Stato di emergenza/1
Qual è il piano del governo per giustificare un'eccezione?
Perché la richiesta dell'esecutivo andrebbe affiancata dalla trasparenza su un piano di lungo periodo e dalla giustificazione concreta degli impedimenti che è necessario rimuovere
Il Covid-19, dal punto di vista della gestione e del governo del nostro paese, sta generando una situazione anomala, a causa del ricorso prolungato allo stato di emergenza esteso su tutto il territorio nazionale. Vediamo di capire perché si tratta di un inedito. Lo stato di emergenza, dalla sua istituzione a oggi, è stato concepito come uno strumento che, conferendo il potere di ordinanza al capo della Protezione civile, consentiva di intervenire in caso di calamità naturale limitata a certi territori, quando sia necessario agire con rapidità e urgenza per proteggere i cittadini e per rimediare ai danni o prevenirne di ulteriori. Dai dati della Protezione civile, risulta che lo stato di emergenza in Italia è stato utilizzato 127 volte, principalmente per emergenze meteorologiche, terremoti, e solo in sei casi per emergenze di tipo sanitario, tra cui il Covid-19. Sebbene dovrebbe trattarsi, per sua stessa definizione, di uno strumento giuridico di durata limitata e necessario a fronteggiare eventi improvvisi, in realtà si osserva come già per i terremoti di Umbria ed Emilia-Romagna la durata è stata estesa per numerosi anni, scadendo entrambi gli stati di emergenza nel dicembre del 2020. In ogni caso, fino a oggi lo stato di emergenza aveva interessato territori localizzati; mai, come nel caso del Covid-19, si era assistito al prolungarsi e al reiterarsi di uno stato di emergenza dichiarato su tutto il territorio nazionale. Ora, si dà il caso che la nostra Costituzione non preveda questa forma eccezionale di governo, in cui un funzionario non eletto, alle dipendenze dirette della presidenza del Consiglio, ha il potere di imporre decisioni prese in autonomia attraverso lo strumento delle ordinanze. Lo stato di emergenza, cioè, è disciplinato solo da norme di rango inferiore a quello costituzionale, ma contrariamente ad altri strumenti di emergenza come i decreti legge – che devono comunque passare per il Parlamento e per la firma del presidente della Repubblica – permette di assumere decisioni che appaiono svincolate dalla possibilità di controllo democratico.
A questo punto, pare legittimo chiedersi quanto debba estendersi il margine di discrezionalità garantito al governo dallo stato di emergenza, esteso per di più all’intero territorio nazionale, visto che di certo le caratteristiche di improvviso manifestarsi del fenomeno non possono essere più valide per una pandemia che da noi si è manifestata a partire da febbraio. Non solo; viene soprattutto da chiedersi quali siano le necessità di avvalersi dello strumento, o, in parole povere, quali siano gli impedimenti ad assumere le misure necessarie a fronteggiare una pandemia che non è certo più un fenomeno emergente, impedimenti in ragione dei quali è necessario prolungare l’utilizzo di uno strumento tanto eccezionale. Delle due l’una: o esiste in Italia un sistema di regole e cavilli tali, che non è possibile attuare nemmeno le norme minime, da tutti condivise e necessarie per garantire la massima sicurezza possibile per la salute dei cittadini, oppure se non è questo il caso allora bisogna capire perché, a otto mesi di distanza dai primi casi acclarati di Covid-19 nel nostro paese, bisogna ancora ricorrere allo stato di emergenza.
Quali sono quindi queste azioni indispensabili che solo lo stato di emergenza consente? E quale sarebbe il piano che il governo intende attuare, sulla scorta dei poteri eccezionali conferiti a un suo rappresentante dallo stato di emergenza? E perché, durante tutti i mesi trascorsi, uno stato di diritto così eccezionale non ha consentito per esempio di attuare la provvigione dei vaccini antinfluenzali per tutti, il potenziamento dei trasporti pubblici per evitare che diventino focolai di infezione, la messa in sicurezza delle aule scolastiche e universitarie, il potenziamento delle capacità diagnostiche in pari grado in ogni regione, il test e la definitiva scelta di metodi diagnostici più rapidi e mille altre opportune misure, che ancora non sono elencate in un documento programmatico unico? Perché cioè non esiste un piano dichiarato e aperto, tale da far comprendere al cittadino cosa si voglia fare, oltre a seguire giorno per giorno l’evolversi dell’epidemia senza mai realmente trovarsi un passo avanti al virus quando i contagi aumento nel paese? Ecco: io credo che la richiesta di stato di emergenza, che non può certo più essere associata al manifestarsi di eventi improvvisi e inaspettati, andrebbe ormai affiancata dalla trasparenza su un piano di medio e lungo periodo e dalla giustificazione concreta degli impedimenti che è necessario rimuovere; perché altrimenti il sospetto che sia semplicemente uno strumento del governo per sottrarsi al controllo democratico è legittimo e non può essere allontanato con generiche esigenze di tutela della salute pubblica, dato che siamo di fronte a un fenomeno che non può certo considerarsi nuovo o inatteso.