Operatori sanitari a lavoro nell'Hub vaccinale, presso la Fiera di Bergamo (Ansa)

Cattivi scienziati

Contro i medici No vax l'obbligo vaccinale è giustificato

Enrico Bucci

Imporre la vaccinazione è tanto più giustificato quanto più il virus è in fase espansiva

Il principio del danno, esposto per la prima volta in forma compiuta nel XIX secolo da John Stuart Mill, afferma che l’unica giustificazione per un’azione coercitiva contro un individuo è la presenza di un danno imminente ad altri membri della società. Nel caso di un’epidemia in corso, questo principio e qualunque considerazione di buon senso ci dicono quindi che ogni singolo individuo deve prevenire il danno che potrebbe causare, trasmettendo il virus ad altri.

 

Questo si può ottenere in modi molto diversi: utilizzando la vaccinazione, ma anche, come abbiamo imparato prima della disponibilità dei vaccini, con misure restrittive della libertà di movimento, di impresa e di vita sociale e culturale, da attuarsi ogni volta che il virus superi un livello di guardia prefissato. A questo punto, la scelta diventa chiara: quale fra le misure disponibili è la meno costosa, in termini di restrizioni per l’individuo? È facile dimostrare che sia la vaccinazione. Se poi il patogeno è particolarmente infettivo, allora si rende necessaria l’adesione senza eccezioni al programma vaccinale per raggiungere una sufficiente immunità di comunità; considerata la variabilità di comportamenti e scale valoriali dei singoli, ne consegue che via via che l’infettività del patogeno aumenta, e con essa la percentuale di persone che bisogna essere certi siano immuni, aumenta anche la legittimità di restringere le possibilità di scelta del singolo nei confronti della vaccinazione.

 

 

Ci si sposta insomma sempre più verso l’obbligo vaccinale. In altre parole, accettato che il mezzo migliore nell’ottica del “principio dell’alternativa meno restrittiva”, come definito dal bioeticista Alberto Giubilini, sia la vaccinazione, l’opzione di renderla obbligatoria diventa tanto più giustificata quanto più il virus ha caratteristiche espansive, tali da richiedere l’adesione vaccinale di una fetta sempre più ampia di popolazione. 

 

La misura di quanto questo sia necessario può essere concretamente acquisita dalla stima dell’opposizione alla vaccinazione: se la percentuale di oppositori a un dato vaccino è tale che, su base statistica, sarà pregiudicata la possibilità di far diminuire a sufficienza il tasso di nuove infezioni in un intervallo di tempo prefissato, allora l’obbligo vaccinale diventa una strada non solo percorribile, ma anche senza dubbio in accordo con qualunque considerazione di natura etica

 

Ora, nell’attuale epidemia di Sars-CoV-2 in Italia si ha una notevole opposizione vaccinale in un segmento critico della popolazione, quello degli operatori sanitari; siccome è possibile stimare l’effetto che tale opposizione ha sulla propagazione del virus in comunità oltretutto mediamente più fragili, e stante la disponibilità di esempi concreti di come ciò sia accaduto, l’obbligo vaccinale per questa categoria appare eticamente indicato e concretamente praticabile.

 

È per questo che l’obbligo di vaccinazione per farmacisti e operatori sanitari, e le pene corrispondenti in caso di non adempimento, hanno una base solida anche da un punto di vista etico; con buona pace di quegli ignoranti e arroganti portatori di camice, che pretenderebbero di continuare il loro mestiere, mettendo a rischio la salute degli altri.

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