Ora i No Vax usano un antiparassitario per cavalli (Ivermectina)
I no vax rifuggono i vaccini approvati per il Covid definendoli "sperimentali", ma poi si sottopongono a cure mai sperimentate
Nonostante gli allarmi lanciati dagli enti regolatori di mezzo mondo, continua a tenere banco il caso dell’ivermectina, un antiparassitario utilizzato quasi esclusivamente sugli animali, diventata per alcuni una fantomatica terapia domiciliare efficace contro il Covid. In realtà i primi alert su questo farmaco erano già arrivati a marzo. L’Ema, l’Agenzia europeper i medicinali, all’epoca aveva concluso “che le evidenze attualmente disponibili non sono sufficienti a supportare l’uso di ivermectina per Covid-19 al di fuori degli studi clinici. Sebbene ivermectina sia generalmente ben tollerata alle dosi autorizzate per altre indicazioni, gli effetti indesiderati potrebbero aumentare se si utilizzassero dosaggi più elevati necessari ad ottenere concentrazioni di medicinale nei polmoni che siano efficaci contro il virus. Non si può pertanto escludere tossicità quando ivermectina è utilizzata a dosi superiori rispetto a quelle approvate”, spiegava l’ente regolatorio.
Sempre a marzo la Food and Drug administration (Fda), l’ente regolatorio statunitense, aveva pubblicato un avviso: “Non usare mai farmaci destinati agli animali. I preparati a base di ivermectina per gli animali sono molto diversi da quelli approvati per l’uomo”. L’avviso sembra essere caduto nel vuoto, tanto che la stessa Fda è dovuta tornare nuovamente sul punto ad agosto lanciando un appello a non curarsi contro il coronavirus seguendo notizie diffuse sui social network e senza aver sentito il parere del medico: “Non siete cavalli. Non siete mucche. Seriamente, a tutti. Smettetela”, ha scritto sui social l’agenzia del farmaco lanciando un comunicato per spiegare perché non bisogna usare l’antiparassitario contro il Covid: “L’ivermectina è spesso usata negli Stati Uniti per trattare o prevenire i parassiti negli animali. La Fda ha ricevuto più segnalazioni di pazienti che hanno richiesto supporto medico e sono stati ricoverati in ospedale dopo l’automedicazione con ivermectina destinata ai cavalli”. La segnalazione si era resa necessaria a seguito dell’allarme lanciato dai Centers for Disease Control and Prevention (Cdc) sull’esaurimento di scorte di ivermectina e il boom di prescrizioni. Negli Stati Uniti le farmacie avevano visto aumentare di 24 volte il numero di prescrizioni di questo farmaco rispetto a prima della pandemia: dal 16 marzo 2019 al 13 marzo 2020, ci sono state una media di 3.600 prescrizioni a settimana. La settimana del 13 agosto ci sono state più di 88.000 prescrizioni di ivermectina.
Molte persone utilizzano il farmaco senza prescrizione medica, ricorrendo a formulazioni destinate ad animali di grossa taglia come cavalli e bovini, con alte concentrazioni che possono causare un sovradosaggio e rischio di avvelenamento. Nel gennaio 2021, i centri antiveleni negli Stati Uniti hanno visto triplicarsi il numero di chiamate a causa dell’ivermectina rispetto al periodo pre-pandemia. Nel luglio 2021, le chiamate per l’uso di ivermectina sono ulteriormente aumentate arrivando a quintuplicarsi. “Gli effetti clinici dell’overdose da ivermectina – spiegano i Cdc – includono sintomi gastrointestinali come nausea, vomito, diarrea. Le overdosi sono associate con ipotensione ed effetti neurologici come una diminuita coscienza, confusione, allucinazioni, convulsioni, coma e morte”.
I No vax europei e statunitensi sembrano quindi uniti da questo grande paradosso: rifuggono vaccini approvati specificamente per il Covid e sottoposti a una rigida farmacovigilanza considerandoli “terapie sperimentali”, per poi sottoporsi a cure realmente mai sperimentate arrivando ad assumere antiparassitari ad uso veterinario autorizzati solo per la cura di altre patologie. Esponendosi così, oltre ai rischi dello stesso Covid, anche a quelli di potenziale avvelenamento da ivermectina.