(Foto Ansa)

Cattivi scienziati

La guerra di Piero Bevilacqua, sacerdote di verità alternative

Enrico Bucci

Il professore di storia è andato all'attacco della senatrice Cattaneo e di tutta la comunità scientifica, intervenuta in modo compatto per denunciare la stregoneria biodinamica che si vuole equiparare all'agricoltura biologica con legge dello stato

La guerra di Piero. È quella che un sin qui pacato professore di Storia, Piero Bevilacqua, ha deciso di scatenare dalle pagine del manifesto in difesa dell’agricoltura biodinamica, ma soprattutto all’attacco della senatrice Cattaneo e di tutta la comunità scientifica che è intervenuta compatta (eccetto pochi e spesso interessati suoi componenti) per denunciare la stregoneria che si vuole equiparare all’agricoltura biologica con legge dello stato. L’ultimo attacco del soldato Piero è piuttosto esemplare e, visto che si rivolge anche ed esplicitamente al sottoscritto, mi corre l’obbligo di replicare.

 

Proprio perché Piero va alla guerra, non manca di identificare l’elmetto dei nemici, scrivendo che “mai si erano visti in Italia tanti improvvisati cultori di scienze agrarie mettere in testa l’elmetto e gettarsi nella mischia. Roberto Fedez (sic!) sulla Stampa (16/6), Enrico Bucci sul Foglio (17/6), Paolo Landoni sull’Huffington Post (20/6), perfino (ci credereste?) Paolo Mieli sul Corriere della Sera (21/6)”. Il soldato Piero non ci vede tuttavia molto bene: intanto confonde il ricercatore del Cnr Defez con il cantante Fedez; ma soprattutto, poco oltre, si domanda pensoso: “Ma non fa parte di un atteggiamento scientifico, come ricordava nel suo ‘Tractatus’ Wittigenstein (sic!), ‘parlare di ciò che si sa’? E che sanno tutti costoro di agricoltura biodinamica, più in generale di agricoltura e della sua storia?”.  E chi sarà mai questo WittIgenstein, con la “i” al centro? Forse il celebre avversario del metodo scientifico, il filosofo Wittgenstein (senza la “i” al centro)? Nel caso lo fosse, siamo di fronte a una ovvia fallacia, il richiamo all’autorità, per non discutere della sostanza delle cose, ma soprattutto per accusare di incompetenza gli interlocutori: solo gli storici possono parlare di biodinamica, non sia mai che i ricercatori si mettano a discutere del contenuto scientifico della stessa! E chissà se sono titolati i Lincei, le migliaia di ricercatori della Fisv, i Georgofili, l’Accademia nazionale di Agricoltura e persino Confagricoltura: perché, guarda caso, hanno tutti detto e scritto la stessa cosa, ovvero che la biodinamica è fuffa esoterica.

 

Continuiamo poi con l’immancabile richiamo a Popper, quando il nostro scrive: “Falsificano, come direbbe Popper, il principio di tutta l’agronomia biodinamica, secondo cui ‘la salute delle piante dipende dalla salute del terreno, dalla sua fertilità’”. Si avvede Bevilaqua che sta appunto confermando in pieno la demarcazione popperiana tra cosa è scienza e cosa non lo è, nel richiedere la falsificazione di un’affermazione così generica e vaga da non essere appunto sottoponibile a prova sperimentale? Come si può infatti falsificare una simile affermazione, che fa riferimento a concetti generici e vaghi di salute e fertilità della terra, in puro stile steineriano? Proprio la non falsificabilità di simili affermazioni pone la biodinamica e suoi sostenitori al di fuori della discussione scientifica: questo direbbe Popper, probabilmente con vivo dispiacere di Bevilaqua. E ancora: secondo lo storico, “l’agricoltura biodinamica non si rifà direttamente alle lezioni di Steiner del 1924”.

 

Trattasi di bubbola, come desumibile dalla lettura del disciplinare Demeter per la vinificazione, ove è scritto testualmente: “Un supporto fondamentale sono le indicazioni di Rudolf Steiner, soprattutto quelle contenute nel corso di Agricoltura, tenuto a Kobervitz nel 1924”. Chi è che non ha competenze e ignora la materia? E poi l’immancabile cherry picking della letteratura scientifica: “A chi sostiene come Bucci, ma anche la Cattaneo, che non esistano prove del valore dell’agricoltura biodinamica rammento la ricerca pubblicata su Science il 31 maggio 2002, che comparava 21 anni di raccolti di aziende biodinamiche, biologiche e convenzionali mostrando un meno 20 per cento di prodotto delle prime, ma meno tra 33 per cento e 53 per cento di consumo di energia e fertilizzanti e meno 97 per cento nell’uso di pesticidi”. Prendiamo pure per buone queste dichiarazioni naives, che tradiscono, queste sì, l’impreparazione di chi non mastica di numeri: ha considerato il nostro che il 20 per cento di produzione in meno significa semplicemente maggiore antropizzazione del pianeta per raggiungere lo stesso livello? E ha compreso che, come ripetuto in infiniti articoli, per valutare il valore della biodinamica bisogna usare esperimenti controllati, in cui il paragone sia fatto con campi trattati allo stesso modo, fatta eccezione per le pratiche biodinamiche?

 

Infine si rassicuri il soldato Piero: qui non si intende bruciare i “sacerdoti della salute del terreno”, cioè gli adepti di un culto esoterico. Qui si intende semplicemente difendere la razionalità dalle sciocchezze di un esoterista di un secolo fa, evitare che nelle nostre facoltà di Agraria si insegni magia, smettere di infiltrare le nostre istituzioni con i sacerdoti di quel culto e mostrare al consumatore che tanto egli ha a cuore se certe dichiarazioni di marketing siano legittime o meno.  

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