Roma Capoccia

Come è andato il giubileo: numeri e cantieri

Gianluca De Rosa

La morte di Papa Francesco, l’intronizzazione di Leone XIV e il Giubileo dei giovani. Miozzo: “Il modello ha funzionato, va replicato per il bene della capitale”

“Al 3 dicembre sono oltre 31 milioni le persone che hanno attraversato la famosa Porta Santa di San Pietro, il che significa che un mese dopo, il 6 gennaio, quando si chiuderà l’Anno santo, saranno stati 33 o 34 milioni, praticamente la stima che avevamo fatto prima dell’inizio del Giubileo, il 24 dicembre del 2024”. Agostino Miozzo, ex direttore generale alla presidenza del Consiglio, ex coordinatore del comitato tecnico scientifico ai tempi della pandemia e da due anni coordinatore dell’accoglienza per il Giubileo del 2025, è estremamente contento. A meno di un mese dalla fine dell’Anno santo traccia il suo bilancio, che ritiene estremamente positivo. “Non possono negare che gli elementi di soddisfazione sono davvero tantissimi”, dice al Foglio. “E non solo per i numeri. Non è stato un Giubileo come gli altri, abbiamo dovuto affrontare diverse difficoltà. A partire dalla morte di Papa Francesco, i suoi funerali, l’intronizzazione del nuovo pontefice Leone XIV che saggiamente non ha modificato l’impostazione decisa dal suo predecessore. Non era scontato. Come non lo era – aggiunge – che si arrivasse a quel milione di persone a Tor Vergata a inizio agosto per il Giubileo della gioventù. Inoltre, anche un evento così complesso da gestire dal punto di vista logistico e della sicurezza è filato liscio: senza problemi o incidenti. Così come nessun problema c’è stato durante i funerali, l’intronizzazione e durante gli altri più partecipati eventi dell’anno giubilare. Insomma, non potrei non essere soddisfattissimo”. Miozzo è convinto che la mancanza di inciampi abbia paradossalmente anche tolto attenzione mediatica all’evento: “Ha abbassato la tensione, perché ormai i media guardano solo all’aspetto patologico dell’evento, ma in ogni caso è stato meglio così, i numeri ci danno ragione”.

 

Anche lui, come tanti altri protagonisti dell’organizzazione dell’anno giubilare (al Foglio qualche mese fa lo ha detto il prefetto di Roma Lamberto Giannini), è convinto che gran parte del successo sia dovuto al cosiddetto modello Giubileo, con la cabina di regia a Palazzo Chigi guidata dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano e dal sindaco (e commissario straordinario) Roberto Gualtieri. “A me – dice Miozzo – questo modello è piaciuto molto. Da un uomo che ha vissuto la pubblica amministrazione per tanti anni,  vedere una macchina che ha funzionato in maniera così sinergica,  positiva e senza complicazioni, mettendo insieme pezzi di amministrazioni così diverse, dal Comune alla Regione fino allo  stato, ha fatto davvero impressione. Tutto ha funzionato in una maniera assolutamente impeccabile”. Dovrebbe essere questo il modello di governance per gestire la capitale anche al di là dell’Anno santo?”Non so se è il criterio che va adottato in generale,  ma è senz’altro un metodo che può essere replicato su determinate cose strategiche, anche se ovviamente a questa sinergia, anche tra attori istituzionali guidati da partiti politici opposti, ha contribuito il fatto che c’era un interlocutore terzo e super partes a cui rispondere, il Vaticano. Nessuno avrebbe voluto fare una figuraccia, con un pezzo di macchina che, faccio un esempio, si opponeva alla realizzazione di un’opera perché mancava un visto dei beni culturali.  Questa cosa, forse, è più difficile da replicabile fuori dal Giubileo”. Per Miozzo l’evento che ha rappresentato il turning point è stato il Giubileo dei giovani a Tor Vergata di inizio agosto. “E’ stato valutato come l’evento più importante, meglio realizzato dal punto di vista tecnologico nella storia. Non in Italia, ma nel mondo: con 179 torri audio video, 2 mila casse audio, 2.400 metri quadrati di impianti video, 110 generatori.  Una roba del genere non si era mai vista e ha consentito di rendere fruibile l'incontro con Papa Leone per milioni di persone che si erano radunate a Tor Vergata e che magari anche a due chilometri di distanza guardavano e ascoltavano in tempo reale il Papa”.

 

Al di là degli eventi, c’è poi il capitolo degli interventi sulla città: tra riqualificazioni, manutenzioni, infrastrutture e nuovi spazi. Dalla pedonalizzazione di Piazza Pia (con il nuovo sottovia per le auto) alla riqualificazione di piazza San Giovanni, solo per stare ai lavori più noti. Per l’Anno santo la capitale ha avuto a disposizione circa 3,76 miliardi di euro, suddivisi in un totale 332 interventi. Secondo i numeri della struttura commissariale capeggiata dal commissario e sindaco Gualtieri – che il Foglio ha potuto visionare – a oggi gli interventi conclusi sono 121 (il 36 per cento) per un investimento complessivo di circa 714 milioni di euro (il 19 per cento dei fondi totali), altri 78 (23,5 per cento) sono parzialmente conclusi (e valgono circa 1 miliardo, il 28,6 per cento delle risorse), nove sono in conclusione (2,7 per cento), mentre 43 stanno per essere avviati o sono ancora nella fase di gara, mentre due interventi verranno cancellati. Può sembrare dunque che le cose non siano andate così bene. Guardando però solo ai 205 interventi essenziali e indifferibili, quelli cioè programmati per garantire il buon andamento dell’Anno santo, ci si trova di fronte a cifre molto diverse: 107 interventi (il 52,2 per cento e il 35,7 dell’investimento complessivo) sono già stati conclusi, 65 (il 31,7 per cento e il 40,1 dell’investimento complessivo) sono parzialmente conclusi, 5 (il 2,4 per cento) sono in conclusione e su 23 (l’11,2 per cento) i lavori sono in corso, mentre solo cinque sono ancora nella fase di gara o sono prossimi all’avvio dei lavori (il 2,5 per cento). Sintetizzando, tra lavori conclusi e parzialmente conclusi, sono stati realizzati in tempo l’83,9 per cento degli interventi essenziali e indifferibili.