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Buone ragioni per smettere di chiamarlo "esame di maturità"

Camillo Langone

Un insegnante mi racconta che gli allievi non sanno scrivere, non conoscono la punteggiatura, l’ortografia, tantomeno l’educazione, tracciano svastiche ovunque, guardano video TikTok per tutto il tempo della lezione. Eppure il 96 per cento di loro viene ammesso all'esame

Un insegnante di sostegno mi racconta le sue disavventure. Purtroppo non riesco a simpatizzare con lui: a cosa è servita l’istituzione degli insegnanti di sostegno se non a sostenere gli insegnanti di sostegno? Non esistevano insegnanti di sostegno quando dalla scuola italiana uscivano D’Annunzio e Croce, Ungaretti e Montale, Flaiano e Arbasino, Sciascia, Pasolini, Ceronetti… Comunque mi racconta che nel suo istituto professionale gli allievi non sanno scrivere, non conoscono la punteggiatura, l’ortografia, tantomeno l’educazione visto che insultano gli insegnanti, vandalizzano porte e finestre, fumano in aula (sigarette elettroniche) e nei bagni (canne), tracciano svastiche ovunque, indossano felpe col cappuccio tirato su, guardano video TikTok per tutto il tempo della lezione, ascoltando negli auricolari musica trap (che significa giustamente “trappola”)… Preghiera: se il 96 per cento di costoro viene ammesso all’esame di Stato e il 99,9 per cento di chi viene ammesso lo supera, si smetta di definirlo “esame di maturità”. Di marcescenza, semmai.

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  • Camillo Langone
  • Vive tra Parma e Trani. Scrive sui giornali e pubblica libri: l'ultimo è "La ragazza immortale" (La nave di Teseo).