(foto Ansa)

Preghiera

Quel che resta della critica d'arte

Camillo Langone

Un libro di Vincenzo Trione certifica la scomparsa di quelle riviste, di quelle discussioni, di un certo mondo passato. Ma nemmeno all'epoca era tutto oro

Com’era bella Francesca Alinovi. Com’era furbo Achille Bonito Oliva. Com’era abile Roberto Longhi. Com’era estremo Giovanni Testori. Com’era pungente Lea Vergine. Com’è finito, passato, sepolto tutto ciò. La morte della critica d’arte è certificata da “Armi improprie. Lo stato della critica d’arte in Italia”, a cura di Vincenzo Trione (Johan & Levi). E’ senz’altro una perdita la scomparsa di quelle riviste, di quelle discussioni, di quel mondo così meticolosamente ricordato nel volume. Ma nemmeno all’epoca era tutto oro (circolavano Argan e Carla Lonzi), e anche riguardo i migliori mi domando: che cosa rimane? Più di quanto rimarrà dei testi stereotipati degli attuali curatori, ovvio, ma pur sempre poco. Mi sembra che la critica d’arte invecchi peggio dell’arte. Con poche laterali eccezioni (le foto della Alinovi sono invecchiate molto meglio dei quadri dei suoi enfatisti).

Ve lo spiego io come funziona: alle opere tocca presentarsi nude, senza veli e addobbi critici, di fronte a ogni nuova generazione. Se piacciono, bene. Se non piacciono devono cercare di sopravvivere fino alla generazione successiva, per ripresentarsi all’esame. E che nessun addetto ai lavori provi a lamentarsi di tanta irrilevanza perché, come scrive il filosofo Leonardo Caffo a pagina 147, “noi non sappiamo davvero niente”.

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  • Camillo Langone
  • Vive tra Parma e Trani. Scrive sui giornali e pubblica libri: l'ultimo è "La ragazza immortale" (La nave di Teseo).