(foto LaPresse)

Perché la pandemia ha reso evidente il guaio dell'intramoenia

Silvio Garattini*

E' ora che il governo cancelli con grande priorità questa situazione, in contrasto con la Costituzione e la legge che ha istituito il Servizio sanitario nazionale

La presenza del virus Sars-Cov-2 con il suo fardello di ospedalizzazioni e di morti ha messo a soqquadro il Servizio sanitario nazionale (Ssn) determinando altri notevoli danni alla salute personale e pubblica. Infatti molti degli ammalati di tante altre malattie non hanno potuto essere operati e curati in modo adeguato, aumentando, per questa ragione, le vittime non attribuibili al Covid-19.  Ancora  oggi, pur con una ridotta, ma in aumento a causa della variante Delta, pressione sulle strutture ospedaliere è relativamente complicato ottenere un esame o una visita specialistica. Le liste d’attesa sono molto lunghe e spesso vengono prolungate per molte ragioni. In particolare mancano medici e infermieri, anche a causa della continua fuga di cervelli verso lidi stranieri più ospitali e remunerativi. Tuttavia, c’è una parola magica che viene sovente pronunciata quando qualcuno si lamenta per la prospettiva di una troppo lunga lista d’attesa rispetto alle proprie necessita di salute: intramoenia. 

Non è la prima volta che il latino serve a dare risposte che non siano comprensibili, ma in questo caso si capisce subito. Intramoenia, dentro le mura, è una vecchia formula per dire che all’interno dell’ospedale ci sono oggi due itinerari.

Il primo è quello pubblico, per cui nel 1978 è stato realizzato il Ssn con le caratteristiche di universalità, equità e gratuità che, purtroppo, ammette alle liste d’attesa. Il secondo è quello che riguarda il sistema privato, introdotto furtivamente nel pubblico. A pagamento, diretto o attraverso un’assicurazione si può avere tutto nelle stesse strutture, con le stesse apparecchiature e gli stessi professionisti che vengono pagati da fondi pubblici.

In pratica, per molti aspetti, non per le situazioni più gravi, ma certamente per quelle più numerose siamo ritornati a un sistema ante Ssn, quando chi aveva soldi aveva cure e chi non li aveva peggio per lui! 
E’ fonte di meraviglia osservare che non ci sia una reazione da parte delle organizzazioni dei pazienti, dei comitati etici, dei sindacati e da quanti altri sostengono di essere difensori dei diritti del popolo. E’ anche incredibile che, nell’ambito della discussione sulle necessarie riforme del Ssn, questo problema non venga toccato anche se è fonte di un malumore generalizzato nella parte meno benestante della società. Si deve certamente aggiungere che molti medici, consci della loro missione, non utilizzano l’intramoenia, ma ciò non risolve il problema.  Si calcola che l’intramoenia aggiunga allo stipendio del medico che la esercita poco più di 20.000 euro all’anno, con notevoli differenze per specializzazione e, come al solito, per regione del paese.

E’ ora che il governo cancelli con grande priorità questa situazione, in contrasto con la Costituzione e la legge istitutiva del Ssn. Una parte dei cospicui fondi europei deve trovare la sua utilizzazione in questa area. Occorre ricordare, in questo senso, che lo sbandierato basso costo per persona del Ssn rispetto ad altri paesi dipende dai bassi stipendi del personale sanitario italiano rispetto alla media dei paesi europei considerata la correzione per la parità del potere d’acquisto.  Occorre quindi migliorare la situazione economica dei medici e del personale sanitario, ma impedire ogni attività di tipo privato all’interno o all’esterno del Ssn. Chi vuol far parte del Servizio sanitario nazionale  deve sentire la sua appartenenza pubblica come un titolo privilegiato, ma deve anche essere tutelato dalla fuga in altri paesi più consapevoli del fatto che una buona sanità aperta a tutti finisce per avere anche una grande influenza sul lavoro e sull’economia del paese.

Anche se il privato esce dal pubblico, per garantire minori liste d’attesa occorre moltiplicare la formazione del personale sanitario. Abbiamo bisogno di più medici rinforzando le scuole di medicina esistenti, evitandone la diffusione sul territorio che determina un abbassamento dei livelli di formazione. L’errore nella programmazione del numero dei medici necessari per un buon funzionamento del Ssn deve essere corretto al più presto possibile. E’ necessario che questo governo agisca rapidamente se vuole essere ricordato come sostenitore della salute pubblica.

 

*presidente Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri Irccs