Cassonetti pieni di rifiuti nella Capitale (foto LaPresse)

A Roma sta per esplodere (ancora) l'emergenza rifiuti

Redazione

Niente infrastrutture, spazzatura “esportata”, zero piani, e un incubo: questa estate

Tra dieci giorni risolve tutto, ci dice qui la signora Pinuccia Montanari, assessora all’Ambiente. Evviva. Nell’attesa del miracolo, raccontiamo un disastro in cui s’incrociano le miopie delle ultime amministrazioni comunali con il paludoso ideologismo populista di Virginia Raggi e del Movimento cinque Stelle. Si doveva costruire un grande e nuovo impianto per il trattamento dei rifiuti, ma il progetto è stato accantonato dando seguito a una brillante promessa elettorale della signora Raggi. Gli abitanti di Rocca Cencia, secondo il principio del “not in my backyard”, non volevano l’Ecodistretto. Sono stati accontentati. Il risultato è che la città, che smaltisce al costo di 95 milioni di euro una parte dei suoi rifiuti mandandoli in Austria (e facendoli trattare a un piccolo comune limitrofo, Fiumicino) non potrà più contare su queste costose misure emergenziali. Tra giugno e luglio non sapremo più dove mettere oltre duecentomila tonnellate di monnezza. Intanto però il comune ha emanato una delibera con la quale intende eliminare – in quattro anni – i sessantamila cassonetti stradali, che, spiegano in Campidoglio, sono stracolmi, puzzano, sono brutti e diventano meta di quei “rovistatori” già minacciati di multe (ma ve lo immaginate un rom che paga una multa, ammesso che si trovi un vigile per strada che gliela faccia?). In realtà, per arginare il fenomeno e il degrado, basterebbe svuotarli, ogni tanto, questi benedetti cassonetti. Tanto che, a pensarci bene, verrebbe da dire che i rovistatori in realtà andrebbero incentivati: svolgono una funzione sociale. Almeno c’è qualcuno che la spazzatura la raccoglie.

 


 

I rifiuti in Austria e a Maccarese

Salvo novità, tra giugno e luglio la città si riempirà di rifiuti. Il comune di Roma avrebbe dovuto realizzare un proprio (e nuovo) impianto di trattamento a Rocca Cencia, ma l’amministrazione Raggi, dando seguito a una promessa elettorale, ha cancellato il progetto. Il comune di Fiumicino, che in via emergenziale aveva accettato di trattare lui 130 mila tonnellate di rifiuti organici romani – in attesa della costruzione dei nuovi impianti – ha fatto sapere che non intende farsi più carico dello smaltimento. Contemporaneamente una procedura d’infrazione europea sta per bloccare il trasferimento in Austria di ulteriori 160.000 tonnellate di rifiuti (trasferimento, anche questo, “emergenziale”, e autorizzato soltanto in previsione della costruzione del nuovo impianto di Rocca Cencia). L’assessora Pinuccia Montanari presenterà un piano la settimana prossima.

  

Il progetto fatto saltare dalla Raggi

Il tavolo per il primo Ecodistretto della Capitale per il trattamento dei rifiuti provenienti dalla differenziata, da ubicare a Rocca Cencia, fu aperto il 25 febbraio 2016 presso l’ufficio V.I.A. della Regione Lazio. Obiettivo: abbandonare la strada delle discariche e degli inceneritori puntando invece sulla raccolta differenziata, sul recupero, il riciclo e i “rifiuti zero”. Dopo Rocca Cencia, che avrebbe dovuto raccogliere solo materiali provenienti dai Municipi V, VI e VII, avrebbero dovuto essere realizzati altri tre Ecodistretti, in modo da arrivare alla capacità complessiva di 1,6 milioni di tonnellate di rifiuti/anno, corrispondenti alla totalità del rifiuto prodotto dai cittadini romani. Il M5s ha però presentato una delibera consiliare per mettere fine al progetto. Ma il 7 febbraio questa è stata ritirata, dopo il deposito di una pregiudiziale da parte del gruppo del Pd che paventava un possibile danno erariale. Il progetto è ora sospeso, in un limbo.

 

 

La procedura d’infrazione europea

La Regione ha fatto sapere che il trasporto dei rifiuti all’estero, in Austria, che attualmente rappresenta un importante salvagente, da luglio non potrà proseguire. Senza un piano degli impianti, l’Unione europea sanzionerebbe questa operazione perché dimostrerebbe che il Lazio non è autosufficiente nella gestione dei rifiuti e non sta facendo nulla per mettersi in regola. Secondo quanto ha spiegato in una lettera al Campidoglio Mauro Buschini, assessore regionale ai Rifiuti, “gli altri territori del Lazio non ce la fanno più a sostenere una situazione in cui Roma dice che non ha bisogno d’impianti e discariche, ma poi porta nelle altre province la spazzatura. Inoltre, non sono più rinviabili le scelte da parte del Comune di Roma, perché gli impianti del resto del Lazio non reggono più i quantitativi inviati dalla Capitale”. L’emergenza rifiuti è annunciata anche per il fatto che la richiesta di sospensione riguarda per ora solo l’Austria, ma dovrebbe logicamente estendersi anche alla parte inviata in Germania.

 

E si pagano le tasse più alte d’Italia

Gli abitanti della capitale, nonostante abbiano differenziato il 37,3 per cento dei rifiuti nel 2014 e il 41,2 per cento nel 2015 (fonte open data comune di Roma), hanno pagato ancora la gestione in discarica, spendendo mediamente 249,92 euro all’anno. Ben il 14 per cento in più della media nazionale, secondo i dati elaborati dal rapporto Ispra 2015. A Roma ogni giorno vengono raccolte circa cinquemila tonnellate di spazzatura di cui duemila circa differenziata e tremila indifferenziata. L’indifferenziata viene portata – per essere separata e trattata – negli impianti detti tmb: quattro romani, di cui due sono privati (della Colari di Manlio Cerroni) e due sono pubblici di Ama, più tre impianti fuori dall’area metropolitana (in provincia di Viterbo, Frosinone, e in Abruzzo).