(foto EPA)

cattivi scienziati

Dati, metodo, soldi: cosa non torna nello studio italo-russo su Sputnik

Enrico Bucci

Basta qualche semplice considerazione per smontare il pre-print dello Spallanzani sull'efficacia del vaccino russo

Molti mi hanno chiesto un giudizio sull’ultimo lavoro pubblicato in pre-print da un gruppo di ricercatori dell’Istituto Spallanzani di Roma, insieme ai colleghi dell’Istituto Gamaleya in Russia, ove si sostiene che, per quanto riguarda Omicron, due dosi di vaccino Sputnik V indurrebbero una risposta anticorpale più duratura rispetto al vaccino Pfizer/BioNTech. Dopo averlo esaminato, si fa presto a tirare le somme: i dati presentati in quel lavoro non solo non supportano affatto la conclusione annunciata in conferenza stampa, ma addirittura sono privi di significato, a causa del disegno stesso dello studio. Per capirlo, non servono raffinati strumenti di statistica, ma basta qualche semplice considerazione.

Lo studio intenderebbe seguire la diminuzione degli anticorpi circolanti nel tempo, a seguito delle due vaccinazioni. Per i vaccinati con Sputnik V si prendono due gruppi, comprendenti il primo 15 individui che hanno ricevuto il vaccino da massimo tre mesi, e il secondo altri 16 individui che hanno ricevuto la seconda dose da tre a sei mesi prima dello studio. Per i vaccinati con Pfizer/BioNTech, invece, si prendono 17 individui, misurando i loro anticorpi al tempo zero dalla seconda dose, a tre mesi e a sei mesi. Ora, si potrebbe pensare di confrontare i primi due gruppi di campioni di Sputnik agli ultimi due di Pfizer, che è quello che i ricercatori fanno nella prima figura del loro preprint; ma paragonare per esempio vaccinati da Sputnik da tre-sei mesi con vaccinati da Pfizer/BioNTech da sei mesi è ovviamente scorretto, perché il primo gruppo conterrà anche molti vaccinati da meno di sei mesi, che quindi sono attesi avere anticorpi più elevati rispetto a quelli vaccinati da sei mesi.

Questo è l’argomento che convincerebbe anche un bambino dell’inutilità del confronto; vi sono poi altre ragioni più tecniche, che riguardano per esempio il paragone fra una distribuzione continua e una discreta, ma non intendo addentrarmici – chi è interessato può trovare qualcosa sul mio blog. Mi limiterò invece a qualche altro, semplice motivo accessorio per cui il pre-print pubblicato è del tutto inutile.  Innanzitutto, campioni di 17 individui (come quello usato per il vaccino Pfizer/BioNTech) sono ovviamente sottodimensionati e insignificanti. In aggiunta, non vi è un corretto controllo per fattori confondenti come malattie pregresse e distribuzione di età nei due gruppi paragonati; anche questo elemento invalida alla radice ogni successiva considerazione che non tratti questi elementi confondenti. Notevole è anche il fatto che si stia usando il pre-print in questione per sostenere addirittura che sarebbe bene fare un booster con Sputnik V. Non vi è nulla che possa essere sostenuto a riguardo partendo da questo studio e non si vede come il marketing geopolitico possa battere grancassa utilizzandolo.

Consideriamo poi altri elementi, al di fuori dell’ambito strettamente scientifico. Per esempio: come sono arrivati i campioni di “sieri Sputnik” in Italia? E da dove? La normativa per lo scambio internazionale di simili campioni è piuttosto stringente, ma nel pre-print non vi sono elementi che permettano di capire nulla in merito. Ancora: chi ha pagato per lo studio? Sul pre-print, al momento della pubblicazione si leggeva che la ricerca era stata finanziata dal fondo sovrano russo Rdif, che detiene tutti i diritti sul vaccino. Eppure, a quanto pare il direttore clinico dello Spallanzani e coautore dello studio, Francesco Vaia, avrebbe dichiarato il contrario: lo studio sarebbe stato interamente finanziato dallo Spallanzani. Sapere quale sia la verità è ovviamente rilevante, perché il profilo di potenziali conflitti di interesse è molto diverso nei due casi.

Infine, una domanda: per quale motivo lo Spallanzani continua a interessarsi del vaccino Sputnik, non approvato in Europa e con chiari problemi di produzione e di documentazione scientifica? Certo, collaborare con un istituto prestigioso come il Gamaleya è sempre una buona idea; ma dato che in quell’istituto vi sono molte diverse linee di ricerca, possibile mai che l’unica trovata interessante sia quella che riguarda Sputnik?

Di più su questi argomenti: