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Il Foglio salute

Il salto che manca per sconfiggere il Covid

Rosaria Iardino

Non di specie, ma etico, e passa dall’abbattere i confini per trasformare i vaccini in bene comune

Che ci sia una indissolubile relazione tra l’uomo, l’ambiente e gli animali è un insegnamento che ci sta dando il Covid. Se è vero che in ogni situazione, anche nella più drammatica, ci sono delle lezioni che si possono imparare, allora non si può non tener conto di un fatto importante: non avremo una seconda chance per ragionare a fondo sul fatto che prendersi cura di noi stessi, al di là del virus, significhi tener conto del legame succitato. Quando si parla di tutela dell’ambiente non ci si riferisce solo al green, argomento di gran moda in questo periodo, ma a un contesto più ampio nel quale l’intervento umano è spesso decisivo nel definire scenari futuri.

Non è certamente colpa dei pipistrelli se c’è stato lo spillover, ovvero il salto di specie che permette a un patogeno di passare da una specie all’altra, e non è certo solo colpa del luogo in cui tutto ha preso inizio, se ora il mondo intero si trova a fare i conti con la pandemia. Ma se non si può parlare di colpe, è corretto almeno assumersi delle responsabilità: abbiamo capito che abbiamo creato un sistema poco rispettoso dell’ambiente, e il Covid ci ha costretto a riflettere su questo tema in modo globale, forse per la prima volta.

 

Ragionare per macroaree è certamente più complesso perché si devono superare gli interessi individuali, ma se stiamo cominciando a ragionare sull’ambiente finalmente come un bene comune non dovremmo forse fare la stessa cosa con la salute che ad esso è legata?

Via i confini dunque, anche quando si parla di vaccini. Il vaccino deve essere un bene comune e le quantità prodotte tali da garantire a tutti i popoli del mondo, in tutti i continenti, la possibilità di accedervi. Eticamente, i brevetti devono essere sospesi e l’egoismo occidentale deve mutare in solidarietà collettiva. Fare questo salto non di specie ma di etica consentirà di uscire da questa situazione che ha assunto dimensioni drammatiche. Il virus si fermerà se la maggior parte della popolazione mondiale sarà vaccinata e si raggiungerà l’immunità di gregge globale, altrimenti continuerà imperterrito per la sua strada, mutando continuamente.  A noi non resterebbe che assumere un atteggiamento di difesa, ma quanto sia stancante, e quanto pesi in termini di vittime è fin troppo evidente. Sembra paradossale parlare di piano vaccinale globale quando qui in Italia ci sono differenze di accesso alla vaccinazione da regione a regione, basti confrontare la Calabria dove le vaccinazioni non riescono a decollare e la percentuale delle inoculazioni è bassissima con il Lazio che invece è organizzato con un sistema di messaggistica molto buono e dove il piano di vaccinazione corre a pieno ritmo, ma questo non può essere un alibi e non può impedirci di vedere oltre i confini territoriali. E allora, tornando a monte, bisogna ribadire che i paesi occidentali, se vorranno archiviare la pandemia da Covid, dovranno da subito fare una pianificazione globale che tocchi tutti gli angoli del mondo, soprattutto quelli poveri. Sarebbe bello pensare che essendo la salute un bene comune questo avvenisse indipendentemente dall’interesse politico dell’occidente. Così non sarà, almeno nel breve periodo, ma non importa perché quello che non è rinviabile ora è vaccinare tutti gli esseri umani. Anche questo è un esempio di agire umano che condizionerà lo scenario futuro. Siamo davvero disposti a correre il rischio di non farcela?
 

Rosaria Iardino
Presidente Fondazione The Bridge
 

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