Ansa

Un appello a più voci

Vaccini anti demagogia. Girotondo Fogliante

Un insegnante, uno chef, un giornalista, un carabiniere, un sindacalista, un medico e un cinquantenne spiegano agli amici no vax (e anche no green pass) perché è ora di finirla con lo sciocchezzaio

Basta con la demagogia: vaccinatevi e accettate il green pass: raccolto in questa pagina, l’appello a più voci è rivolto alle rispettive categorie professionali o anagrafiche, là dove si annida il dubbio o si manifesta più apertamente il rifiuto della copertura vaccinale, unica strada per affrontare questa coda di pandemia e tornare a una vita senza restrizioni.

 

Chi non vuole vaccinarsi non venga a scuola

Tra oggi e domani in tutte le scuole italiane si riuniranno i collegi docenti: si riuniranno per modo di dire, perché ogni insegnante sarà collegato da remoto, un po’ sordo e un po’ cieco, cercando di afferrare quello che viene detto, tra fischi, crepitii, oscurità improvvise, mille problemi di comunicazione. Insieme ancora non ci possiamo stare, perché il morbone striscia come un serpente velenoso e soprattutto perché il 10 per cento dei professori ancora non risulta vaccinato. Non c’è stato niente da fare, ogni tentativo di persuasione, ogni prova oggettiva, ogni velata minaccia non sono riusciti a scalfire la diffidenza di quella compatta falange di ostinati. Sono persone laureate, gente di cultura che legge, guarda i telegiornali, ascolta i dati quotidianamente, ma che scuote la testa, punta i piedi e si rifiuta di farsi la benedetta punturina. Tutti, credo, abbiamo un amico, un cugino, un conoscente che non ha accettato la vaccinazione: abbiamo messo in campo tutte le nostra capacità dialettiche, siamo stati morbidi e duri, comprensivi e determinati, ma la rocca dei No vax, No green pass, no-tutto sembra inespugnabile. E’ una tipologia umana che mi è capitato di incontrare varie volte nella vita, è quel genere di persone che ha bisogno di credere che dietro ogni semplice e triste verità ci sia una mano nera che muove le pedine, che organizza disastri, che dondola il pendolo davanti ai nostri occhi per ipnotizzarci e renderci deboli e obbedienti. Sono quelli che frugano tra le pieghe di internet cercando conferme sulla occulta regia che sta dietro all’attentato delle Torri gemelle, alla uccisione di Bin Laden, e anche alla presunta morte di Jim Morrison e di Kurt Cobain. Loro non se le bevono le verità ufficiali, e in qualche modo si sentono rassicurati dall’idea che un Grande Vecchio o una Trimurti malefica o un Superclan di manipolatori sia alle spalle di quasi tutto quello che accade. Non gli basta pensare che la vita è fatta così, che la natura è crudele e ogni tanto si scatena seminando pestilenze, colera, sconquassi di ogni genere. Troppo facile, troppo evidente: ci deve essere per forza un progetto criminale, una volontà precisa e maligna che ha organizzato tutto quanto. Persino quando ci fu la campagna di vaccinazione per la poliomielite si creò un fronte abbastanza vasto di diffidenti, tanto che negli Stati Uniti furono costretti a arruolare star della musica e del cinema per convincere i dubbiosi: persino Elvis Presley lanciò un appello in televisione. Elvis Presley, ma mica crederai che è morto? Lo hanno visto in un McDonald del Texas due anni fa, grassissimo e felice, ribatte il No vax. E così l’anno scolastico riparte tra mille incertezze. I renitenti al vaccino si appellano a principi ridicoli, la libertà, la democrazia, il diritto di scelta, e chi li spinge a mettersi in regola per il bene di tutti viene accusato di essere un prepotente, un fascista, una pecora persa nel gregge degli stolti. A questo punto, dopo aver provato in tutti i modi di piegare tanta ostinazione, non resta che imporre l’obbligo del vaccino. Se vuoi entrare in classe, fare lezione, stare con i ragazzi e con i colleghi devi offrire la spalla all’aghetto, altrimenti te ne stai a casa tua sul divano. Se tu non vuoi vaccinarti, noi non vogliamo averti tra i piedi. Non possiamo accettare mine vaganti pronte ad esplodere da un momento all’altro. Già in classe dovrò spiegare per ore e ore con la mascherina sul viso, boccheggiando, ansimando, sempre a distanza di sicurezza dai primi banchi, sempre sotto un’invisibile spada di Damocle. Non posso beccarmi anche il collega strafottente e minaccioso che mi alita in faccia il suo disprezzo e forse anche atomi di virus. Non mi va di essere ricacciato dietro un computer, nel tinello o nel bagno del mio appartamento, con tre figli mezzi addormentati e depressi in Dad e una moglie professoressa che fa lezione dal telefonino in terrazza, perché la casa è piccola e i computer insufficienti. Voglio tornare a scuola e fare il mio dovere di insegnante, e anche prendermi tutto il piacere di passare la mattinata con studenti casinisti, allegri, a volte anche attenti a quello che dico. Chi non vuole vaccinarsi non venga, si senta più intelligente o più furbo degli altri, ma lontano dalla fragile bellezza della scuola.
Marco Lodoli, scrittore e insegnante

 

Amici ristoratori, diventate ambasciatori del green pass 

Lo dico con rispetto ma lo dico con decisione anche ai miei colleghi e ai miei amici: protestare contro il green pass non serve, non ha senso, è sbagliato e controproducente, e questo strumento rappresenta per noi, per la nostra categoria e l’Italia intera, uno strumento valido, indispensabile, nell’ottica della convivenza con il virus. I colleghi ristoratori che si dicono contrari non capiscono che è in gioco la possibilità di tenere aperte le nostre attività, qualora nei prossimi mesi dovesse esserci una ripresa dei contagi. La storia, bisogna essere realistici, dimostra che tutte le pandemie non si sono risolte nel giro di un anno e dunque possiamo solo attrezzarci, oggi, per tornare a una vita quasi normale, mentre il virus continuerà inevitabilmente a circolare ancora. Il green pass da questo punto di vista è un ingrediente fondamentale nella ricetta che la politica deve preparare per il futuro e dal mio e dal nostro punto di vista la politica che ha una visione è questa: quella che tiene conto delle preoccupazioni e delle indicazioni degli scienziati e che poi prende decisioni autonome. Il green pass, in questo senso, è una mediazione giusta, efficace, così come misure efficaci sono quelle che hanno permesso con tempestività ai ristoranti di organizzare rapidamente dei dehor all’esterno, costringendo la politica stessa a ripensare agli spazi nelle città. Dall’esperienza della pandemia dobbiamo non solo a vivere all’interno di una comunità ma anche a essere efficienti. La velocità di reazione oggi è la cosa più importante. Lo è per la politica e lo è anche per i cittadini. E a chi non si è ancora vaccinato dico: fidiamoci della scienza e impariamo a proteggere gli altri per proteggere noi stessi. E soprattutto: quando la politica agisce con efficienza proviamo ad ascoltarla non a ostacolarla. 
Enrico Pierri, chef del ristorante IlSanlorenzo, Roma (testo raccolto da Nicola Contarini)

 

Siamo stanchi, basta sponde agli estremisti no vax

Le recenti notizie di azioni violente e intimidatorie rivolte a  colleghi e giornalisti, impegnati o coinvolti  nella realizzazione, o nel racconto, della campagna di  vaccinazione anti Covid, mi spinge a  scrivere, innanzi tutto per manifestare solidarietà e sostegno alle vittime di queste deprecabili azioni, ma soprattutto per esprimere, come operatore di sanità pubblica impegnato in prima linea sul fronte della vaccinazioni, la mia indignazione e preoccupazione per  i contorni e i toni che vanno assumendo la discussione e il confronto pubblico sui temi del green pass e dell’obbligo vaccinale. 

La campagna vaccinale anti Covid, ricordiamo la più imponente e impegnativa campagna di vaccinazione che sia mai stata fatta, si sta svolgendo in modo egregio: più del 70 per cento della popolazione è stata vaccinata e sono stati regolarmente raggiunti e spesso superati gli obiettivi individuati nel piano nazionale e nei piani regionali. 
I dati epidemiologici e le evidenze scientifiche ci dicono che, senza e se senza ma, il vaccino funziona e ha una straordinaria efficacia nella riduzione della circolazione del virus e soprattutto nel portare quasi a zero i ricoveri, i casi gravi e i decessi. Che non sono solo numeri, ma rappresentano il nucleo duro della sofferenza, delle angosce e del dolore, per evitare i quali abbiamo, a livello globale, imposto e sostenuto sacrifici e restrizioni. Il vaccino è quindi l’unica via di uscita da questa emergenza. Già all’inizio della campagna vaccinale, il sociologo americano Zeynep Tufekci, sule pagine di Internazionale osservava che “quando il vaccino contro la poliomielite fu dichiarato sicuro ed efficace, la notizia fu accolta con grandi manifestazioni d’esultanza. Le campane delle chiese e le sirene delle fabbriche suonarono in tutti gli Stati Uniti. ‘La poliomielite sarà sconfitta’, titolarono i giornali. ‘Una vittoria storica’, ‘monumentale’, ‘sensazionale’, esclamavano i giornalisti. La gente esplose di gioia: alcuni ballavano nelle strade, altri piangevano. I bambini uscirono da scuola prima per festeggiare”.

Per il Covid non è stato così. La comunicazione e l’informazione sui temi della pandemia è sempre stata conflittuale e divisiva. Invece di alimentare un ottimismo equilibrato, fondato sulle progressive e consistenti evidenza di efficacia dei vaccini, si sono invece alimentate polemiche distorsive sulla presunta inferiorità o superiorità di un vaccino rispetto ad un altro o i timori per le nuove varianti.  Soprattutto hanno preso corpo e voce movimenti e gruppi, che con vari e diversificati (e divaricati) sfondi ideologici, retropensieri e finalità, hanno amplificato e diffuso messaggi pessimistici cavalcando l’opposizione generalizzata alle misure di sanità pubblica e alla vaccinazione. Il progresso scientifico si fonda sul pensiero citrico e sul dubbio sistematico. Si può e si deve dubitare di tutto, ma nell’ambito di un percorso rigoroso e razionale di valutazione delle evidenze, e non c’è possibilità di dialogo e confronto con chi si sottrae o rifiuta queste regole. Mentre infatti da parte dei medici vaccinatori c’è la massima disponibilità confrontarsi con i cittadini per garantire loro informazioni e chiarimenti per dirimere e fugare dubbi e incertezze che sono comprensibili e giustificati, l’esperienza maturata negli anni ci insegna che purtroppo non c’è possibilità e spazio di confronto con i No vax “duri e puri”. Che in nome di una fraintesa libertà di   pensiero e di azione, si sottraggono a ogni regola di confronto e di convivenze e non a caso spesso, non avendo argomenti, insultano e aggrediscono, e non solo verbalmente, i loro interlocutori. Proprio per questo, soprattutto in questa fase dell’emergenza  nella quale serenamente e con pazienza ci si deve confrontare con gli indecisi e gli esitanti,  è essenziale che gli estremisti del radicalismo no vax non abbiamo sponde e sostegno in chi in nome di una fraintesa libertà rivendichi il diritto di sottrarsi alla vaccinazione, che invece  è certamente la scelta migliore sul piano della salute individuale, ma soprattutto deve essere una scelta convinta e consapevole  di responsabilità e solidarietà. 
Enrico Di Rosa, coordinatore Collegio operatori Società italiana di Igiene, medico di Sanità pubblica

 

Cari cinquantenni, la vostra libertà finisce dove inizia la mia

Le foto di spiagge e località amene le abbiamo postate, nei ristoranti ci siamo andati e ci stiamo andando, ad agosto col picco di temperature prima ti sei messo a cantare E la chiamano estate e poi hai provato a organizzare le tue vacanze last minute e ti hanno risposto: ci dispiace ma siamo pieni da mesi. Qualcuno di noi è sceso pure in piazza molto nervoso e ha gridato ai quattro venti improperi contro il green pass e ai suoi seguaci spandendo aerosol infetti, insomma, come ha detto il presidente della Fondazione Gimbe, Cartabellotta: l’estate l’abbiamo salvata per merito della campagna vaccinale ma ora ci sono ancora 3,5 milioni di over 50 di non vaccinati. Che appunto pochi non sono e possono creare problemi. E poi quei 3,5 milioni e passa sono miei coetanei, che ne ho 55 anni, quindi, è pure una questione di categoria. Categoria strana, c’è chi corre i 100 metri e la maratona, sportivissimo e tonico e chi ripete che da domani cambia vita per levarsi i 10 chili di troppo, chi ieri ragionava secondo logica e oggi vede microchip dappertutto, chi ha già tirato i remi in barca perché rinunciatario o perché, al contrario, un giorno si è svegliato e ha pensato: sapete che c’è, io ho svoltato, mò so’ cazzi vostri. Ecco, mettiti ora a convincere questi tizi, e poi i dubbiosi, i rissosi, gli illogici che forse è il caso di farsi ‘sto vaccino, così andiamo avanti, tagliamo i viveri, lo facciamo circolare di meno il maledetto ceppo virale Sars-CoV-2, liberiamo le corsie ospedaliere, ricicliamo in maniera ecosostenibile miliardi di mascherine e ci prepariamo a un bell’inverno – daje che poi appunto ci sono le settimane bianche, il semestre bianco, l’elezione del Presidente – e poi è un attimo, subito arriva la prossima stagione primavera/estate e già dobbiamo prenotare la vacanza. Ok, ma come? Sono al lavoro pubblicitari, psicologi delle masse e pure quelli come me, genericamente chiamati umanisti che, almeno nel mio caso, hanno ormai sviluppato una scarsa fiducia nella specie dei sapiens che non cambia proprio, semmai si adatta e quindi finisce che inneggia alla intelligenza artificiale (quindi in sostanza sarebbero per i microchip) perché quanto più il mondo si complica, tanto più aumenteranno le complicazioni umane, e le deliberazioni a un certo punto saranno difficilissime: dai, siamo casi difficili, facciamoci aiutare. Quindi che dire alla mia classe di rappresentanza? Forse alcuni di voi pensano che l’Rna modifichi il Dna. No e dai, questo no, va bene che ai nostri tempi la biologia si faceva poco e male e va bene che nessun ministro dell’Istruzione si è mai sognato di mettere obbligatoriamente un corso avanzato di evoluzione darwiniana, ma davvero state tranquilli: l’Rna vaccinale al nucleo non ci arriva proprio, punta al ribosoma: è lì che va, sennò come la codifica questa proteina Spike? E poi se non vi fate iniettare Rna vaccinale, prima o poi arriva quello virale che invece  ha un sistema per replicare se stesso e formare due filamenti, e quelli sì che poi modificano il Dna. Quindi se non vi vaccinate poi alla fine finisce che vi vaccinate a forza di Sars: altro che lievissimi danni e male al braccio: sono guai seri e l’abbiamo visto. O forse molti della categoria suddetta non sopportano la stato paternalistico? E vi capisco, pure io ho fortissimi moti di rabbia quando qualcuno mi dice di portare giù l’immondizia per il bene della casa comunità. Siamo individui responsabili, quindi facciamo da soli. Però siamo sempre là, al conflitto insanabile tra individuo e comunità, altrimenti Sofocle avrebbe pensato ad Antigone senza Creonte e invece pur vecchierello Sofocle ce l’ha detto: individuo e comunità si fronteggiano. Tuttavia, lo vedete ogni giorno che il ceppo virale  attacca l’individuo e la comunità, quindi meglio che in questo caso le due dimensioni facciano la pace, in nome di un bene superiore, così a pericolo sgominato torniamo al conflitto insanabile tra individuo e  comunità e sdraiati al mare, e come se fosse la prima volta, urliamo: la tua libertà finisce dove comincia la mia. 
Antonio Pascale. scrittore, 55 anni

 

Per il sindacato è ora di promuovere una campagna vaccinale

Negli ultimi giorni il clima di tensione legato all’introduzione del green pass per l’accesso a diversi servizi pubblici e privati si sta riversando pericolosamente sulla libertà di stampa. A farne le spese, infatti, non sono soltanto i giornalisti che hanno subito o rischiano di subire aggressioni svolgendo il proprio lavoro, ma anche l’intera cittadinanza che vede ostacolato il diritto a un’informazione libera e affidabile. Come sindacato, reputiamo essenziale fuoriuscire dalla contrapposizione tra pro e no vax, promuovendo una campagna vaccinale capillare su tutti i luoghi di lavoro, a tutela della salute e della sicurezza di tutta la comunità.
Giulia Guida, segretaria nazionale Slc Cgil

 

Vacciniamoci tutti, noi carabinieri: lo dobbiamo anche a chi è caduto

L’Arma dei Carabinieri, ogni singolo carabiniere, insieme con le altre Forze di polizia, il personale medico e gli operatori sanitari, fin dall’inizio della pandemia è impegnata con determinazione e massima dedizione nell’affrontare l’emergenza Covid-19, in particolar modo per supportare e sostenere tutti i cittadini e alleviare i disagi e le sofferenze che il virus porta con sé. La capillarità e la presenza sul territorio dell’Arma, con le oltre 5.500 stazioni e presidi, ha consentito una pronta e immediata risposta alle tante richieste di aiuto, spesso anche non esplicitate, provenienti da ogni parte d’Italia, specialmente nei lunghi periodi di lockdown. Lo spirito di servizio e d’iniziativa di ogni carabiniere, in questi lunghi mesi, ha permesso una vicinanza reale e concreta dello stato ai cittadini. Il carabiniere, infatti, talvolta è stato l’unico contatto e presenza fisica per tantissime persone anziane, sole o in difficoltà, impossibilitate a uscire dalla propria abitazione e a incontrare i famigliari o gli amici non solo per le restrizioni, ma spesso per la grande paura di essere contagiate. In tali contesti la risposta fornita dall’Arma ha realmente consentito di far toccare con mano la presenza viva delle istituzioni. L’Arma dei Carabinieri, infatti, non solo ha aumentato il controllo del territorio nei periodi di lockdown e durante il coprifuoco, per garantire una maggiore sicurezza ai cittadini nelle proprie abitazioni, ma ha anche fornito varie forme di assistenza concreta alla collettività: tante le pensioni ritirate alla Posta dai carabinieri e consegnate direttamente alle persone anziane nelle proprie abitazioni, per evitare loro il rischio di contagio; molti i beni di prima necessità, gli alimenti e i farmaci acquistati da carabinieri e consegnati a casa di persone in difficoltà o bloccate dalla paura di uscire; tanti i giochi donati a bambini che sono stati notati da carabinieri, nel corso del proprio servizio di pattuglia, affacciarsi, impauriti dall’emergenza, alle finestre delle proprie case osservando sconsolati, da lontano, le altalene immobili del parco giochi; innumerevoli le lunghe conversazioni telefoniche tra carabinieri e persone sole e impaurite che, componendo il 112, cercavano un po’ di conforto in una voce sempre presente e sicura; tantissime, ancora, le persone anziane, o in difficoltà, aiutate dai carabinieri a prenotare il proprio vaccino “on line”. Tutte queste iniziative, spesso di singoli carabinieri, sono state duramente colpite anche dal decesso per Covid-19 di 30 militari e più di 11.000 infettati. I focolai nelle caserme dell’Arma sono stati prontamente isolati e nessuna stazione è stata chiusa, garantendo sempre il controllo del territorio.
Fin dai primi mesi di quest’anno è stata data la possibilità di vaccinarsi anche a tutti gli operatori di polizia. L’Arma, anche in questa fase, ha risposto con convinzione, ed oggi circa il 97 per cento dei carabinieri sono immunizzati, tra vaccinati e guariti. La risposta è stata buona ed è proprio questo il momento in cui non bisogna abbassare la guardia: l’Arma, al pari delle altre Forze di polizia deve continuare a garantire la propria presenza sicura tra i cittadini come ha fatto in questi mesi e, per tale motivo, è fondamentale vaccinarsi tutti e presto. A tal proposito recentemente il Comando generale dell’Arma ha diffuso tra tutti i militari un video creato con il supporto di esperti, al fine di incentivare a vaccinarsi chi avesse ancora dei dubbi. 

Noi carabinieri, come tutti gli operatori di polizia, dobbiamo essere consapevoli dell’importanza del vaccino anti Covid-19 perché non possiamo dimenticarci che, essendo costantemente al servizio di tutti i cittadini, specialmente in questo delicato momento, non dobbiamo assolutamente rischiare, nemmeno potenzialmente, di essere veicoli del virus e contagiare chi in noi cerca un aiuto sicuro; per lo stesso motivo non possiamo rischiare di contagiare le nostre famiglie, i nostri amici e i nostri cari e, soprattutto, essendo al servizio del bene comune e a tutela dei cittadini, dobbiamo vaccinarci perché non possiamo permetterci di ammalarci. Vacciniamoci tutti, lo dobbiamo ai 30 colleghi carabinieri e ai tanti deceduti per Covid-19 delle altre Forze di polizia che, molto probabilmente, se avessero potuto, si sarebbero vaccinati.
Andrea Zapparoli, tenente colonnello dell’Arma dei Carabinieri
 

Contro il green pass per il vaccino (pronto anche per la quarta dose)

Io mi sono vaccinato e anche rivaccinato, ho fatto il vaccino contro la polmonite cinese così come ho sempre fatto qualsiasi vaccino capiti a tiro, tutti gli anni quello antinfluenzale, per dire. Esistessero virus contro l’Alzheimer, il Parkinson, l’infarto, il cancro, li farei all’istante. Il vaccino contro l’herpes zoster esiste e stavo pianificando di fare pure questo quando è scoppiata la nota pandemia e in Occidente non si è pensato ad altro (dico Occidente perché il covidismo è un ismo soprattutto occidentale, chi è appena stato in Armenia mi racconta che laggiù al virus non pensano proprio, vivono senza mascherine, lasciapassare, distanziamenti, e siccome credono ancora in Dio durante le messe si assembrano tanto). Sono un allopatico, le medicine mi sono sempre piaciute, mi entusiasmano gli anestetici: chiederei la morfina anche per la pulizia dei denti. Lo considero fra l’altro un atteggiamento razionale, se dalla Roma del Primo secolo all’Italia del Ventunesimo la speranza di vita è passata dai 22 agli 82 anni non è perché Draghi è quasi quattro volte meglio di Augusto, non scherziamo, è perché i farmaci moderni sono quasi quattro volte meglio di impiastri e salassi. 
Io mi sono vaccinato e sono pronto per la terza dose e per l’eventuale quarta. Con fiducia relativa perché nulla di ciò che appartiene a questo mondo merita fiducia assoluta. Merita però un calcolo costi/benefici, finanche spannometrico, e vista la mia classe di età e la mia disponibilità al contatto fisico (mi onoro di non aver mai negato, negli ultimi 18 mesi, la mano a chi mi tendeva la mano, l’abbraccio a chi voleva essere abbracciato) credo che le indicazioni siano maggiori delle controindicazioni. Che certamente esistono e se non esistessero vorrebbe dire che Francesco Figliuolo sta iniettando placebi: anche il prezzemolo ha controindicazioni! Perciò non va bene che i perplessi vengano dileggiati, che i contrari vengano minacciati, che una mia amica dottoressa, scrupolosissimo, studiosissimo medico di base, debba rilasciare interviste protetta dall’anonimato, siccome i suoi dubbi riguardo la vaccinazione delle donne incinte la espongono alla radiazione dall’albo. Vaccinismo e antivaccinismo sono due forme del dualismo contemporaneo dal quale, cristiano e pertanto antimanicheo, mi chiamo fuori: il vaccino non rende immortali, il non vaccino non condanna a morte rapida. In mezzo a questi opposti fanatismi bisognerebbe trovare uno spazio per cercare, sperimentare, discutere senza rischiare il linciaggio. 
Io mi sono vaccinato non certo per dovere civico: sono antisocialista e antisociale, l’ho fatto per me e ancor più per i miei cari che magari vorrebbero avermi ancora un po’ fra loro. Forse si è capito, e non si è capito lo esplicito ora, che sono sì vax e no pass. Perché il vaccino è un fatto sanitario e il passaporto un fatto politico. Perché la salute senza la libertà è quella cosa che si garantisce agli animali d’allevamento. Essendo una posizione non binaria la mia è una posizione ultraminoritaria, capace di attirarmi ostilità da entrambi gli schieramenti. Pazienza.
Camillo Langone

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