Savino Pezzotta (ex Cisl): “Dovevano essere i sindacati a pretendere il Green pass”

Luciano Capone

“La posizione sui vaccini di Cgil, Cisl e Uil è sbagliata, non risponde ai princìpi e ai valori del sindacalismo che sono solidarietà e responsabilità. Storicamente il sindacato ha sempre avuto un ruolo pedagogico, e dovrebbe esercitarlo". Parla l'ex segretario generale della Cisl

“E’ una posizione che non capisco nonostante abbia fatto per tanto tempo il sindacalista. Proprio non la comprendo. Non vedo neanche che motivazioni abbia. Il sindacato dovrebbe garantire il massimo di sicurezza per tutti”. Savino Pezzotta, storico segretario generale della Cisl, è sbalordito e sconfortato di fronte alla posizione ostruzionista di Cgil, Cisl e Uil rispetto ai vaccini e al green pass in fabbrica. “Credo che questo modo di fare del sindacato sia sbagliato e non risponda ai princìpi e ai valori del sindacalismo, che sono solidarietà e responsabilità. Così il sindacato abdica al proprio ruolo”. E da che cosa dipende? “Denota un limite, quello di aver accentuato il tema dei diritti tralasciando il tema dei doveri. I diritti hanno un valore nella misura in cui si incardinano in doveri che valgono per tutti. E ora c’è prima di tutto un dovere di solidarietà: devo fare in modo che io riduca al minimo la possibilità di trasmettere il virus al mio compagno di lavoro”.

 

I sindacati sostengono che i protocolli attuali, fatti di distanziamento plexiglas e mascherine, garantiscono la sicurezza sui luoghi di lavoro. Mentre è la Confindustria a pretendere vaccini e green pass. “Non riesco a capire il perché di questo atteggiamento. Qui si è ribaltato tutto: dovevano essere i sindacati a costringere gli imprenditori a garantire i lavoratori. L’imprenditore ha responsabilità sull’azienda e sulla produzione, ma anche sulla sicurezza di chi lavora. Se l’imprenditore non lo fa da solo, va obbligato”. Il sindacato dice che non vuole il green pass, ma va bene un obbligo vaccinale per legge. Dice di no alla contrattazione aziendale perché deve decidere il governo, ma poi quando arriva il decreto sul green pass a scuola si oppone… Non è tutto contraddittorio? “E’ un modo di non assumersi la responsabilità – dice Savino Pezzotta –, dovrebbe essere il sindacato a pretendere il green pass. Non sono uno scienziato, ma ormai tutti sappiamo che il vaccino sta dimostrando un effetto positivo e, dopo aver visto nella mia città il dramma dei camion che trasportavano i morti, bisogna far valere il principio di precauzione. Nei lavori in cui c’è contatto con gli altri c’è un obbligo morale prima che legislativo di vaccinarsi”. Ma come si deve procedere? “Sarebbe stato opportuno e necessario che il sindacato, anziché chiudersi, avesse aperto una contrattazione con le controparti pubbliche e private per definire come tutelare i lavoratori e come i lavoratori si autotutelano. E’ la contrattazione lo strumento”.

 

Ci sono però lavoratori che non saranno No vax, ma hanno paura del vaccino. Non vanno rappresentate le loro preoccupazioni? “Quando incontra incertezza e diffidenza, il compito di un sindacalista è quello di dare una certezza contrattando. La sicurezza non è solo una garanzia individuale, ma anche collettiva, soprattutto durante un’epidemia”. C’è forse da parte dei sindacati confederali la paura di perdere iscritti a favore di sigle di base che sono su posizioni più radicali contro i vaccini? “Il sindacato ha sempre avuto un ruolo pedagogico. E dovrebbe esercitarlo. Qual è il bene del lavoratore se non la sua salute? Il green pass tende a garantire meglio la salute. E allora devo sfidare gli scettici, dando una speranza e una visione complessiva della questione. Non vinceremo la pandemia con la paura, ma con il coraggio”. Ma se sono in tanti ad avere paura? “La grande maggioranza dei lavoratori si è vaccinata per responsabilità. Non ha aspettato le indicazioni di nessuno. Il sindacato non può assecondare modelli che non siano orientati al bene comune. Questo bene è la salute di tutti e il green pass la può garantire meglio”.

 

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali