Il pagellone sui virologi

Lorenzo Borga

Il Foglio ha analizzato 180 previsioni dei principali volti scientifici della pandemia e le ha confrontate con la realtà. Bassetti, Burioni, Crisanti, Galli, Ricciardi, Viola. Una classifica utile, con qualche sorriso

Li abbiamo conosciuti, ascoltati, rispettati, derisi, disprezzati, ci siamo affezionati, arrabbiati, sorpresi, delusi. Hanno catalizzato molte delle emozioni che l’esperienza di vivere una pandemia globale ci ha provocato. Conosciuti solo agli addetti ai lavori, hanno guadagnato un pubblico di milioni di spettatori e follower. Sono i cosiddetti “virologi”, tra cui in realtà ci sono anche infettivologi, microbiologi, immunologi e via dicendo, che hanno conquistato le prime pagine da un anno e mezzo a questa parte. Lo hanno fatto offrendoci i punti di riferimento che ognuno di noi cercava per capirci qualcosa nell’incubo in cui stiamo vivendo. A cui ci si affida non solo per raccomandazioni e pareri, ma anche per vere e proprie previsioni. Quelle che sarebbe meglio evitare nel mezzo di una pandemia globale, ma che i medici sono stati chiamati a fare. Anzi, qualcuno ci ha pure preso gusto.

    
Il Foglio ha analizzato 180 previsioni dei sei uomini e donne di scienza che più sono stati ascoltati in quest’anno e mezzo di pandemia.

    

Le tabelle con le previsioni dei virologi, analizzate una per una

    

Matteo Bassetti

    SCARICA PDF

  

Roberto Burioni

    

SCARICA PDF

  

Andrea Crisanti

  

SCARICA PDF

Massimo Galli

  

SCARICA PDF

  

Walter Ricciardi

   

SCARICA PDF

Antonella Viola

 

 

SCARICA PDF

           

 

Perché questi scienziati – Matteo Bassetti, Roberto Burioni, Andrea Crisanti, Massimo Galli, Walter Ricciardi, Antonella Viola, assieme a qualche loro collega – sono diventati faro e punto di riferimento per milioni di italiani. Abbiamo dunque valutato la correttezza delle loro previsioni. Non per dare voti ai virologi: sono bravi tutti col senno di poi e le previsioni si fanno sulla base delle informazioni disponibili al momento. Ma milioni di italiani hanno affidato loro le speranze e paure, ed è dunque un dato d’interesse comprendere chi si sia rivelato più affidabile e chi meno. E anche un po’ per gioco, perché tra gli studiosi c’è chi si è scoperto influencer e chi ospite fisso nei salotti televisivi (quasi tutti a dire il vero). E la fiducia nelle proprie affermazioni, talvolta sfociata in hỳbris, non è certo mancata.

  
Andrea Crisanti ha affermato rispondendo a un giornalista di essere “sempre stato coerente su tutto”, nonostante in realtà qualche idea l’abbia cambiata anche lui (e ci mancherebbe). Alcuni suoi colleghi sono invece stati più onesti. Galli ha ammesso di aver sbagliato sulle ultime riaperture (alleluia), mentre Bassetti ha detto di aver sbagliato la scorsa estate a mostrarsi così ottimista sul virus. Ovviamente questa analisi del Foglio non ha un valore scientifico: le previsioni raccolte sono quelle più facilmente reperibili sui motori di ricerca e potrebbero non rappresentare pienamente le dichiarazioni degli studiosi. La “classifica” ha dunque un valore puramente indicativo. Ma l’analisi rimane comunque d’interesse sulle singole dichiarazioni e sui singoli temi.

   
Tra i sei studiosi presi in considerazione dal Foglio chi pare aver sbagliato di meno è Antonella Viola, ospite fisso di Otto e Mezzo e probabilmente la meno conosciuta del gruppo. Ha azzeccato quasi il 73 per cento delle previsioni, 16 su 22. E' stata tra le poche a cogliere fin da subito la gravità del problema della circolazione degli asintomatici e a differenza di altri ha indovinato anche l’arrivo della seconda ondata nell’autunno scorso. Secondo in ordine di previsioni riuscite è Roberto Burioni, l’unico conosciuto al grande pubblico fin da prima della pandemia. Il medico del San Raffaele ha sbagliato il 28,6 per cento degli scenari, e ne ha previsti il 71,4 (su 21). Avendo iniziato a parlare molto presto (la prima dichiarazione è del 2 febbraio) è stato colto in fallo più volte all’inizio della diffusione del virus – quando era oggettivamente imprevedibile la sua espansione globale in così poco tempo – ma nei mesi seguenti è riuscito a sbagliare pochissimo impegnandosi come pochi in una . Sul terzo gradino del podio troviamo il primo “pessimista” del gruppo, Walter Ricciardi. Questa volta le previsioni imbroccate sono quasi il 65 per cento (su 37). Nonostante i gravi errori iniziali – niente mascherine per i sani e tamponi solo ai sintomatici – è riuscito a recuperare sbagliando raramente le evoluzioni dei contagi. Nella seconda metà della classifica si trova Crisanti, con il 57,1 di pronostici corretti, mentre Galli si è posizionato poco sopra la metà, al 52,5. Unico medico a non raggiungere la metà delle previsioni corrette – tra quelle individuate dal Foglio – è stato Matteo Bassetti, che nella prima fase della pandemia e anche nell’estate dell’anno scorso ha commesso molti errori.

  
L’analisi non può che partire dal febbraio del 2020. Quando il virus sembrava lontano e un fenomeno passeggero. E in quei giorni che oggi ricordiamo con nostalgia molti esperti hanno preso un granchio, come sarebbe stato evidente solo qualche settimana dopo. Chi ha parlato all’inizio dell’emergenza, nei primi giorni di febbraio, in cui – va detto – i dati erano pochi e contraddittori, ha sbagliato. Roberto Burioni il 2 febbraio invitava a fare la “nostra vita di sempre”, come tutti noi speravamo, mentre secondo Ricciardi il nuovo coronavirus era decisamente meno mortale che l’influenza. Un’affermazione su cui avrebbe cambiato idea – ahinoi – solo venti giorni dopo. Galli invece affermava che la diffusione del virus era molto inferiore alla Sars del 2003 e che in Italia “difficilmente potrà diffondersi”. Tutti venti giorni dopo – una volta scoperti i primi casi a Codogno - avrebbero iniziato a cambiare opinione: allora Burioni invitava le persone a stare a casa, Ricciardi ammetteva che “non è una normale influenza” mentre Galli consigliava di non sottovalutare il virus. L’unico che a fine febbraio si mostrava ancora relativamente ottimista era Matteo Bassetti, che il 26 febbraio 2020 affermava che “il virus sembra avere una virulenza minore di quella che pensavamo due mesi fa” e che “in fondo è solo una forma un po’ più impegnativa di un’influenza”. Da lì a due settimane la situazione sarebbe precipitata e l’Italia sarebbe entrata in lockdown.
Sulle prime contromisure contro il contagio, tutti ricordiamo le indicazioni contraddittorie dei primi giorni. Secondo il consulente del ministro Roberto Speranza Ricciardi le “mascherine alla persona sana non servono a niente” (si sarebbe ricreduto il 4 aprile), mentre criticava la scelta di fare i tamponi anche agli asintomatici, che si sono poi scoperti essere importanti vettori del contagio. Come ha ripetuto fin quasi da subito Andrea Crisanti, forte dei suoi studi a Vo’ Euganeo: non prima però – anche lui – di aver cambiato idea. A fine febbraio sposava infatti anche lui la linea-Ricciardi, tamponi solo ai sintomatici, che solo a inizio marzo ha cominciato a criticare: “il vero problema sono i positivi asintomatici” (sulla stessa posizione anche Antonella Viola). Aveva purtroppo ragione.

  
Tra le tante previsioni sbagliate ce n’è una di cui non possiamo che rallegrarci: quella sul vaccino. Sono state così tante le ipotesi errate proposte dagli esperti sui vaccini che ben si comprende il vero e proprio miracolo che la scienza ha compiuto, a cui fino all’ultimo quasi nessuno credeva. Viola perfino a fine ottobre 2020 ancora non credeva che il vaccino sarebbe arrivato entro la fine dell’anno: “Le prime dosi arriveranno forse verso aprile” diceva attaccando il governo Conte 2 che invece diffondeva ottimismo. Ma è all’inizio della pandemia che – comprensibilmente – si concentrano le previsioni sbagliate. Per Burioni “anche pensare di ottenere un vaccino prima di due anni è una proiezione di un ottimismo ingiustificato” (11 febbraio 2020), mentre la previsione di Crisanti si fermava a 14-18 mesi (4 marzo 2020). Il microbiologo di Padova perfino a settembre ancora non credeva nell’arrivo del vaccino, quando Roberto Burioni – come anche Matteo Bassetti – era già pronto a stappare la bottiglia migliore: “Dobbiamo incrociare le dita, potremmo essere alla fine. Se fosse una coppa del mondo, il vaccino avrebbe superato la semifinale”. Solo Ricciardi e Galli all’inizio della pandemia ci avevano visto giusto con il primo che diceva: “Il vaccino verosimilmente ad essere fortunati arriverà dopo l’estate, non prima” (19 marzo 2020). Gli studiosi non hanno discusso solo dei tempi dell’arrivo del vaccino, ma anche della sua sicurezza. Forse non tutti ricorderanno che alla fine dell’anno scorso non erano solo i no-vax a metterla in dubbio. Andrea Crisanti se ne era uscito con una frase di cui forse qualche settimana più tardi si sarebbe pentito: “Oggi il vaccino non lo farei perché ci sono solo dati relativi agli annunci delle aziende e perché oggi non ci sono le conoscenze sufficienti”. Parole che avevano fatto arrabbiare la dottoressa Viola e che erano state ritrattate dallo stesso Crisanti, giusto un mese più tardi (27 dicembre 2020): “Il vaccino covid è sicuro, ora ci sono tutti i dati e lo faccio anche io”.

  
Fare previsioni sull’andamento di una pandemia non è cosa semplice. Se si è troppo ottimisti si verrà accusati di non essere stati in grado di prevedere l’emergenza, se invece si pecca di pessimismo ci sarà chi sosterrà l’inutilità di misure di contenimento e restrizioni. Tra i medici presi in considerazione c’è chi si è appassionato al tira e molla di riaperture e chiusure. Antonella Viola ci aveva visto giusto sulla seconda ondata (“il numero di contagi può schizzare in brevissimo tempo”, 22 agosto 2020). Come anche Walter Ricciardi, che in diverse occasioni ha rivestito il ruolo di cassandra. Lo scienziato aveva messo in guardia sulla seconda ondata già a fine agosto, a settembre diceva di attendersi un “peggioramento della situazione” e un mese più tardi chiedeva un lockdown per Napoli e Milano. Scavallate le feste, a gennaio aveva previsto il numero di morti che avremmo raggiunto a febbraio: “95mila” (rimanendo fin troppo ottimista: alla fine furono 97.699). Lo stesso aveva fatto con il peggioramento della situazione tra marzo e aprile: «avremo un incremento dei nuovi casi positivi fra tre-quattro settimane. Ormai l’andamento di questa epidemia è prevedibile». Una frase invecchiata male, come vedremo. Tra le cassandre un posto d’onore è riservato anche ad Andrea Crisanti, che ad agosto aveva previsto la necessità di lockdown locali per via della crescita dei casi con la seconda ondata. Crisanti ci aveva messo in guardia fin da ottobre sul lockdown a Natale (“credo sia nell’ordine delle cose”). E anche sulla terza ondata, fortunatamente meno dura delle precedenti, aveva sentenziato: “è una certezza” (8 dicembre 2020). E tra i più pessimisti manca Massimo Galli: dopo una prima défaillance (“la seconda grande ondata non ce l’aspettiamo”, 24 settembre 2020), il suo realismo ha pagato (a metà ottobre sosteneva che servono “lockdown mirati” e che tra due settimane “saremo come la Francia”).

  
Ma come le ciambelle non tutte le previsioni vengono con il buco. Ed è l’estate la bestia nera dei pessimisti. Soprattutto per Galli, che a maggio 2020 prevedeva una crescita dei casi osservati, soprattutto a Milano, mai arrivata, e che chiedeva cautela e tempi più lunghi su una riapertura che è stata invece generalmente indolore. Per non parlare delle previsioni più recenti, sulle riaperture di aprile di quest’anno, quando il professore del Sacco aveva criticato il governo Draghi: “Si apre con rischio calcolato? Calcolato male”, paventando con Crisanti anche una possibile “quarta ondata”. Come pure Walter Ricciardi, che a fine aprile rifletteva su cosa – a suo parere, parere sbagliato fortunatamente – sarebbe accaduto dopo le riaperture: siamo “pronti di nuovo a commettere gli stessi errori fatti la scorsa estate”. Ma va al povero Matteo Bassetti la maglia nera delle previsioni sulle ondate pandemiche. Dopo averle sbagliate tutte all’inizio della pandemia (come anche altri colleghi, sia chiaro), il direttore del reparto malattie infettive del Policlinico San Martino di Genova ha inanellato una serie di errori anche durante l’estate scorsa. Già il 4 maggio scorso affermava che “il contagio in autunno dovrebbe ripresentarsi in versione ridotta”. Ma è da maggio che va a infilarsi nel cul-de-sac della mutazione del virus, che secondo lui e altri scienziati sarebbe diventato nel corso dell’estate meno pericoloso: “I malati che arrivano oggi sono molto diversi da quelli che arrivavano qualche mese fa. […] La sensazione è che sia una malattia diversa. Questo è un dato di fatto incontrovertibile”. Tanto incontrovertibile che giusto quattro mesi dopo sono morte altre decine di migliaia di italiani. Bassetti ha continuato su questa strada tutta l’estate, criticando anche la cosiddetta “strategia del terrore e dell’allarmismo” (17 agosto 2020) e prevedendo che non ci sarebbe stato un “aumento dei contagi a settembre” (1° settembre 2020). Poi, il 16 ottobre, la realtà arriva senza avvisare e Bassetti è costretto a rimangiarsi le parole: “Va fatto qualcosa, la situazione epidemiologica è rapidamente peggiorata”. Da allora però evidentemente qualcosa è cambiato nella sua comunicazione: prima della seconda ondata aveva sbagliato il 75 per cento delle previsioni, da allora meno del 20.

 
I nostri protagonisti si sono cimentati anche nell’analisi delle varianti. Roberto Burioni ha avuto sul tema un atteggiamento comprensibilmente ondivago, anche per via della rapida mutazione del quadro. Il 17 febbraio di quest’anno si scagliava contro il terrorismo delle varianti, “fino a prova contraria non rappresentano un pericolo”. Due mesi dopo però evidentemente la prova è arrivata e il medico del San Raffaele ha detto che la situazione nel Regno Unito stava peggiorando per colpa della variante indiana che si diffonde tra non vaccinati e vaccinati con una sola dose. Mentre al professor Galli non è mancato il pessimismo nemmeno su questo fronte, affermando a inizio maggio che “quel che abbiamo ora è un ottimo vaccino per un virus sviluppato un anno fa in Cina” lasciando intendere evidentemente che non protegga a sufficienza contro le nuove varianti emerse. Fortunatamente, almeno sulla base delle conoscenze attuali, i vaccini proteggono da tutte le conseguenze più gravi dell’infezione, anche per le mutazioni del virus.
La scienza è fondata su dati e fatti che possono cambiare con l’emergere di nuove evidenze. Per di più in una condizione di pandemia globale che mai prima avevamo vissuto su questa scala. E gli scienziati che ci hanno preso gusto con la televisione e le interviste l’hanno provato sulla propria pelle.