Foto LaPresse / Markus Schreiber 

Roma Capoccia

Un pomeriggio tra gli ucraini a Boccea, dove si raccolgono gli aiuti

Gianluca Roselli

"La guerra non è iniziata oggi, ma con l’annessione della Crimea, nel 2014. Poi c’è stato il Donbass" dice Oles Horodetskyy, presidente dell’Associazione cristiana degli ucraini in Italia

C’è anche un numero verde del comune per gestire offerte di ospitalità e richieste di aiuto (800 938 873). Alla Basilica di Santa Sofia, a via di Boccea, è un continuo via vai di volontari che ogni giorno raccolgono medicinali di primo soccorso, cibo e vestiti da spedire in Ucraina. L’altro ieri sono partiti due tir da trenta tonnellate l’uno in direzione del Paese sotto attacco dei russi e presto ne partiranno altri. Oggi pomeriggio la comunità si ritroverà ancora davanti all’ambasciata russa, in zona Castro Pretorio, per urlare tutto il suo dolore (una settimana fa c’era anche Enrico Letta), mentre domenica scorsa in piazza della Repubblica c’erano 8 mila persone. E domenica si replica. Alcuni di loro stanno partendo per andare a combattere. “Qui a Roma ne conosco una decina, vanno a difendere la loro terra e le loro case da questa folle invasione. Sono persone molto coraggiose, partono e non sanno se torneranno. Finora in Ucraina sono arrivati 80 mila soggetti da tutta Europa per unirsi all’esercito e alla resistenza”, racconta Oles Horodetskyy, presidente dell’Associazione cristiana degli ucraini in Italia


Giunto qui nel 2001 con una laurea in medicina, sposato con una connazionale e due figli adolescenti, Horodetskyy ha fatto mille lavori, tra cui infermiere, traduttore per il tribunale, gestore di un caf, e collabora con giornali e tv ucraini. Ma è l’associazione, ora, la sua principale attività. “I profughi sono ancora pochi, ma, se la guerra andrà avanti a lungo, potrebbero diventare presto decine di migliaia solo in Italia. Per questo chiedo al governo e al comune di Roma di organizzare un punto di coordinamento per gestire l’emergenza e dare informazioni. A Roma magari verrà chi ha già qui un parente o un amico, ma gli altri? Molti mi telefonano e io non so cosa rispondere. Ci serve una mano…”, sostiene Oles Horodetskyy. 
Gli ucraini in Italia sono circa 236 mila, ma con gli irregolari si arriva ad almeno mezzo milione. Lo stesso in città: circa 8 mila regolari e altrettanti senza permesso di soggiorno. “Siamo una delle comunità più integrate e tranquille, con un bassissimo tasso di criminalità”, continua Oles. Qualche giornalista ha detto che qui vengono solo badanti… “Ogni lavoro è dignitoso, anche quelli umili, che anche a me è capitato di fare. Ragionare per stereotipi è sbagliato, ma è vero che l’80 per cento di chi arriva sono donne: assistenti agli anziani, colf, ma anche infermiere. Ma in altri Paesi europei la percentuale è rovesciata, come in Portogallo, dove vanno più uomini”, dice Oles.


Si aspettava questo conflitto? “Sì, perché la guerra non è iniziata oggi, ma con l’annessione della Crimea, nel 2014. Poi c’è stato il Donbass. Noi ci sentiamo europei, non siamo russi, né tanto meno asiatici. Vogliamo stare nell’Ue. Per quanto riguarda la Nato, era una nostra richiesta proprio per evitare un’invasione russa e, visto l’accaduto, forse avevamo ragione. Ma non sarebbe mai stata accolta, questo Putin lo sa benissimo. Le sue pseudo motivazioni sono balle. Lui non si aspettava questa resistenza e ora sta colpendo i civili per terrorizzarci e sfiancare la popolazione”, afferma Horodetskyy. Che spera in tre cose: nella forza della resistenza, nelle forti sanzioni contro Mosca dall’occidente unito e nel risveglio del popolo russo. “Noi ucraini non ci arrenderemo mai. Per conquistare il Paese Putin dovrà ucciderci tutti o provocare un esodo di massa”. 

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