Gianni De Michelis (foto LaPresse)

L'ultimo ballo di De Michelis, che ci ha abbandonati a un'Italia di pensionati

Camillo Langone

Con la scomparsa di uno dei simboli della politica anni Ottanta, non ci resta che Salvini, simbolo della politica anni Dieci

Non conosce la dolcezza del vivere chi non ha vissuto prima di Tangentopoli. Mi piace iniziare così, fra Talleyrand e Bernardo Bertolucci, questa preghiera dedicata a Gianni De Michelis, il ministro che ballava, simbolo della politica anni Ottanta. Simbolo della politica anni Dieci (fine anni Dieci) è invece Matteo Salvini, il ministro che mangia. Ovviamente De Michelis non ballava soltanto e Salvini non si limita a mangiare ma la politica passa e restano le immagini. Quella del socialista veneziano era un’Italia più giovane, elastica, erotica, quella del leghista milanese è un’Italia vecchia che si consola abbuffandosi. In trent’anni le discoteche sono quasi morte mentre il cibo, piacere senile, è in pieno boom. Maurizio Ferrara scrisse una poesia romanesca intitolata “La golosità de li vecchi”, sulla sciagura di “scoprisse rimbambiti a girà ‘ntorno / peccanno no de cazzo ma de gola”. Non è il caso di Salvini, credo tuttora in grado di peccare a trecentosessanta gradi, bensì del corpaccione elettorale: ormai l’italiano medio è un pensionato, un pensionando, un quota 100. Piango per Gianni De Michelis ma ancor più per i ragazzi italiani destinati a vivere fra senescenti interessati solo al cibo.

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  • Camillo Langone
  • Vive tra Parma e Trani. Scrive sui giornali e pubblica libri: l'ultimo è "La ragazza immortale" (La nave di Teseo).