Prima gli stabilimenti
Perché sospendere i brevetti non aiuta ad avere più vaccini
L'accordo tra Merck e Johnson & Johnson, dopo quelli di Pfizer con Sanofi e Novartis, dimostra che non esiste capacità produttiva inutilizzata. Neppure in India e Sud Africa. La proprietà intellettuale, nei vaccini anti Covid, non è mai stata un ostacolo all'aumento della produzione
Si stanno facendo tutti gli sforzi possibili per aumentare la produzione dei vaccini anti Covid. L’amministrazione Biden ha annunciato che la Merck, uno dei Big Five globali nel mercato dei vaccini, aiuterà Johnson & Johnson a produrre il suo vaccino monodose appena autorizzato dall’Fda negli Stati Uniti e, si prevede, a breve anche dall’Ema in Europa. Merck, che solo un mese fa ha rinunciato allo sviluppo del suo vaccino contro il coronavirus, metterà la sua capacità produttiva a disposizione di un concorrente. Dall’altro lato Johnson & Johnson non custodirà la sua proprietà intellettuale e le sue tecnologie tenendo lontano un colosso come Merck, ma le condividerà per incrementare quanto prima e il più possibile il numero di dosi disponibili.
In teoria, ci si aspetterebbe che due grandi produttori farmaceutici, interessati a massimizzare i profitti e incrementare le proprie quote di mercato, si facciano concorrenza custodendo gelosamente il proprio brevetto oppure cedendolo solo a caro prezzo. Anche in prospettiva se, come prevedibile, la vaccinazione diventerà stagionale. Ma in realtà non si tratta di un accordo inedito. Stanno infatti emergendo da parte delle aziende farmaceutiche comportamenti cooperativi per non lasciare alcuna capacità produttiva inutilizzata. Non per beneficenza, ma perché nessuno ha interesse a ridurre l’offerta. Prima di Merck, un altro colosso globale dei vaccini come la francese Sanofi, che sta avendo difficoltà con il suo vaccino, ha stretto un mese fa un accordo con Pfizer a produrre 125 milioni di dosi nel suo stabilimento di Francoforte, mentre il sito produttivo vicino a Lione sarà messo a sfornerà 12 milioni di dosi al mese per Johnson & Johnson. Un accordo analogo Pfizer lo ha siglato con Novartis, altra grande multinazionale, che ha messo a disposizione le proprie facility di Stein, in Svizzera. Ma in generale tutte le case farmaceutiche si sono impegnate ad aumentare la produzione affidandola a terzisti. Moderna, che è una società molto piccola, non ha stabilimenti propri in Europa e pertanto ha stretto accordi con case farmaceutiche sparse sul continente come Lonza in Svizzera, Rovi in Spagna o la svedese Recipharm in Francia. Per stare all’Italia, la multinazionale Catalent infiala nello stabilimento di Anagni i vaccini di AstraZeneca e Johnson & Johnson.
In questo contesto davvero non ha senso la proposta, presentata come risolutiva, di sospendere i brevetti per liberalizzare al massimo la produzione. La proprietà intellettuale non è affatto un ostacolo, tanto che diverse case produttrici come Moderna e AstraZeneca di fatto hanno sospeso i loro brevetti. Ciò che manca è la capacità produttiva, ovvero linee altamente specializzate e personale altamente qualificato in stabilimenti certificati con Gmp (Good manufacturing practices), che non spuntano dal nulla. Fare vaccini non è come fare mascherine ma neppure aspirine. E’ molto complesso. BioNTech ha sistemato in sei mesi lo stabilimento di Marburg, che produrrà 750 milioni di dosi, ma non l’ha costruito dal nulla: ha rilevato un sito di Novartis, con i suoi 300 dipendenti specializzati, che già producevano vaccini e anticorpi monoclonali.
C’è addirittura chi è convinto che, togliendo i brevetti, ciò che è complicato in Europa sarebbe semplice nei paesi come India e Sudafrica. L’India ha un’industria farmaceutica di tutto rispetto, soprattutto nel campo dei vaccini, ma è già tutta impegnata: il Serum Institute produrrà 1 miliardo di dosi AstraZeneca (un terzo del totale globale) e tutte le altre aziende indiane o sviluppano loro vaccini o producono per terzi (Sputnik, Johnson & Johnson). Idem in Sudafrica, dove ci sono due aziende: la più importante, Aspen Pharmacare è partner di Johnson & Johnson; la più piccola e semi statale Biovac è in trattativa per infialare 30 milioni di dosi. Ma non sarebbe capace di produrre un vaccino in tutte le sue fasi. Con o senza brevetto.