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CATTIVI SCIENZIATI

Vaccini a singhiozzo

Enrico Bucci

Milioni di dosi acquistate dall’Italia difficilmente saranno pronte entro il 2021. Servono altri fornitori

Secondo quanto annunciato dal ministro Speranza il 2 dicembre, questi sono i contratti che l’Italia ha firmato per procurare il vaccino alla popolazione: 40,38 milioni di dosi da AstraZeneca; 53,84 milioni da Johnson & Johnson; 40,38 milioni da Sanofi; 26,92 milioni da Pfizer-BionTech; 10,8 milioni da Moderna; 30,3 milioni da CureVac.

 

A che punto siamo nello sviluppo e nelle prove che riguardano questi vaccini? Il vaccino di AstraZeneca ha avuto una vita travagliata durante lo studio di fase 3: errori di dosaggio e apparentemente anche problemi di produzione, che hanno reso il periodo di tempo intercorso fra prima dose e richiamo molto variabile, oltre al fatto che i dati sulla sicurezza sono stati ottenuti da trial eterogenei – alcuni misurando gli effetti collaterali del vaccino contro soluzione fisiologica, altri contro un vaccino per la meningite. Il vaccino è alle dosi previste inizialmente molto meno efficace degli altri, e la soglia di protezione migliore sembra raggiungersi proprio con il dosaggio erroneo, per cui si dovrà ripetere uno studio di fase 3 calibrato per quella dose.

 

Dunque, le 40,38 milioni di dosi di AstraZeneca probabilmente arriveranno molto più in là di quanto finora previsto. Il vaccino di Johnson & Johnson è appena arrivato in fase 3; lo studio più grande è negli Stati Uniti, dove il numero di persone arruolate è stato diminuito da 60.000 a 40.000 perché le condizioni di circolazione del virus in quel paese garantiscono che si potrà comunque raggiungere il traguardo di infezioni necessario. Al momento, non sappiamo ancora nulla circa l’efficacia di questo vaccino.
 Le corrispondenti 53,84 milioni di dosi, se il vaccino risulterà efficace, non arriveranno certamente nei primi mesi del 2021. 
 Il vaccino di Sanofi ha dato risultati deludenti: nello studio di fase 3 non è risultato protettivo per chi ha più di 49 anni. Di conseguenza, un nuovo studio di fase 3 è in preparazione e bisognerà aspettare per sapere se questo vaccino ha una chance, tanto che l’azienda ha dichiarato improbabile il suo arrivo nel 2021.

 

I due vaccini a Rna di cui sappiamo di più, Pfizer e Moderna, hanno finora dato i risultati migliori in termini di efficacia e quello di Pfizer è stato già approvato da due autorità regolatorie (nel Regno Unito e in Canada) ed è in dirittura di arrivo l’autorizzazione dell’americana Food and Drug Administration (Fda) con un voto favorevole di 17 a 4 dei membri del comitato esaminatore. Tuttavia, questi vaccini sono anche i più reattogenici e hanno maggiori difficoltà logistiche, per la necessità di una catena del freddo che garantisca depositi per lo stoccaggio, oltre al fatto che, una volta scongelati, essi non durano molto e devono essere somministrati subito. In ogni caso, possiamo immaginare che entrambi i vaccini arrivino in Italia entro l’estate, per un totale al momento di 37,72 milioni di dosi (sufficienti a vaccinare 18,86 milioni di italiani). Il vaccino di CureVac, l’azienda tedesca che Trump tentò di acquistare, è un vaccino a Rna simile a quelli di Pfizer e di Moderna. Tuttavia, l’azienda ha dichiarato una stabilità a temperature molto più alte degli altri due; se efficace, avrà gli stessi vantaggi logistici dei vaccini tradizionali, pur essendo un prodotto a base di Rna. Il problema è che, per il momento, non sappiamo quando dovrebbe terminare la fase 3 e dunque non sappiamo quando potranno arrivare le 30,3 milioni di dosi ordinate dall’Italia.

 

A questo punto, se non riusciamo (insieme all’Europa) a strappare altre dosi di ciò che è disponibile, bisognerà attendere ben oltre il 2021 per vaccinare un numero di italiani anche solo sufficiente ad avvicinarsi all’immunità di gregge. In tal caso, è bene prepararsi a una campagna vaccinale “a singhiozzo”, che potrebbe divenire una realtà se i diversi ritardi accumulati e le quantità di dosi acquistate non cambieranno grazie a nuovi contratti.

 

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