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Preghiera

Maledette le isole e le barche

Camillo Langone

Ma come fanno le persone a villeggiare su un'isola o a pagare per salire su una barca? L'isola mi fa pensare all'isolamento, alla galera. Sulla barca gli spazi sono ancora più ridotti e in più si è obbligati a dividerli con gente seminuda, che può indurre in tentazione o fare ribrezzo

Ringrazio il Cielo di trovarmi sul continente e con i piedi per terra. In questi giorni ancora ultraturistici sento di molte persone che sono in barca o sulle isole e le compiango. Isola mi fa pensare a isolamento, situazione da galera. Specie se si tratta di isolotti dove puoi muoverti quanto vuoi ma ti ritrovi sempre nello stesso punto, come un criceto sulla ruota, come un detenuto nel cortile dell’ora d’aria. Non per nulla su questi scogli una volta ci mettevano i penitenziari e infatti si dice “i forzati della vacanza”.

E la barca? Ma come si può immaginare di salire su una barca se non sei marinaio o pescatore, se non lo fai per lavoro? Se anzi devi pagare per starci? Nelle barche gli spazi sono ancora più ridotti, cabine tipo celle e convivenza obbligata con gente seminuda, inevitabile il corollario di tentazioni e repulsioni. E non puoi scendere, sei in balia delle onde, del capitano, degli altri. Già l’idea di salire su un traghetto mi respinge, figuriamoci su quei gusci di noce. Dice niente l’Odissea? I Malavoglia? Il Titanic? Fleba il Fenicio? Per fare il bagno mi basta la piscina di mio cugino, due bracciate e raggiungo la sponda. In salvo.
 

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  • Camillo Langone
  • Vive tra Parma e Trani. Scrive sui giornali e pubblica libri: l'ultimo è "La ragazza immortale" (La nave di Teseo).