L'uragano Patricia colpirà il Messico. I metereoligici hanno annunciato che dovrebbe essere il più potente della storia

Global truffa

Mauro Zanon
“Non solo in Francia, bensì in tutti i paesi del mondo è oggi difficile parlare della questione climatica in maniera posata, libera, aperta. Quella del global warming, in particolare, è divenuta una nuova religione, in cui si crede o no". Intervista esclusiva a Verdier, meteorologo licenziato solo perché “scettico”. 

Parigi. “Non solo in Francia, bensì in tutti i paesi del mondo è oggi difficile parlare della questione climatica in maniera posata, libera, aperta. Quella del global warming, in particolare, è divenuta una nuova religione, in cui si crede o no. E va da sé che i fedeli di questo nuovo credo universale stanno dalla parte del Bene, mentre gli infedeli, i battitori liberi, i dissidenti del pensiero unico sul clima sono gli apostoli del Male”. Philippe Verdier, meteorologo di lungo corso in Francia, fa parte dei secondi. E lo ha detto forte e chiaro, e fieramente, in un libro appena uscito per le edizioni Ring, “Climat Investigation”, all’interno del quale ha ridotto in brandelli le teorie allarmiste degli ideologi del riscaldamento globale e denunciato la grande impostura politico-mediatica della Cop21 (la Conferenza sul clima che si terrà a Parigi il prossimo dicembre). L’uscita del libro non è stata indolore per Verdier.

 

Dopo essere stato sospeso dal suo lavoro con una lettera della direzione di France Télévisions, ora il volto televisivo di France 2 rischia la cacciata definitiva. “La procedura per licenziarmi è in corso. A France Télévisions mi hanno detto chiaramente che sono determinati ad andare fino in fondo. Ciò che mi è rimproverato è direttamente legato al libro”. Per la sua cacciata, va da sé, non si è scatenata nessuna canea. Nessun #JeSuisPhilippe nelle bacheche dei grandi paladini della libertà d’espressione in Francia, nessuna paginata nei giornaloni della gauche come quelle dedicate al compagno e martire Errì De Luca, con l’accento sulla i, ma soltanto anatemi e l’accusa di essere “climatosceptique”: “Il cosiDdetto ‘climatoscepticisme’ non è altro che un ricatto per mettere il bavaglio a chi mette in discussione il discorso ufficiale sul clima, a chi non si allinea al pensiero unico sul global warming”, dice Verdier al Foglio. “E’ un orribile neologismo creato apposta dai funzionari e dai diplomatici per mettere a tacere, isolare, eliminare socialmente quelli che come me analizzano i cambiamento climatici da un’altra prospettiva rispetto a quella dominante. E vuole sapere una cosa? Il termine ‘climatosceptique’ è entrato nel Petit Robert (dizionario di riferimento della lingua francese, ndr) a partire da quest’anno, in ragione della Conferenza sul clima di Parigi. Se la Cop21 si fosse tenuta in un’altra città, in Francia questo termine non sarebbe mai entrato nel linguaggio comune”.

 

La divisione manichea tra i credenti per fede ai rapporti catastrofisti dell’Ipcc (il panel intergovernativo di esperti onu che studia i cambiamenti climatici) e i critici del messaggio apocalittico veicolato dagli adepti dell’ideologia climatica, non aiuta a capire quali sono realmente le priorità per salvaguardare l’ambiente. La questione climatica analizzata in questo modo, in termini religiosi e talvolta guerrieri, non porta da nessuna parte, secondo Verdier. Il quale ha deciso di lanciarsi in questa inchiesta quando si è reso conto da vicino (ha coperto da inviato tre edizioni passate della Cop) dell’allineamento tra calendario politico e calendario climatico. “L’emblema di questo allineamento è la copertina del Parisien Magazine, uscita nell’estate 2014, dove il ministro degli Esteri, Laurent Fabius, posa vestito da meteorologo accanto alla scritta ‘500 giorni per salvare il clima’”, dice al Foglio Verdier. “Fabius, assieme al ministro dell’Ambiente, Ségolène Royal, è il grande artefice della sovraesposizione mediatica della Cop21, della colossale campagna di comunicazione che ha coinvolto anche le imprese dove lo stato è azionista (Renault-Nissan, La Poste, Sncf, Veolia spompate e obbligate a sborsare milioni di euro per pubblicizzare la Conferenza sul clima), delle pressioni sui meteorologi per far passare il messaggio del ‘caos climatico’ nei loro bollettini meteo e delle frasi pompose sulla ‘società civile che deve mobilitarsi per salvare il clima’”.

 

Ci sono i funzionari dell’Onu che lavorano di ricamo per favorire economicamente, col pretesto del clima, le imprese che operano nel settore delle energie rinnovabili, ma c’è soprattutto l’Ipcc, dove “gli scienziati che esprimono un’opinione contraria ai rapporti ufficiali sul clima vengono subito allontanati”, perché “la politica è più importante della scienza”. A questo proposito Verdier evoca un episodio esemplare, ossia l’affaire che ha coinvolto l’ex presidente dell’Ipcc, l’indiano Rajendra Pachauri, proprio quest’anno.

 

[**Video_box_2**]“Durante tutto il 2015, l’anno della Cop21, dell’‘urgenza di salvare il pianeta’, lo stato maggiore dell’Ipcc si è preoccupato anzitutto delle sue elezioni interne, lasciando il clima in secondo piano”, sottolinea Verdier. “A febbraio, Pachauri è stato costretto a dimettersi bruscamente in seguito alle accuse di molestie sessuali mosse a suo carico da una giovane ricercatrice di Nuova Delhi e subito dopo è scattata la corsa alla presidenza, terminatasi lo scorso 7 ottobre con la vittoria del coreano Hoesung Lee. Da febbraio a ottobre, i dirigenti dell’Ipcc candidati alla successione hanno girato il mondo senza sosta, per convincere il maggior numero di paesi, in qualità di ‘ambasciatori del clima’, che erano i migliori. Una vera campagna presidenziale, nascosta da fiumi di belle parole sul clima. Un’operazione puramente politica, altro che scienza”. Infine, Verdier si sofferma sul ruolo della religione e sull’influenza esercitata dall’Onu sul Vaticano, affinché Papa Francesco pubblicasse l’Enciclica Laudato si’ prima dell’estate. “Per sensibilizzare la popolazione mondiale sul tema del clima, si è deciso di elevare la questione anche a un piano spirituale. Ho letto l’Enciclica e ne sono rimasto affascinato e sconvolto allo stesso tempo. Ci sono delle pagine di una bellezza smisurata sulla natura e sull’uomo e altre, quelle sui cambiamenti climatici, in cui mi sono detto: ‘No, non può essere stato Francesco a scrivere queste cose’. Ho riconosciuto le stesse frasi e lo stesso spirito dei rapporti dell’Onu sul clima, erano un copia e incolla”.

Di più su questi argomenti: