
E. Robusti, "Made in Italy", 2019
Preghiera
Gli italiani di un tempo, che divoravano e si moltiplicavano
Sono ritratti nel volume dell'eccellente pittore Enrico Robusti, "Le male voci", un thriller ambientato nella Parma popolare degli anni Sessanta. Nelle pagine, come nei suoi quadri, si mangia molto, e si mangiano cibi che agli schizzinosi dell'arte contemporanea (tutti vegani) farebbero orrore
Sembrava esaurito il filone dei pittori-scrittori, quello che nel Novecento diede De Pisis, Levi, Rosai, Soffici, ed ecco che esordisce in libreria l’eccellente pittore Enrico Robusti. “Le male voci” (Nuova Editrice Berti) è un thriller ambientato non nel mondo rarefatto dell’arte ma nella Parma popolare degli anni Sessanta, una storia espressionistica e padana come le tele dell’autore.
Come nei suoi quadri, nelle sue pagine si mangia molto e sono cibi che agli schizzinosi dell’arte contemporanea, tutti vegani ad honorem, farebbero orrore. Ad esempio la testa del maiale. “Guglielmo, vuoi il nasino o l’orecchina?”. La Lina chiama il bambino sotto il tavolo. E trac! Stacca col coltello il naso rincagnato”. E poi le rane: “Sventrare le rane è un’antica incombenza che le tocca sin da quando era ragazza. E’ sempre stata un’attività di sua competenza, perché era la carne che si mangiava a casa sua, una sera sì e una no. Come se fosse un piccolo golf, sfila la pelle, scollandola dalle braccine e cosce, lasciando gli animaletti completamente denudati”. Si possono provare diversi sentimenti di fronte alle scorpacciate robustiane: disgusto, nostalgia, invidia... I miei sono di ammirazione verso italiani che ancora crescevano, divoravano, si moltiplicavano: uomini di appetito gagliardo, donne di stomaco forte, tutti nemici degli animali.