Il cimitero del Verano, a Roma. Foto LaPresse

Indagine sui cimiteri gestiti dall'Ama

Marco Sarti

Sporcizia, ritardi, abusivismo, corruttela. In caso di lutto a Roma si piange due volte 

Roma. La burocrazia non guarda in faccia nessuno. Bisogna mettersi l’anima in pace, anche se la pace l’hai già raggiunta. Vicino al crematorio del cimitero di Prima Porta le bare sono sistemate in fila. I defunti aspettano il loro turno. Non serve nemmeno sporgersi troppo per vedere le casse di legno nel piccolo piazzale. Dicono che ci sono troppe richieste. E così per ricevere le ceneri dei propri cari si devono attendere almeno un paio di settimane. A volte di più. Per seppellire un congiunto qualcuno ha dovuto far passare anche un mese. Il crematorio di Prima Porta è lo specchio dei cimiteri romani. Nella Città Eterna, chissà perché, in caso di lutto si deve piangere più che altrove. Sporcizia, ritardi, abusivismo. Tra erbacce e furti, andare al camposanto è diventato quasi pericoloso. Passeggiando in alcuni dei cimiteri della Capitale non è difficile imbattersi in lapidi abbandonate e incuria. E poi ci sono le immancabili buche. Nella Capitale sono una maledizione, non ti lasciano in pace neppure da morto. Lungo i viali di Prima Porta ci sono così tante voragini che il servizio autobus ha dovuto escludere alcuni percorsi.

 

“La mia prima ispezione a Prima Porta è stata pesante, ricordo le pessime condizioni del crematorio e il forte odore”. Fino a pochi mesi fa Paola Muraro era l’assessore all’Ambiente. Durante la breve esperienza in giunta ha fatto in tempo a visitare il principale cimitero romano in almeno due occasioni. La prima volta è stata convinta dalla straziante lettera di un padre che aveva perso un figlio giovanissimo. “Devo dire che mi è pesato molto vedere quelle situazioni – racconta l’ex assessore – Anche all’epoca i tempi per le cremazioni erano di almeno due settimane. La restituzione delle ceneri avveniva in condizioni al limite dell’umano. C’era un problema etico, ma anche una questione igienico-sanitaria”.

 

Quia pulvis es, et in pulverem reverteris. E’ una conseguenza in parte inevitabile, raccontano gli addetti ai lavori. Anche per colpa della crisi economica, negli anni sono aumentate a dismisura le richieste di cremazione. Nel 2015, a fronte di circa trentamila decessi, a Roma ne sono state autorizzate 13.992. Sei anni prima erano state solo ottomila “Se non ci sono impianti di cremazione a sufficienza, le liste di attesa si allungano per forza” racconta la Muraro. Per denunciare le condizioni dei cimiteri romani, qualche mese fa si è costituito un apposito comitato di cittadini. La scorsa settimana i responsabili hanno presentato un dossier in Campidoglio. Anche loro lamentano le lunghe attese a cui sono costretti i defunti. “Non capiamo come sia possibile ignorare quanto strazio si aggiunge al dolore”, si legge. Tra gli aderenti all’iniziativa c’è Sanja Radivojevic, una donna forte che ha vissuto in prima persona la burocrazia della disperazione. Lo scorso ottobre è scomparso suo marito, ma ha dovuto attendere 21 giorni prima di riavere le ceneri. E altre due settimane prima di poter tumulare l’urna al Verano, nella tomba di famiglia. Un calvario. Oggi a Prima Porta sembra che i tempi si siano leggermente ridotti. La costruzione di nuovi impianti nel giro di un paio d’anni dovrebbe accorciare ulteriormente le liste d’attesa.

 

A Roma le tribolazioni non finiscono nemmeno dopo il funerale. Basta sfogliare i giornali locali per trovare una lunga rassegna del disagio quotidiano. “Lo stato di degrado in cui versano i cimiteri capitolini è una umiliazione continua per chi si reca in visita ai propri cari”, spiega il dossier presentato in Campidoglio. Ogni camposanto ha la sua croce. Il cimitero di Prima Porta è il più grande d’Italia, tra le tombe e i loculi si snodano almeno 37 chilometri di strade. Data l’estensione, il problema principale è legato alla sicurezza. Non basta molto per rendersene conto. Il monito della direzione è appeso all’ingresso, in forma d’annuncio: “Suggeriamo ai frequentatori di non lasciare oggetti incustoditi all’interno delle proprie autovetture”. Amen. Chi frequenta la zona conferma: i furti nelle auto sono frequenti, non è raro trovare i finestrini rotti. Va peggio agli anziani vittime di scippi.

 

A farne le spese sono persino i defunti. Fornetti e cappelle vengono spesso razziati di croci, vasi e lettere di metallo. Particolarmente odiosi sono i furti di fiori, che magari vengono rivenduti all’esterno. Un dilagare che neppure il servizio di vigilanza e le telecamere a circuito chiuso riescono ad arginare. “Anzi, sta peggiorando”. Poco distante da via Flaminia, dalle parti di Ponte Milvio, la signora Danila gestisce l’agenzia di onoranze funebri Urbe. In attività da quarant’anni. “I vasi li hanno sempre portati via, ma adesso la situazione è fuori controllo - racconta - Pochi giorni fa a un mio cliente hanno rubato l’intera lapide, l’aveva fatta sistemare a luglio. I colpevoli devono essere operatori del settore che agiscono indisturbati”. Tra lapidi e loculi, a Prima Porta non mancano le sorprese. Alcuni edifici sono evidentemente interessati da perdite idriche. Altrove, invece, l’acqua manca. “Dove riposano i miei cari la fontanella è rotta da un anno - racconta la portavoce del Comitato Tutela Cimiteri Valeria Campana - Per lasciare i fiori sulle tombe molte persone sono costrette a portarsi una bottiglia da casa”. Ma il dossier denuncia persino “cumuli di immondizia ammassata intorno a cassonetti stracolmi anche per settimane”.

 

Non molto diversa la situazione al Verano, il cimitero monumentale. Un museo a cielo aperto nel quartiere Tiburtino. Il camposanto è stato consacrato nel 1835, ma come lascia intuire la vicina necropoli sono almeno venti secoli che i morti di Roma vengono seppelliti in questo luogo. Qui riposano eroi e personaggi celebri, da Alberto Sordi a Enrico Toti. I furti, tra i sepolcri, riguardano in particolare i manufatti antichi che una volta trafugati possono essere facilmente rivenduti. Le lapidi in stato di abbandono vengono recintate e lasciate al loro destino. Sono quelle tombe di proprietà privata per cui è già stato avviato il procedimento amministrativo che dichiari la decadenza della concessione. Intanto le erbacce crescono. Verso la rampa Caracciolo, dove è sepolto Trilussa, la vegetazione si infittisce.

 

Ama, che gestisce i cimiteri capitolini, assicura che le aree comuni vengono regolarmente curate e pulite. “Evidentemente il personale non è abbastanza” spiega Fabrizio Santori, consigliere regionale di Fratelli d’Italia da sempre sensibile al tema e vicino alla battaglia del comitato. Del resto il complesso degli undici campisanti comunali raggiunge un’estensione di oltre 250 ettari. Intanto al Verano alcune lapidi sono state ricoperte da teli di plastica per proteggerle dal guano degli uccelli. Le transenne sono ovunque, spesso accompagnate da sinistri cartelli che avvertono l’imminente caduta di materiali. Diversi colombari sono ricoperti di ponteggi. Anche il quadriportico è messo in sicurezza da lunghi divisori di metallo. E la situazione, raccontano, è persino migliorata rispetto a qualche tempo fa.

 

Eppure le tariffe aumentano. Come segnalato dal Comitato Tutela Cimiteri, recentemente il Comune ha previsto un incremento dei costi per le cremazioni di circa il 40 per cento. Nel frattempo la stessa Agenzia per il controllo e la qualità dei servizi pubblici locali di Roma Capitale certifica i disagi nei cimiteri. “I cittadini di Roma - si legge in un recente studio - lamentano criticità per le attività di manutenzione, pulizia, vigilanza e videosorveglianza che appaiono tutt’ora insufficienti”. La burocrazia stavolta non c’entra, è una questione di rispetto. Per i morti e anche per i vivi. La certezza si avverte all’ingresso del Verano, dove una lapide ammonisce i passanti. “Quello che siete fummo, quello che siamo sarete”.

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