazione scientifica, come è il caso in questione. Non a caso, questa pretesa rivista non è indicizzata su PubMed, il che significa che, almeno per ora, non è riconosciuta come legittima. Fa parte di qualcosa chiamato "Open Journals System", che è come WordPress, cioè un’azienda che fornisce l’hosting informatico, ma non è un editore scientifico.
Soprattutto, questa cosiddetta rivista è ben felice di pubblicare qualunque immondizia No vax, come è possibile dedurre scorrendo i nomi dell’editorial board. John Oller, l’editor in chief, è uno che crede che i vaccini causino l'autismo. E’ anche un creazionista sostenitore della terra giovane, ed è un eccellente esempio di pseudoscienziato. Christopher Shaw, editor in chief, un oftalmologo antivaccinista, con molte ritrattazioni, dell'Università della British Columbia, pure lui sostenitore del legame tra vaccini e autismo. Gayle De Long, editore, un professore di economia che ha cercato di rifilare uno degli articoli più ridicolmente incompetenti cercando di affermare che il vaccino HPV riduceva la fertilità: articolo ovviamente ritrattato. Stephanie Seneff, editore, nota pseudoscienziata, che abbiamo già incontrata su queste pagine, pronta a cavalcare ogni genere di teoria pseudoscientifica.
E poi anche i nostri Gatti e Montanari, entrambi editori, neocandidati per la lista “Vita” di Sara Cunial. Ed infine vari esponenti della potente e ben finanziata associazione antivaccinista “Children's Health Defense”, pure loro nel comitato editoriale. In conclusione: metodi erronei, dati dubbi o non rappresentativi, conclusioni non supportate, una rivista che non è tale e un comitato editoriale schierato in una ben chiara e definita posizione: serve altro a far sognare il popolo No vax?