Virginia Raggi, sindaca di Roma da giugno 2016 (Ansa)

Roma Capoccia

Non fa ridere

Gianluca De Rosa

Convegno con Raggi. Titolo eloquente: “La corruzione dall’antica Roma a oggi”

Certo c’era la corruzione della (non più) Mafia Capitale, ma perché dimenticare, secoli prima, le vicende di Gaio Licino Verre, propretore della provincia di Sicilia finito a processo per concussione e accusato da un pm d’eccezione, Marco Tullio Cicerone? Il titolo eloquente dell’incontro è “La corruzione dall’Antica Roma a oggi”, quasi lo stesso del libro scritto dalla delegata alle periferie del Campidoglio Federica Angeli. Virginia Raggi, invitata dal consiglio dell’Ordine degli avvocati di Roma, non poteva mancare una così ghiotta occasione. Il tema per la sindaca è cruciale. D’altronde sulla corruzione – divenuta in comune Mafia Capitale – ha costruito una vincente campagna elettorale e adesso, per la sua ricandidatura, conta di farsi appoggiare anche da una lista civica antimafia che sia però un po’ anche anticorruzione. Le due cose spesso si confondono. Nell’immaginario della Raggi quasi coincidono. E così parlando ieri all’ordine degli avvocati intignava: “Non voglio entrare nelle vicende processuali meglio note come ‘Mafia Capitale’, nessuno si offenda ma così sono state definite”. Affermazione almeno bislacca vista la sentenza della Cassazione che ha definitivamente sancito il carattere sì corruttivo, ma non mafioso del sistema messo in piedi da Massimo Carminati e Salvatore Buzzi.

 

Comunque per l’evento la sindaca si è ben preparata. Da avvocata, in queste occasioni, non vuol mai sfigurare con i colleghi. Sciorina i problemi, ricorda le vergogne del “Mondo di mezzo” e quanto la corruzione sia brutta, bruttissima (quale persona onesta e di buon senso potrebbe dire il contrario?). Solo che alla fine, quando c’è da tirare le fila, anche lei ammette e rivela di essere diventata ben più realista: “Durante il mio mandato – dice – il codice degli appalti è stato modificato per ben tre volte. Tutto ciò unito a una normativa farraginosa e lenta induce in errore la pubblica amministrazione. Tutto questo non agevola, non contrasta la corruzione anzi paradossalmente ha l’effetto opposto. Per questo come sindaca, assieme ad altri, auspichiamo una modifica definitiva del codice degli appalti che può partire dal decreto Semplificazione: abbiamo bisogno di poche norme, chiare, semplici che consentano anche una rapidità dell’esecuzione e non inducano alla tentazione di ricorrere a sistema alternativi”. Più che Pignatone, Unindustria.

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