Roma Capoccia

Moriva trent'anni fa la sora Lella, cuoca attrice e sorella

Andrea Venanzoni

Dal 1993 senza la sorella di Aldo Fabrizi, formidabile cuoca e resa celebre dai ruoli nei film di Carlo Verdone, in cui esprimeva attraverso il personaggio della nonna romana il vero spirito della capitale. 

E’ il 9 agosto del 1993, una afosa giornata di una Roma svuotata. Il Tevere scorre placido, in un silenzio popolato solo di turisti e di rassegnazione. All’ospedale Fatebenefratelli, sull’Isola Tiberina, scompare Elena Fabrizi, per tutti la Sora Lella, icona di una romanità buona, burbera e gioiosa. Proprio sull’Isola Tiberina, per una di quelle sincronie che spesso colgono il ventre antico di Roma, Elena Fabrizi, sorella più piccola di Aldo, si occupa della cucina del ristorante che il marito ha aperto anni prima, e che ancora oggi è portato avanti con cura ed amore dai suoi nipoti. Elena, nata a Roma nel 1915, viveva con figli e marito, Renato Trabalza, il quale lavorava al macello cittadino situato al Testaccio. Con le interiora che di tanto in tanto portava a casa, lei si sbizzarriva in gustosi manicaretti. La sua cucina, verace, popolana, carica di sapori e di dolcezza da nonna, è divenuta giustamente famosa e le sue ricette hanno inondato libri e addirittura un corso di cucina in fascicoli che molte famiglie hanno custodito gelosamente in cucina. 

Ma la Sora Lella, così era unanimemente conosciuta, non era soltanto una sopraffina cuoca, ma soprattutto una di quelle genuine figure della romanità che ancor prima dell’approdo al cinema si era conquistata un ampio consenso come opinionista radiofonico, dalle frequenze di Radio Lazio. E il ruolo di dispensatrice di bonari consigli a mogli tradite, fidanzati abbandonati, inconsolabili tifosi di calcio, le calzava così bene, come il camice bianco da cuoca in cui la si vede immortalata in foto bianco/nero mentre spadella e sorride, che Maurizio Costanzo decise di ospitarla assai spesso sul palco del suo celebre show. Inutile dire che fu a Carlo Verdone, straordinario scopritore di autentiche maschere della romanità cinematografica, ingiustamente spesso definiti con l’appellativo limitativo di ‘caratteristi’, che si deve il grande successo cinematografico della Sora Lella. Ma Elena Fabrizi al cinema non esordisce in realtà con Verdone, perché già anni prima aveva lavorato con Monicelli, ne “I soliti ignoti” e con lo Scola di “C’eravamo tanto amati”. Particine, spesso invise al fratello, Aldo con cui i rapporti non erano esattamente buoni.

Ma fu Verdone a “scoprirla” nella sua straordinaria verve di matrona romana, severa, gentile e buona al tempo stesso, e a valorizzare quel suo temperamento ironico e saggio; se per radio aveva dispensato consigli e aveva consolato e rampognato, alla bisogna, esattamente lo stesso fece nelle sceneggiature verdoniane, incarnando la nonna perfetta. In “Bianco rosso e Verdone” e in “Acqua e Sapone”, Elena Fabrizi non interpreta semplicemente la nonna di Verdone. E’ la nonna di Verdone. La nonna di tutti noi. E le sue frasi, divenute celebri, rappresentano autentici motti sacri della romanità non solo comica, accompagnate da una prossemica spontanea e nutrita di quella divertita presenza nel mondo. A uno stralunato Mimmo, che le dice di aver ricevuto un buono dalla farmacia e le chiede cosa voglia dire, risponde “Che te la piji n’der culo!”.  Non meno iconico, e contenuto ad alto tasso memetico, è il fatalista “annamo bene, proprio bene”.

Per non parlare del delizioso “mò guardo si è rientrato”, accompagnato dalle parolacce rivolte al gatto in “Acqua e Sapone”.

Con Verdone, la Sora Lella, che per i due film prima citati si è aggiudicata importanti premi cinematografici, l’apprezzamento e soprattutto una enorme simpatia, gira anche “7 chili in 7 giorni”, nel quale produsse una ulteriore gemma che adorna in foto molti ristoranti capitolini: “ma famme magnà, che me frega”, pronunciato quando la clinica ormai è stata trasformata in trattoria.

Molti sono gli aneddoti che Carlo Verdone ha raccontato, con grande, quasi filiale, affetto. Li ha affrescati nei suoi libri e li ha riportati in incontri pubblici. Uno in particolare ha sempre divertito e commosso l’uditorio, quello del set di ‘Acqua e Sapone’ trasformato in appendice del ristorante e in cui, ogni giorno, su richiesta delle maestranze, la Sora Lella cucinava amatriciana, gricia, carbonara, ‘sterminando il set’, chiosa divertito Verdone.

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