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Editoriali

La Salute pubblica è uguale per tutti

Redazione

Un giudice costretto a supplire alla politica inerte sui medici anti vaccino

Due infermieri e otto operatori sanitari dipendenti di due case di riposo a febbraio avevano rifiutato la vaccinazione anti Covid. Per questo sono stati sospesi dal lavoro e dallo stipendio perché non erano in condizione di esercitare la loro professione senza mettere a rischio la salute degli assistiti. Hanno chiesto al tribunale di Belluno di reintegrarli, ma la giudice Anna Travia ha dato loro torto. Siccome non potevano essere collocati ad altre funzioni ed erano “inidonei al servizio”, le case di riposo avevano il diritto di imporre le ferie forzate senza retribuzione. La sentenza chiude il caso specifico, salvo appelli e successivi gradi di giudizio, ma mette anche in luce il fatto che l’inanità della politica porta a una supplenza della magistratura.

 

Si è lasciato che le case di riposo, e in generale le strutture sanitarie, affrontassero la questione dei dipendenti renitenti alla vaccinazione senza indicazioni e senza norme generali. Eppure era evidente che l’interesse pubblico a evitare la diffusione del contagio fosse prevalente sul diritto individuale a rifiutare la cura. C’erano stati anche appelli di esperti che suggerivano come soluzione la definizione di inidoneità al servizio con conseguente sospensione, ma il governo non ha mai presentato alcuna proposta al Parlamento per definire la questione. Siamo sempre molto vigili nel contrastare gli interventi della magistratura che “invadono” il campo proprio della decisione politica. Ma in un caso come questo, in cui la politica non ha saputo o voluto assumersi la responsabilità di una scelta doverosa, non ci si può certo lamentare dell’intervento della magistratura, anche perché si tratta di situazioni che determinano rischi gravi per la salute dei pazienti. Sarebbe ora che, seppure in ritardo, si provveda con una norma generale, anche per evitare uno stillicidio di procedimenti.

 

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