Giorgio Benvenuto (Foto Ansa)

Giorgio Benvenuto (ex Uil): "Sul Green pass il sindacato non può avere esitazioni"

Luciano Capone

"Sulla salute dei lavoratori non ci possono essere distinguo, tra i diritti  dei singoli non può esserci quella di contagiare gli altri lavoratori. Alla base del sindacalismo c’è la solidarietà e cos’è il vaccino se non solidarietà?”. Parla lo storico segretario generale della Uil

"Alla fine del 2019 ci siamo incontrati con tanti amici e compagni per ricordare i 50 anni dell’autunno caldo, ora molti di loro non ci sono più, vittime del Covid, un nemico insidioso. Ma per fortuna la scienza ha fatto miracoli con i vaccini e il sindacato deve cogliere questa occasione, trasformando la sua posizione negativa in propositiva”. Giorgio Benvenuto è stato insieme a Luciano Lama (poi sostituito da Bruno Trentin) e a Pierre Carniti un perno del tridente del sindacalismo italiano, un po’ come Gullit-Van Basten-Rijkaard e Maradona-Giordano-Careca per il calcio.

 

Oggi lo storico segretario generale della Uil, rispetto alla posizione ambigua e balbettante di Cgil, Cisl e Uil sul green pass dice: “I vaccini sono necessari, non ci possono essere esitazioni. Chi oggi dirige il sindacato si trova in una situazione completamente nuova, rispetto ai miei tempi c’è una società più frammentata e individualista, dove ognuno è certo di avere le idee giuste. E poi siamo tutti frastornati da come sui media si è discusso dell’epidemia e dei vaccini…”. Ma? “Ma sulla salute dei lavoratori non ci possono essere distinguo, tra i diritti e le libertà dei singoli non può esserci quella di rischiare di contagiare gli altri lavoratori e cittadini. Alla base del sindacato c’è la solidarietà e cos’è il vaccino se non solidarietà?”.

 

Benvenuto non intende rimproverare i leader della Triplice “perché stimo gli attuali dirigenti del sindacato e soprattutto perché la cosa peggiore che può fare chi è stato sindacalista è dare lezioni ai successori”. Però? “Però bisogna fare di tutto per far vaccinare i lavoratori. I sindacati avevano preso un’importante iniziativa con la firma del protocollo sulla sicurezza che ha fatto ripartire il lavoro allo scoppio dell’emergenza. L’hanno fatto discutendo e trattando, senza avere bisogno del governo. Ora il nuovo governo e le parti sociali devono trovare un’intesa sul green pass per incrementare le vaccinazioni – dice – perché questa è una garanzia generale per la salute”. Per come si sono messe le cose non pare un’operazione semplice. “Purtroppo esiste e resiste un sentimento di non fiducia reciproca, un antagonismo latente ma perdente”. E da chi dipende questo clima di ostilità e sfiducia? “Non è colpa solo di uno, ma negli ultimi anni c’è chi ha visto il sindacato come un ingombro, un ferro vecchio. Non è così. E la dimostrazione è proprio quell’accordo che ha fatto ripartire le attività produttive, un fatto straordinario nella storia del nostro paese. Se ora c’è una forte ripresa è merito di quell’intesa, che è stata raggiunta discutendo e non perché qualcuno ha detto: ‘Si fa così’”.

 

Ma il dialogo deve arrivare a una conclusione, il virus non aspetta. “Certo, non può essere uno scarico di responsabilità. Ma come ha detto al Foglio Savino Pezzotta, bisogna contrattare. E’ questo il ruolo del sindacato, non può dare la delega ad altri. Bisogna discutere e ascoltare i lavoratori, ad esempio sulle mense dove ci sono problemi specifici”. Si invoca una legge? “Anche questo green pass, che è necessario, quando vai in giro non te lo controlla nessuno. La soluzione non deve essere burocratica, ma effettiva”.

 

Come funzionava ai suoi tempi? “Sulla salute la tendenza era di monetizzare il rischio, non di ridurlo. Ma la salute della persona va difesa più di ogni altra cosa. Istituimmo nei consigli di fabbrica i delegati alla sicurezza, perché il contrasto agli incidenti non si fa solo con i cartelli, gli avvisi e le leggi. Si fa concretamente,serve collaborazione tra impresa e sindacato”. Qui però sono i lavoratori, pochi, a essere scettici sui vaccini. Il sindacato non deve rappresentare anche loro? “Ricordo la battaglia contro la poliomielite, anche allora esistevano preoccupazioni, ma ci fu un impegno fortissimo a favore dei vaccini. Serve lo stesso sforzo. Il sindacalista non può essere un agitatore, come certi politici. E’ un negoziatore, deve arrivare a un accordo”.

 

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali