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I numeri di ospedalizzazioni e terapie intensive ci dicono che i vaccini funzionano

Gianluca De Rosa

L'incremento dei casi di Covid sta facendo aumentare lo scetticismo sull’efficacia delle vaccinazioni nel ridurre i sintomi più gravi della malattia. I dati però dicono l'esatto contrario

Basterebbe confrontare i bollettini di oggi e di un anno fa per capire a cosa sono serviti i vaccini. Il 30 dicembre 2020 gli attualmente positivi in Italia erano 565.395, mentre oggi sono 779.463. A fronte di un numero maggiore di contagiati, tuttavia, oggi gli ospedalizzati sono meno della metà: 10.866 contro i 23.566 dello scorso anno. Stesso discorso se si guarda alle terapie intensive. Il 30 dicembre 2020 erano ricoverati qui 2.528 persone, oggi nelle rianimazioni di tutta Italia ci sono 1.126 pazienti. Non solo. Nonostante i numeri assoluti, come spiegavamo qui, basta vedere la differenza tra i tamponi che si facevano lo scorso 30 dicembre (169mila) e quelli che sono stati fatti oggi (1.150.352), e ricordarsi quali restrizioni c’erano allora rispetto alla quasi totale libertà di queste settimane, per capire che anche il contagio è stato ridotto grazie ai vaccini. Le iniezioni non garantiscono di non prendere la malattia, ma riducono la probabilità che questo accada e soprattutto diminuiscono drasticamente il rischio di finire intubati a causa del virus. Tutte cose note, oggetto di studio e anche dell’ultimo aggiornamento epidemiologico dell’Istituto superiore di Sanità che risale al 21 dicembre e che racconta come l’incidenza ogni 100mila persone delle nuove diagnosi, dei decessi, delle ospedalizzazioni e dei ricoveri in terapia intensiva siano – su tutte le classi di età – nettamente più alti tra i non vaccinati, più bassi per i vaccinati con seconda dose da più di cinque mesi, ancor più bassi per i vaccinati con seconda dose da meno di 5 mesi e enormemente più bassi per chi ha ricevuto la dose booster.

  

Ma se qualcuno non fosse ancora convinto dell’efficacia del vaccino nel ridurre i sintomi più gravi della malattia e vedesse nella complessità dei numeri un artificio o un raggiro, ne abbiamo raccolti degli altri, più semplici, ma altrettanto eloquenti, forse più comprensibili, dai reparti e dalle terapie intensive di diverse Regioni.

I numeri, da ogni parte dello Stivale, sono univochi. In Emilia-Romagna, spiegano dall’assessorato alla Sanità, su 121 ricoverati in terapia intensiva 88 (il 72 per cento) sono non vaccinati, la percentuale scende leggeramente nei reparti di area medica dove su 1.334 ricoverati, ci sono 666 persone non immunizzate (il 50 per cento). Il dato non deve trarre in inganno, perché come non si stancano di ripetere l’assessore Raffele Donini e il suo staff, i non vaccinati sono una percentuale ben più bassa del 50 per cento della popolazione, ma sono oltre la metà dei ricoverati. Numeri meno precisi, ma altrettanto eloquenti anche in Lazio. Secondo quanto riferito dallo staff dell’assessore Alessio D’Amato, i ricoveri in terapia intensiva di non vaccinati rappresentano il 70 per cento del totale, mentre i ricoveri ordinari la percentuale di pazienti senza anticorpi da vaccino scende al 60.

 

Nel Veneto leghista a spiegare la situazione ci ha pensato il governatore Luca Zaia: “I numeri del contagio sono purtroppo in crescita, ma se oggi siamo aperti è grazie alla vaccinazione: nelle nostre terapie intensive quasi l’80 per cento dei ricoverati non è vaccinato”. Per la Toscana non è disponibile il dato sui ricoveri ordinari, ma quello sugli ingressi in terapia intensiva nella settimana che va dal 20 al 26 dicembre. Su 35 nuovi ricoverati, 21 (il 60 per cento) sono non vaccinati, 10 vaccinati solo con le prime due inezione e 3 con dose booster. Nelle Marche i ricoverati in terapia intensiva senza vaccino sono il 74 per cento, mentre in area medica i non vaccinati sono il 58 per cento. Il dato interessante è che invece tra gli attualmente positivi nella regione prevalgono i vaccinati (60 per centro contro il 40), ennesimo indizio di come su chi è imunizzato la malattia sia più lieve. In Abruzzo è quasi record, il numero di persone senza vaccino nelle terapie intensive sfiora il 90 per cento (l’88 per la precisione), anche nei reparti i malati di covid sono principalmente pazienti no Vax, il 68 per cento. In Liguria dei 43 pazienti oggi in terapia intensiva 31 (il 72 per cento) sono non vaccinati. Fanno leggermente eccezione alla regola le regioni più piccole, ma i numeri qui sono molto bassi. In Basilicata i ricoverati in terapia intensiva sono solo due: uno vaccinato e uno no. Mentre tra i 60 ricoverati prevalgono leggeremente i vaccinati. In Umbria (i dati sono aggiornati a ieri) gli 8 ricoverati in terapia intensiva sono per il 50 per cento immunizati, mentre la restante metà è non vaccinata. Nella provincia di Trento, invece, lo riferisce l’Asl locale in una chiara nota alla stampa, al 28 dicembre risultano ricoverate nei i reparti ordinari della Provincia 54 persone non vaccinate (72 per cento) e 21 vaccinate. “Calcolato su 100mila persone vaccinate/non vaccinate – scrive la Asl –, questo significa un rischio ben 15 volte maggiore per i non vaccinati”. Sulle terapie intensive degli ospedali altoatesini la faccenda è ancor più evidente: sono 15 i non vaccinati (94 per cento) e solo un vaccinato. “Questo – insiste l’azienda sanitaria – significa che le persone senza protezione immunitaria rischiano ben oltre 100 volte di più di essere intubate e ricoverate in terapia intensiva”. Anche in Friuli stesso discorso: i non vaccinati nelle terapie intensive rappresentano oltre l’80 per cento del totale. “In particolare sulle terapie intensive – spiega al Foglio il vicepresidente e assessore alla Sanità del Friuli Riccardo Riccardi – l’effetto del vaccino è stato fondamentale e le sta salvando, purtroppo anche se i vaccinati finiscono in proporzione meno in ospedale, la crescita del contagio, inveve, sta comunque mettendo sotto pressione gli ospedali, è importante fare in fretta con le dosi booster”.

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