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editoriali

Cosa rischia una sanità ostaggio della politica

Redazione

La Corte dei Conti illumina i guai del sistema sanitario regionale. Efficienza cercasi

La sanità resta il banco di prova più significativo per la tenuta della finanza pubblica regionale e per la credibilità del Servizio sanitario nazionale. La relazione della Corte dei conti sulla gestione finanziaria delle regioni (2021-2024) conferma che la sanità è la voce dominante dei bilanci regionali, ma l’equità dei servizi resta lontana da uno standard omogeneo. Dal 2021 al 2023 la spesa sanitaria è cresciuta di 13 miliardi (+9,3 per cento), raggiungendo i 152,9 miliardi. Nel solo 2023, 128,8 miliardi sono stati destinati ai Livelli essenziali di assistenza (Lea). Eppure, le disuguaglianze tra territori restano marcate, con le regioni del sud in difficoltà. Solo 13 regioni superano la sufficienza in tutte le macroaree assistenziali; otto restano inadempienti, Calabria in coda. Veneto e Trento ai vertici.

 

Gli investimenti in sanità, anche grazie al Pnrr, sono saliti di 3,5 miliardi nel triennio, ma nel 2023 si è registrata una flessione del 7,6 per cento. I 2 miliardi destinati al sud non hanno prodotto risultati proporzionati, segno che l’efficienza gestionale è ancora un problema strutturale. Buone notizie dal ripiano dei disavanzi: da 2,8 miliardi nel 2021 a 1,4 nel 2023, grazie soprattutto alla Sicilia. Tuttavia, crescono i residui passivi della Missione “Tutela della salute” (+42,8 per cento, fino a 43,8 miliardi), a causa di ritardi nei trasferimenti regionali. Il debito sanitario nelle regioni a statuto ordinario cala del 5,6 per cento, ma resta elevato (11,39 miliardi, pari al 30 per cento del debito regionale complessivo). La Corte denuncia persistenti inefficienze: in molte regioni, ingenti risorse non bastano a garantire i Lea. Il mancato allineamento tra risorse e qualità dei servizi mina la sostenibilità del sistema. Nel quadro del federalismo differenziato e dei Lep, la Corte richiama la necessità di garantire equità reale tra territori: il diritto alla salute non può dipendere dalla residenza. Serve un cambio di passo: senza una governance più efficace, il rischio è che le disuguaglianze si trasformino in vere e proprie discriminazioni. Agire si può: meno politicizzazione, più efficienza.

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