ANSA/MAX FIRRERI

Cattivi scienziati

Tornare a correre, con i vaccini

Enrico Bucci

“Nel dubbio” abbiamo fermato AstraZeneca. Ma stare fermi, in una pandemia, uccide

La sospensione delle somministrazioni del vaccino di AstraZeneca, con la terza ondata epidemica in pieno svolgimento, può causare molti più danni di quelli che si è cercato di evitare con la sospensione. E il fatto che questa scelta sia stata amplificata da una comunicazione allarmistica, confusa e contraddittoria può avere l’effetto di accrescere purtroppo la sfiducia nei confronti dei vaccini e della scienza in generale. Spesso si pensa che “nel dubbio” sia meglio fermare tutto, e che questa sia sempre la scelta più sicura. Qual è però oggi il vero rischio? Con 300-500 morti per Covid-19 al giorno il vero rischio è proprio il fermarsi, soprattutto senza un più che valido motivo e, nel farlo, incrinare la fiducia consolidata in questi primi mesi di vaccinazione, proprio nel momento in cui la si sta estendendo a tutta la popolazione. Tutto questo perché, purtroppo, la nostra mente, in questi casi non ci aiuta a valutare correttamente i rischi e ci porta, nell’ordine, ad avere paura dei rischi sbagliati (il vaccino invece del virus; l’aereo invece dell’automobile; lo screening invece del tumore); a farci pensare ingenuamente che “stare fermi e non fare niente” sia “più sicuro” che fare qualcosa di attivo (anche se siamo di fatto in mezzo a una strada e ci stanno per investire); a farci credere che la prevenzione sia solo un fastidio (come per le cinture di sicurezza, che però in caso di incidente ci possono salvare letteralmente la vita).

 

A farci costruire relazioni di causa effetto inesistenti (“Post Hoc Propter Hoc”: ieri un gatto nero mi ha attraversato la strada, ecco perché oggi ho preso la multa); a farci focalizzare su eventi negativi, anche se rari, perché ci colpiscono emotivamente, a maggior ragione se vengono amplificati dai media e dalle reti sociali in cui siamo immersi; a farci sentire meno turbati da un evento, seppur grave, che si ripete da tempo (i 500 morti al giorno di oggi per Covid, a marzo 2020 ci angosciavano, mentre ora ci sembrano solo fredda statistica), rispetto a qualcosa di nuovo con cui non abbiamo ancora familiarità come il vaccino (che anche se ha effetti avversi gravi limitatissimi, nell’ordine dello “zero virgola zero”, ci crea più “allarme” di 500 morti al giorno solo perché è qualcosa di nuovo). E’ per questo che i decisori politici, scientifici e anche logistici devono avere ben presente questi “rischi della mente”, perché possono diventare “rischi per la vita”, specie in una situazione emergenziale collettiva. Davanti a dati evidenti sulla sicurezza vaccinale dopo milioni di dosi somministrate, e ribaditi ancora due giorni fa dall’Ema, il “non fare” solo per assecondare paure infondate è molto pericoloso.

 

Da questa emergenza usciremo anche e soprattutto quando saremo in grado di elaborare una comunicazione chiara, forte e coerente basata su dati oggettivi e trasparenti. L’ansia collettiva è parte del problema non della soluzione: non va né coltivata né cavalcata. Oggi le urgenze da affrontare, come ricordato ieri dal Patto trasversale per la scienza e dall’Associazione biotecnologi italiani, sono due: recuperare il prima possibile le 200.000 vaccinazioni mancate di questi giorni, ma soprattutto recuperare la fiducia delle persone messa in crisi da una decisione e da una comunicazione autolesionista davvero difficile da capire. Stare fermi, in una pandemia, uccide. Torniamo a correre, per tornare a vivere.

 

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