La sede Rai di via Mazzini (LaPresse)

Panico in zona Mazzini: ma se la Rai andasse via che facciamo?

Gianluca Roselli 

Nel rione "Delle Vittorie" la tv pubblica è uno stato mentale. Impossibile pensare a queste strade senza mamma Rai. Persino la toponomastica, qui, è cucita su misura attorno a quel palazzo di vetro, acciaio e amianto

Sarebbe come piombare in un incubo. O in una realtà parallela e distopica come quella di certe serie tv della concorrenza. “Ma che davero ‘a Rai lascia Viale Mazzini? E pe annà dove, a Saxa?”, è l’interrogativo che più rimbalza in queste ore nel rione Prati-Mazzini, altrimenti detto Delle Vittorie, da cui il nome del teatro dove si è fatta la storia della televisione italiana. Sì, perché da queste parti la Rai, che sta al civico 14 del suddetto viale, non è una tv ma uno stato mentale. Qui la tv pubblica si respira nell’aria. Chiacchiera da pausa pranzo che si fa solida e si coniuga in trame e alleanze, strategie e progetti. Calcolo televisivo e politico. Emblematica, in tal senso, la foto malandrina che ha immortalato un pezzo di potere Rai attorno a uno sbigottito Mario Orfeo nel giorno della sua defenestrazione per mano di Carlo Fuortes a confabulare nei giardinetti di Viale Mazzini.

   
Impossibile pensare a queste strade senza mamma Rai. Magari sostituita dalla sede centrale di una banca o da un albergo
. Perché tutta la toponomastica qui è cucita su misura attorno a quel palazzo di vetro, acciaio e amianto. A partire dalle case di produzione, molte delle quali hanno messo qui le loro sedi (dirimpettai sono quelli di Freemantle) per marcare stretto tutto ciò che avviene tra quelle mura, pronte ad abbeverarsi alla grande mammella della tv pubblica. O il Recidence Prati, casa e bottega di tanti dirigenti in transito, da Carlo Freccero a Carlo Verdelli. 

  
Ma la Rai ha fatto la fortuna anche della ristorazione attigua. Cosa sarebbe, infatti, Vanni senza la Rai? Il tramezzino del mezzodì o lo spritz delle 7 di sera non avrebbero più lo stesso sapore. Lo stesso vale per Antonini, che è stato ceduto e ora si chiama Sabotino (dall’omonima via), ma tutti continuano a chiamarlo col vecchio nome. Ci si dà appuntamento lì per parlare, manco a dirlo, di Rai. Con l’interlocutore che abbassa il tono di voce se passa un collega. Da Settembrini si montavano e smontavano palinsesti, con riunioni di redazione en plein air per quei programmi ancora ai blocchi di partenza e senza matricola. Al suo posto ora c’è Achilli, ma poco cambia. Alle star de noantri piace molto pranzare a Le Madeleine, che fa molto V arrondissement. Stefano Coletta, corteggiatissimo, ama invece i piatti healty di Officina. Mentre gli autori più in voga stazionano al bistrot Irma, dalle parti di piazza Bainsizza. Per pochi intimi e molto chic è Acciuga. Poi ci sono i grandi classici, come Dante e la Nuova Fiorentina, che fanno tanto Biagio Agnes. Più trendy, Ercoli, proprio di fronte a Via Asiago. Nuovi arrivati sono l’Enoteca La Torre e Sciascia Cafè. Per uno spaghetto alle vongole si va tutti da Sette Gradi Nord. Ma la Rai ha fatto la fortuna anche di tutto un indotto di negozi di abbigliamento, parrucchieri, supermercati (la Coop di via Ferrari), estetiste, enoteche e farmacie, a partire dalla Farmacia Mazzini, un’istituzione. Dove, prima delle agognate ferie, travet e dirigenti vanno a fare incetta di creme solari scontate. Ora tutto questo potrebbe finire per sempre, con un enorme buco, un ground zero al civico 14. Per fortuna poi ci si risveglia e il palazzone con la sua truppa di inquilini è ancora lì.  
 

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